Asili nido, sulla via del tradimento del Pnrr

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Il futuro di un paese, qualunque esso sia, è riposto nei bimbi e nelle bimbe, nei ragazzi e ragazze che si formano come cittadini e cittadine, costruiscono la propria vita e – appunto – il futuro della comunità alla quale appartengo. In questo percorso i primi anni di vita sono fondamentali, e fondamentale è che i piccolissimi possano essere accolti in strutture dedicate, dove imparare a stare con gli altri e dove si pongono le basi per gli apprendimenti futuri. Gli asili nido sono un perno fondamentale in questo percorso. È un diritto per tutte le bambine e i bambini poterci andare. Così come per favorire l’occupazione femminile, diretta e indiretta, sono fondamentali. Perché liberano il tempo delle donne e perché quella che lì si genera è quasi tutta occupazione femminile. Il Pnrr avrebbe dovuto generare tanti posti e farci mettere in regola con gli obiettivi europei, ma l’impegno sarà tradito.

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Anniversario amaro

Lo scorso 6 dicembre la legge 1044 del 1971, quella che istituì i nidi, ha compiuto gli anni, ma è stato un ben triste compleanno. A certificarlo Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil che citando gli ultimi dati Istat rielaborati dalla Confederazione ha detto: “In Italia ci sono ancora solo 366 mila posti in asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia, pubblici o privati. Dunque, solamente il 30% dei bambini e delle bambine può usufruirne, mentre 850 mila bambini e bambine ne sono esclusi. Un’offerta assolutamente insufficiente rispetto al potenziale bacino di utenza e ben al di sotto di quel 33% che l’Europa si era data come obiettivo da raggiungere entro il 2010 (e che l’Italia ha indicato come livello minimo da garantire entro il 2027) e molto lontana dal nuovo obiettivo europeo del 45% entro il 2030″.

Uno due tre… stella

È questo il titolo scelto da Save The Children per il XV Rapporto sull’infanzia a rischio. Insieme a Svimez hanno compiuto un’analisi sull’andamento dei progetti del Pnrr e la situazione non è certo rosea. Soprattutto perché per raggiungere almeno formalmente gli obiettivi europei, pena restituzione delle risorse, il governo nordista ha deciso di potenziare i servizi per l’infanzia là dove ci sono e lasciare scoperte le aree del Paese dove maggiore è il bisogno. Dice infatti il Rapporto: “Meno di un bambino su tre dagli 0 ai 2 anni trova posto in un asilo nido, un servizio che si dimostra fondamentale per combattere le disuguaglianze, con forti disparità territoriali”.

La certificazione delle diseguaglianze

Quel che è più grave è che mentre l’Italia ha ricevuto la quota più consistente delle risorse stanziate da Bruxelles proprio per i gravi divari territoriali, oltre che di genere e di generazione, Meloni decide di non ridurli, anzi. Scrive ancora Save The Children: “Con i progetti Pnrr i posti negli asili nido si stima raggiungeranno la media nazionale del 41,3%, avvicinandosi all’obiettivo europeo del 45% per il 2030, ma molti territori dove la povertà educativa è più forte rischiano di restare indietro: Campania e Sicilia attualmente hanno il tasso di copertura più basso in Italia (rispettivamente del 13,2% e del 13,9%), in base alle stime sui progetti in corso, non riuscirebbero a raggiungere neanche il 33%. Eppure, le due regioni rappresentano la seconda e la terza regione, dopo la Provincia Autonoma di Bolzano, per incidenza dei bambini 0-2 sulla popolazione, con alti tassi di povertà minorile e dispersione scolastica”.

Nidi, al Nord sì al Sud no

Barbaresi non può che essere preoccupata di questi risultati, infatti ha sottolineato: “Preoccupano i forti divari territoriali, che corrispondono anche a notevoli disparità nelle risorse pubbliche erogate a sostegno del sistema educativo per la prima infanzia. Peraltro, le aree più svantaggiate, dove si concentrano le famiglie in peggiori condizioni economiche, beneficiano di minori risorse pubbliche in relazione alla minore offerta di nidi e servizi educativi e contemporaneamente per la minore possibilità di intercettare misure di sostegno come i bonus”.

