Musk e gli affari con il governo

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difficile da pignorare

 


La marina militare, il ministero degli Esteri, la protezione civile, i vigili del fuoco, il comando operativo di vertice interforze. Sono alcuni dei più importanti enti pubblici italiani che negli ultimi sei mesi, secondo i dati analizzati da Domani, si sono affidati ai satelliti Starlink per ottenere connessione internet.

Gli stanziamenti non superano quasi mai i 15mila euro, ma dimostrano che il più importante imprenditore del momento per Giorgia Meloni, Elon Musk, è già entrato a far parte dei fornitori della pubblica amministrazione italiana. Alcune settimane fa, peraltro, Andrea Stroppa, considerato il suo referente in Italia, è finito in un’indagine della procura di Roma, che indaga su un giro di mazzette attorno ad aziende di stato. Uno dei protagonisti, intercettato, diceva all’uomo di Musk: «Ti mando un documento che è veramente riservato eh». L’inchiesta non riguarda il colosso americano e farà il suo corso.

Di certo però l’uomo più ricco al mondo, finanziatore principale di Donald Trump e, come ha detto pochi giorni fa Nigel Farage, possibile donatore del partito di estrema destra britannico Reform Uk, Musk è in realtà già attivo in Italia da anni. La sua Tesla, di cui è principale azionista, ha una filiale per il mercato nostrano. Si chiama Tesla Italy Srl. L’anno scorso ha fatturato 818 milioni di euro, il doppio rispetto al 2022, chiudendo con 9 milioni di utile netto. I guadagni macinati vendendo auto elettriche non restano però a Roma. Finiscono in Olanda, dove è registrata la holding Tesla International Bv. Funziona così anche con Starlink, il marchio con cui Musk vende connessione internet satellitare.

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Secondo i dati pubblicati a settembre da Space X, la società che controlla Starlink, gli abbonati al servizio internet in Italia erano già 40mila. Musk ha costituito una società a Milano a fine 2020: si chiama Starlink Italy Srl, è proprietaria di quattro “gateway antenne”, che servono per le comunicazioni con i satelliti. Se un cittadino comune acquista l’abbonamento internet di Musk dall’Italia, però, la fattura non arriva dalla srl milanese. Arriva da Dublino. Ad emetterla è la Starlink Internet Services Limited, che incamera i ricavi provenienti dall’Italia così come da altri Paesi europei. Proprio come nel caso di Tesla, alla fine si approda in Olanda, perché l’irlandese è controllata dalla holding Starlink Holding Netherlands Bv.

Contraddizioni patriottiche

L’Aia permette alle società holding di non pagare imposte sui dividendi ricevuti da filiali estere: è da anni la specialità della casa. «Ora sanzioni contro i paradisi fiscali interni all’Ue, a cominciare dall’Olanda. Basta con i parassiti che si nutrono della nostra ricchezza e del nostro lavoro», scriveva nel 2020 Meloni. «Combattere i paradisi fiscali in Europa, drenano risorse all’Italia», ha ribadito lo scorso anno. La premier non deve essersi informata bene sulla struttura societaria di Musk o, se l’ha fatto, la scoperta non ha rovinato la sua luna di miele con il vulcanico imprenditore nato in Sudafrica 53 anni fa.

A settembre Meloni è stata premiata da lui con il Global Citizen Award dell’Atlantic Council. A inizio novembre ha chiamato «l’amico Elon Musk» per complimentarsi dopo l’elezione di Trump. Pochi giorni dopo l’imprenditore ha sparato contro le decisioni dei giudici italiani («se ne devono andare») provocando la reazione seccata del Quirinale. Da allora niente più notizie del legame tra Elon e Giorgia, il rapporto di amicizia è stato tolto dalla vetrina, oscurato.

Restano però gli affari che Musk punta a fare in Italia. Tra SpaceX, Tesla, l’ex Twitter ribattezzato X, The Boring Company, xAI, Hyperloop, Neuralink e il nuovo incarico di capo del Dipartimento per l’efficienza del governo statunitense, è quasi impossibile stare dietro a tutti i progetti del miliardario con tripla cittadinanza (sudafricana, canadese e americana).

