Processo Open Arms, Salvini assolto da tutte le accuse: “Il fatto non sussiste”

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Assolto perché il fatto non sussiste. Così ha deciso il tribunale dei ministri di Palermo, presieduto da Roberto Murgia, per il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio in relazione ai presunti ritardi nello sbarco di 147 migranti recuperati in mare dalla Ong spagnola Open Arms e rimasti a bordo dell’imbarcazione, al largo di Lampedusa, per ben 19 giorni nell’agosto del 2019. Prima che i giudici si ritirassero, il procuratore aggiunto Marzia Sabella aveva ribadito un concetto che è l’anima dell’intero processo: “I migranti soccorsi dalla Open Arms non avevano diritto di scendere perché malati, ma perché uomini liberi. Infatti a Salvini si contesta il reato di sequestro di persona, non di lesioni. Il problema è la libertà non la salute”. Ma per il tribunale l’imputato non ha commesso reati. Per conoscere le motivazioni della sentenza occorrerà attendere 90 giorni.

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La Storia passa ancora una volta da un’aula di giustizia palermitana

La sentenza è stata emessa nell’aula bunker del carcere Pagliarelli dopo oltre 8 ore di camera di consiglio dal collegio composto anche dai giudici Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa, ed è destinata a tirarsi dietro giorni di polemiche, come peraltro è accaduto durante tutta la vicenda giudiziaria, culminata anche in pesanti minacce e insulti ai magistrati che hanno sostenuto l’accusa – oltre a Sabella, i sostituti Giorgia Righi e Gery Ferrara, ma alla lettura del dispositivo era presente anche il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia – che per il ministro dei Trasporti (all’epoca dei fatti guidava invece il Viminale) avevano invocato una condanna a 6 anni di carcere, sottolineando tra l’altro come “i diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini”. Una tesi che evidentemente non è stata recepita dai giudici. Ancora una volta comunque la Storia passa da un’aula di giustizia palermitana, che di ministri e potenti ne ha visti sfilare tanti, spesso sul banco degli imputati: la pronuncia di oggi avrà necessariamente risvolti politici, anche se Salvini aveva già annunciato che in caso di condanna non si sarebbe dimesso.

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La difesa dei confini e il ritardo “minimo” per lo sbarco

La difesa, rappresentata dall’avvocato Giulia Bongiorno (che peraltro da giovanissima, con l’avvocato Gioacchino Sbacchi, difese un altro imputato eccellente a Palermo, il 7 volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti), ha sempre respinto drasticamente le accuse: se la Procura ha sostenuto che quel “diniego è avvenuto in spregio delle regole e non per perseguire un disegno governativo”, il leader della Lega ha replicato citando l’articolo 52 della Costituzione secondo cui “la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino, mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data”. L’avvocato Bongiorno, nella sua discussione finale, aveva ribadito che “basta esaminare gli atti e non fare ipotesi e teoremi per rendersi conto che durante tutto il processo è stata attestata la correttezza dell’operato di Salvini, la massima attenzione alla salute dei migranti e questo ritardo (nello sbarco, ndr) è minimo rispetto a quello che si registra quotidianamente” in occasione di episodi simili.

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Sono ben 27, inoltre, le parti civili costituite nel processo, a cominciare da alcuni dei migranti che erano sulla Open Arms e dalla stessa Ong, e complessivamente hanno chiesto risarcimenti per oltre un milione di euro, allineandosi con la ricostruzione della Procura. Con l’assoluzione non avranno diritto a nulla.

Dallo sbarco d’urgenza alla requisitoria: le tappe del processo

L’inchiesta a carico di Salvini era stata avviata dalla Procura di Agrigento e fu soltanto peraltro per l’intervento dell’allora capo dell’ufficio inquirente, Luigi Patronaggio, che venne disposto lo sbarco d’urgenza, visto le condizioni dei migranti, allo stremo dopo il terribile viaggio in mare e l’attesa interminabile al largo di Lampedusa, col caldo di agosto, per toccare finalmente terra.

Gli atti furono trasmessi per competenza alla Procura di Palermo, di cui il capo era Franco Lo Voi (che oggi ricopre la stessa carica ma a Roma), che a sua volta li inviò al tribunale dei ministri. Il primo febbraio del 2020 i giudici chiesero l’autorizzazione a procedere al Senato: la Giunta per le immunità respinse l’istanza, ma il 30 luglio arrivò invece il via libera definitivo. La Procura chiese poi il processo per Salvini e l’udienza preliminare venne fissata per il 12 dicembre del 2020. Il gup Lorenzo Jannelli, il 17 aprile del 2021, decise poi di rinviare a giudizio il ministro. Il dibattimento nell’aula bunker del Pagliarelli era iniziato il 15 settembre successivo. Dopo esattamente 3 anni, il 14 settembre scorso, i pm avevano chiesto la condanna a 6 anni di carcere per l’imputato.

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Il conflitto tra politica e magistratura, la data “vigliacca” ed Ezra Pround

Tutto il percorso è stato costellato dagli interventi di Salvini – che ha sempre sostenuto di aver solo fatto il suo dovere, vivendo il procedimento come un’ingerenza da parte della magistratura in quella che, a suo dire, sarebbe stata invece una decisione squisitamente politica. Inizialmente, anche per via della concomitante campagna elettorale del 2022, il leader della Lega presenziava ad ogni udienza, venendo ogni sabato a Palermo. Poi, invece, ha deciso di non partecipare: non era in aula per esempio quando i pm chiesero la sua condanna.

Quando fu stabilita la data della sentenza per oggi, 20 dicembre, il ministro stigmatizzò che a pochi giorni da Natale, al posto di stare con i suoi figli come ogni padre, sarebbe dovuto venire in Sicilia per il processo e parlò di una “data vigliacca”. Appena qualche giorno fa ha dichiarato: “Sarò assolto, 6 anni di carcere non si danno neanche a uno stupratore” e ancora ieri, a 24 ore dal verdetto, ha ribadito la propria linea, citando il poeta Ezra Pround: “Se un uomo non è disposto a correre un rischio per le sue idee, o non valgono niente le sue idee o non vale niente lui”. Alla fine ha avuto ragione lui.

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Le manifestazioni di piazza e l’intervento dell’Anm

La Lega, ma anche il gruppo dei Patrioti a livello europeo (a cominciare dal premier ungherese Viktor Orban e dal leader spagnolo di Vox, Santiago Abascal) hanno sempre sostenuto la posizione del vicepremier che, a suo dire, avrebbe soltanto “difeso l’Italia” e “i confini della nazione”. Manifestazioni di piazza, post e video sui social, interventi sulla stampa e in tv: sin dall’inizio il processo ha avuto un enorme controcanto mediatico, spesso molto aggressivo. E se l’imputato ha costantemente parlato della vicenda giudiziaria di cui si è sempre ritenuto una vittima, i magistrati – pur se attaccati pesantemente, tanto da dover essere difesi dall’Anm – sono sempre rimasti in silenzio. Oggi, con il dispositivo della sentenza, hanno parlato i giudici. E per loro Salvini non ha commesso alcun reato. 

 

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