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La riduzione programmata dei nidi

Perché si è arrivati qui? Facile, sempre il governo che dice di essere a favore delle famiglie, ha ridotto le risorse del Pnrr destinate ai servizi per l’infanzia. Lo ha ricordato la segretaria nazionale: “Preoccupa la riduzione complessiva dei progetti finanziati, da ricondursi proprio alla scelta del Governo di ridimensionare l’obiettivo iniziale di 265 mila nuovi posti nido agli attuali 150 mila, senza peraltro alcuna garanzia che i progetti in essere vengano ultimati entro il termine fissato”. In questo scenario, “è allarmante il tentativo operato dal Governo, con il Piano Strutturale di Bilancio, di aggirare l’obiettivo del 33% di posti da garantire entro il 2027 (e di quello del 45% da raggiungere entro il 2030) trasformandolo in un obiettivo nazionale, mentre l’obiettivo su base regionale scenderebbe al 15%, che lascerebbe immutati i divari territoriali con un’ulteriore penalizzazione soprattutto del Meridione. Un’impostazione che si limita a fotografare l’esistente senza incidere sulle disuguaglianze”.

I nidi e la manovra

Un po’ di bonus e una tantum per i nuovi nati, ma le risorse per la gestione ordinaria dei nidi nella manovra che il Parlamento sta per approvare, invece no. “Resta il nodo irrisolto delle risorse da prevedere a bilancio per la gestione ordinaria dei nidi – sottolinea la dirigente sindacale non poteva che esser grande – per consentirne il corretto funzionamento e scongiurare il rischio di strutture esistenti sulla carta ma impossibilitate ad operare: per arrivare all’obiettivo del 45% devono essere attivati 200 mila posti in più rispetto agli attuali per i quali occorrono 2 miliardi di euro in più all’anno per la gestione corrente e almeno 45 mila educatrici/tori in più”.

I nidi e la povertà

La mancanza di servizi è depauperamento della collettività. La mancanza di quelli per bambine e bambini è una seria minaccia per loro e per il futuro di tutti. Ricorda ancora Save the Children: “La povertà assoluta colpisce il 13,4% delle bambine e dei bambini tra 0 e 3 anni, e circa 200mila di età compresa tra 0 e 5 anni vivono in povertà alimentare, in famiglie che non riescono a garantire almeno un pasto proteico ogni due giorni. Quasi un bambino su dieci della stessa fascia d’età ha sperimentato la povertà energetica, ovvero ha vissuto in una casa che in inverno non era riscaldata in modo adeguato”.

I Nidi contro la povertà

“Si parla spesso impropriamente dei costi dei servizi – sottolinea la dirigente sindacale – mentre non si parla abbastanza del costo della loro mancanza: costi educativi, sociali, in termini di povertà educativa, correlazione con la dispersione scolastica, diseguaglianze, denatalità. Gli asili si configurano come diritti dei bambini e delle bambine e per questo devono essere garantiti a tutte e tutti e gratuiti, oltre al fatto che il potenziamento dell’offerta di nidi andrebbe a creare opportunità di lavoro con profili professionali di qualità”.

I nidi e l’impegno della Cgil

Proprio in occasione del “compleanno dei nidi” Daniela Barbaresi ha ricordato quanto la Confederazione continuerà a fare: “Occorrono politiche strutturali e di prospettiva che vedano la centralità dei bambini e delle bambine e su questo la Cgil continuerà a concentrare l’attenzione perché il nostro Paese non perda ancora una volta un’occasione irripetibile per raggiungere standard europei su una materia così fondamentale e garantire il diritto al percorso educativo sin dai primissimi mesi di vita”.



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