Corrado Matera: No all’autonomia differenziata

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«Una minaccia per l’equilibrio e la coesione dell’Italia». Questo, in sintesi, il pensiero dell’onorevole Corrado Matera, consigliere regionale di maggioranza che si è battuto in prima linea contro la cosiddetta legge Calderoli.

Lei è stato in prima linea contro la legge Calderoli sull’ autonomia differenziata. Cosa ne pensa?

«Ritengo che questa legge rappresenti una minaccia gravissima per l’equilibrio e la coesione del nostro Paese. L’autonomia differenziata, così come delineata, rischia di amplificare ulteriormente il divario economico, sociale e infrastrutturale tra Nord e Sud, relegando il Mezzogiorno a una condizione di marginalità strutturale. Inoltre, interviene in modo improprio sull’impianto costituzionale, ignorando i principi di solidarietà e coesione territoriale che garantiscono l’unità della Repubblica. Una normativa di questo genere non solo frammenta il Paese, ma compromette il concetto stesso di uguaglianza tra i cittadini, che dovrebbe essere il fondamento di ogni democrazia».

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Cosa avrebbe dovuto garantire?

«Questa proposta di legge trascura alcune delle più gravi emergenze che affliggono il Paese: l’esodo dei giovani verso il Nord, il progressivo calo demografico, le disuguaglianze infrastrutturali e la sistematica carenza di risorse destinate al Mezzogiorno, aggravata dalla mancata attivazione del fondo perequativo previsto dalla Costituzione. Tali questioni, centrali anche nel PNRR, richiedono interventi mirati per colmare il divario Nord-Sud, un obiettivo imprescindibile per il rilancio dell’intero sistema Paese. Ignorarle non solo perpetua una storica iniquità, ma compromette seriamente le prospettive di sviluppo e coesione nazionale».

Perché ritiene che con la legge Calderoli non venga ridotto il divario nord sud?

«A mio avviso, questa legge non solo non riuscirà a ridurre il divario tra Nord e Sud, ma rischia di determinare un aggravamento profondo delle disuguaglianze. Il Mezzogiorno potrebbe essere seriamente penalizzato, sia in termini di risorse che di opportunità, compromettendo ulteriormente la già fragile coesione territoriale e sociale del Paese».

Perché questa sua considerazione?

«Basti considerare i criteri introdotti dalla legge Calderoli, che si basano sulla cosiddetta “invarianza della spesa”, sull’attribuzione delle risorse secondo la spesa storica e sul sistema di compartecipazione fiscale delle regioni. Tali meccanismi, lungi dal promuovere uno sviluppo equo e solidale, favoriranno inevitabilmente le regioni più ricche, consentendo loro di trattenere risorse essenziali per il progresso dell’intero Paese. Questo approccio non solo accentuerà il divario tra Nord e Sud, ma consacrerà l’esistenza di regioni di serie A e di serie B, compromettendo irrimediabilmente il principio di unità e coesione territoriale sancito dalla nostra Costituzione».

Su quali settori vede maggiori preoccupazioni?

«Con questa legge, alcune funzioni fondamentali, come sanità, istruzione, ambiente e trasporti, saranno trasferite alle Regioni, con la possibilità di trattenere il residuo fiscale all’interno dei propri territori. Questo significa che le Regioni più ricche, grazie alle loro maggiori risorse, diventeranno ancora più ricche e potranno permettersi di raddoppiare o persino triplicare gli stipendi nella sanità e nella scuola, superando ampiamente quanto previsto dal contratto collettivo nazionale. Tale disparità creerà un sistema profondamente iniquo, minando il principio di uguaglianza tra i cittadini».

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Con quali conseguenze?

«Questa legge non farà che amplificare la già drammatica migrazione verso il Nord, aggravando ulteriormente la situazione di ospedali e scuole nel Sud, che, già in grande difficoltà, si troveranno privi di personale. Di conseguenza, assisteremo inevitabilmente all’accorpamento e alla chiusura di molte strutture, con effetti devastanti, soprattutto per le aree interne, che subiranno un vero e proprio tracollo sociale e infrastrutturale. Sarà una tragedia per intere comunità, abbandonate a se stesse e private dei servizi essenziali».

Cosa ha fatto la Campania per combattere la legge?

«Con il presidente De Luca, abbiamo organizzato una marcia pacifica su Roma, coinvolgendo 500 sindaci, per manifestare al Governo e al Parlamento le nostre profonde perplessità e preoccupazioni riguardo a questa legge. Abbiamo presentato una proposta di referendum abrogativo e la Regione Campania ha avviato un ricorso presso la Corte Costituzionale, evidenziando i numerosi profili di incostituzionalità della norma. Inoltre, in Consiglio Regionale abbiamo approvato una proposta di legge alle Camere, con cui chiediamo: parità di trattamento nelle risorse sanitarie, l’assegnazione dello stesso numero di operatori sanitari per ogni cittadino italiano, il divieto di utilizzo di contratti integrativi per sanità e scuola, e l’applicazione uniforme dei Lep (Livelli Essenziali di Prestazione) su tutto il territorio nazionale.

Quella della Campania è una battaglia di dignità, che non riguarda una sola regione, ma l’unità e la coesione nazionale. Questi temi, così fondamentali per il futuro del Paese, non dovrebbero mai essere affrontati con spirito di parte o attraverso il filtro di un colore politico. È in gioco il principio stesso di uguaglianza tra i cittadini italiani».

È stata parzialmente accolto dalla corte costituzionale il ricorso presentato dalla Campania.

«La Corte Costituzionale ha accolto le ragioni presentate dalla Regione Campania, rimettendo la decisione al Parlamento per ulteriori determinazioni. Ha ribadito che deve esistere un’intesa tra Stato e Regioni e che le singole funzioni debbano essere definite in accordo con le Regioni interessate, evitando criteri generali che possano compromettere la funzionalità del Paese.

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In merito ai Lep (Livelli Essenziali di Prestazione), la Corte ha giudicato inaccettabile una delega legislativa in bianco per la loro definizione. Ha chiarito, inoltre, che devono essere stabiliti criteri chiari e uniformi per la determinazione dei LEP, validi per tutto il territorio nazionale, al fine di evitare ingiustificate disparità tra Nord e Sud e garantire il rispetto del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione».

È ottimista sul recepimento delle modifiche indicate dalla Corte?

«Si tratta di un atto dovuto: il Parlamento non potrà ignorare quanto indicato dalla Corte Costituzionale. Mi auguro che si avvii un lavoro concreto per un Paese che sia modernizzato, sburocratizzato e capace di rivestire un ruolo centrale nella politica europea. Questi sono temi fondamentali, battaglie che il presidente De Luca sta portando avanti con determinazione e che, a mio avviso, dovrebbero coinvolgere l’intera politica nazionale, senza alcuna distinzione di partito.

Il mondo sta cambiando rapidamente e l’Italia non può permettersi di restare indietro. Abbiamo bisogno di un approccio innovativo e di una visione condivisa per affrontare le sfide del futuro e garantire al nostro Paese una crescita sostenibile e inclusiva».



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