La mossa del Garante sul trattamento dei dati personali. L’azienda: presenteremo ricorso La polemica Per Nick Clegg (Meta) il rimpallo delle decisioni nella Ue è una perdita di tempo pericolosa
L’Italia ha detto la sua, la palla torna a Dublino, mentre i colossi americani continuano a rumoreggiare. Siamo nel difficile perimetro della regolamentazione dell’Intelligenza artificiale: venerdì il Garante italiano per la privacy ha annunciato la chiusura dell’indagine su OpenAI, culminata nel marzo dello scorso anno nel clamoroso blocco di ChatGpt in Italia per un mese, con un provvedimento che prevede una multa da 15 milioni di euro e l’obbligo di realizzare una campagna di comunicazione.
Le motivazioni: come scrive l’Autorità , oltre alla mancata notifica della «violazione di dati subita a marzo 2023», a OpenAI vengono contestati «il trattamento dei dati personali per addestrare ChatGpt senza aver prima individuato un’adeguata base giuridica», la violazione «del principio di trasparenza» e il fatto di non aver previsto meccanismi per la «verifica dell’età », con rischi per i minori di 13 anni.
Per la società valutata 157 miliardi di dollari, «la decisione non è proporzionata e presenteremo ricorso. […]Quando il Garante ci ha ordinato di sospendere ChatGpt in Italia nel 2023, abbiamo collaborato. […]. Questa sanzione rappresenta circa venti volte il fatturato da noi generato in Italia nello stesso periodo. Riteniamo che l’approccio del Garante comprometta le ambizioni dell’Italia in materia di AI».
Guido Scorza, componente del collegio del Garante della privacy e avvocato, spiega al Corriere che avrebbero anche potuto «bloccare del tutto ChatGpt» e, al contrario di quanto sostengono gli americani, «nel determinare una sanzione contenuta si è anche tenuto conto del fatto che OpenAI dovrà investire risorse nella campagna di comunicazione. Al netto del fatto che ci sono ancora nodi da sciogliere, è fondamentale che gli utenti sappiano cosa è accaduto sin qui con i loro dati personali e come esercitare i loro diritti. In attesa di trovare il miglior possibile bilanciamento tra innovazione e regolamentazione, garantire alle persone questa libertà mi sembra uno degli obiettivi più importanti che dovremmo darci tutti, decisori pubblici e industria». Secondo Scorza, «il 2025 sarà l’anno dell’armistizio e di un nuovo patto sociale, dopo l’emersione del fenomeno nel 2023 e le battaglie di principio nel 2024».
Il passaggio del giurista sulla trasparenza è importante e coerente con il recente parere del Comitato europeo per la protezione dei dati (Edpb), che fa una serie di precisazioni di cui dovrà tenere conto l’Autorità di protezione dati irlandese (Dpc), responsabile dell’applicazione del regolamento per la privacy in Europa, per gestire i casi relativi all’AI. A partire dal quesito più ingombrante: ci si può appellare – e come va fatto – al legittimo interesse per addestrare i modelli pescando dati in Rete senza aver chiesto il consenso?
Per Nick Clegg, presidente degli Affari globali di Meta, questo rimpallo fra enti comunitari è una pericolosa perdita di tempo. Clegg parla dal punto di vista di una delle aziende che, come Apple e Google, ha messo in pausa il lancio di alcuni prodotti nel Vecchio continente: «Mentre aspettiamo una decisione, nel mondo ci si sta muovendo velocemente. E c’è uno scollamento con il messaggio politico di Draghi, von der Leyen e Macron che hanno sottolineato come la mancanza di competitività sia un problema in Europa. Dicono di voler colmare il divario con l’America» dice al Corriere. E aggiunge: «Velocità non significa imprudenza. Nel Regno Unito ci hanno permesso di addestrare il nostro modello e la legge di riferimento è la stessa».
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