Di sicuro, fra tutte le sue attività ce n’è una che lo rende particolarmente potente: i satelliti piazzati a circa 500 chilometri dalla Terra, la cosiddetta orbita bassa. Con intuito straordinario, Musk ha iniziato a lanciarli nello spazio nel 2019 e oggi la “costellazione Starlink” consiste in circa 7 mila unità. Da quella distanza sono in grado di fornire internet a banda larga sulla Terra, e in questo l’imprenditore non ha eguali.

Secondo la ong CelesTrak, a settembre i suoi satelliti rappresentavano due terzi di tutti quelli operativi. «Ha un monopolio sostanziale», ha detto di lui a novembre, parlando davanti alla commissione Esteri e Difesa del Senato, il ministro Guido Crosetto. Francesco Sacco, docente di Digital economy all’Università dell’Insubria e alla Sda Bocconi, riassume vantaggi e svantaggi competitivi di Starlink: «Oltre ad avere la capacità di lanciarli in orbita e di farlo a prezzi ridotti rispetto ai concorrenti, questi satelliti costano meno e garantiscono una latenza inferiore (il tempo di connessione, ndr). La tecnologia di Musk ha però anche un limite che spesso non viene ricordato. I suoi veicoli spaziali devono continuamente riallocare tra loro la capacità di connessione, di conseguenza, per le videochiamate, Starlink non può garantire al momento un collegamento senza interruzioni». Ciononostante, l’Italia a trazione Meloni ha deciso di puntarci forte.

Affari di stato

Telespazio, controllata da Leonardo, a giugno ha firmato un accordo con Starlink per rivendere i suoi servizi in Italia. È da allora che diversi enti pubblici, tra cui quelli citati all’inizio di questo articolo, si sono rivolte a Telespazio per utilizzare la tecnologia del neo consulente di Trump. «Stiamo parlando di qualcosa che, nel lungo termine, sarà come ricostruire internet nello spazio», disse Musk a Seattle nel gennaio 2015, presentando per la prima volta Starlink. Un decennio dopo, l’obiettivo non sembra più utopico. L’accelerazione è arrivata con la guerra in Ucraina. Aiutando l’amministrazione americana, Musk ha messo a disposizione i suoi satelliti per garantire le comunicazioni internet nel Paese, sia quelle militari che quelle civili, mostrando al mondo l’importanza del suo prodotto. Ora sta passando alla seconda fase del progetto, quella annunciata nel 2015: offrire una nuova linea internet, complementare o alternativa a quella via cavo, diventando un fornitore strategico degli Stati.

Con gli Usa i rapporti sono già ottimi. Il New York Times ha scritto che negli ultimi 10 anni le sue società hanno ottenuto contratti pubblici per 15,4 miliardi di dollari, e che solo l’anno scorso le forniture alle varie autorità federali sono valse 3 miliardi di fatturato.

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Ora, grazie anche al feeling politico con Meloni, sembra essere arrivato il nostro turno. Il piano Italia a 1 Giga, finanziato con 3,6 miliardi di fondi del Pnrr e da ultimare entro giugno 2026, ha l’obiettivo di connettere a banda larga le aree più remote del Paese, ma secondo i dati del governo aggiornati a fine ottobre le aziende incaricate di portare la fibra ottica in tutto lo Stivale (Open Fiber e FiberCop) finora hanno coperto solo un terzo degli edifici interessati. Per portare a termine l’opera, l’esecutivo ha scelto una strada alternativa rispetto a quella tracciata in passato. «Con riferimento alle aree più remote, stiamo valutando con Starlink e altri operatori l’integrazione della tecnologia satellitare», ha annunciato lo scorso ottobre il sottosegretario all’Innovazione digitale, Alessio Butti, che circa un mese fa ha fatto sapere anche in quale regione inizierà la sperimentazione: Lombardia.

Lunedì 9 dicembre Reuters ha scritto che i primi test con Starlink verranno realizzati a gennaio, con i risultati attesi per marzo. Se il progetto dovesse andare in porto, l’Italia diventerà un Paese importante per Musk, molto più di quello che rappresenta adesso. E in vista ci sono affari ancora più grossi. In discussione alla Commissione Attività produttive della Camera c’è infatti il disegno di legge Spazio, che punta a sviluppare la cosiddetta space economy. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha detto che sarà approvata entro la prossima primavera. L’articolo 25 prevede che l’Italia abbia a disposizione una rete internet di «riserva», non fatta di cavi ma di satelliti «gestiti esclusivamente da soggetti appartenenti all’Ue o alla Nato». Abito che sembra disegnato su misura per Musk.

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