Sul mercatino di Natale di Magdeburgo e l’attentato che ha causato cinque vittime una riflessione appare necessarie. A colpire naturalmente è il profilo dell’attentatore, già definito nelle prime ore da giornali quotati «lupo solitario della diaspora jihadista». Con tanto di scheda sugli ‘attentati con auto’ e ai mercatini di Natale inesorabilmente definiti «simbolo» dell’Occidente.
No, è un “lupo unico”, più unico che raro. Medico psichiatra, Taleb al Abdulmohsen attivo nell’assistenza ai rifugiati, ma ateo e con convinzioni anti-Islam, perdipiù sostenitore dell’Afd, l’estrema destra neonazista tedesca, e che aveva dato una intervista alla Faz, oltre che alla Bbc, nella quale accusava la Germania, che pure gli aveva dato l’asilo, di accogliere islamisti e di rifiutare l’asilo agli anti-islamisti, e per questo accusatore “a morte” della ex cancelliera Angela Merkel, nonché ammiratore di Elon Musk.
CERTO ALLE CINQUE vittime dell’attentato questa “novità” importa poco. Ma è una novità. Difficile valutarne la misura o la credibilità. Non sarebbe il primo caso di uno psichiatra di origini islamiche, impegnato nel soccorso ai rifugiati o nelle carceri, a trasformare il suo ruolo in una sindrome punitiva dell’ambiente in cui vive e di se stesso. È già accaduto a Guantanamo e nelle prigioni speciali americane, ma lì il gesto era di rivendicazione integralista della fede islamica.
Qui, a meno di non avere la sorpresa di una dissimulazione, il protagonista è un uomo dalla non-fede, anzi che rivendica la sua laicità contro il mondo dell’integralismo islamista e l’Europa troppo «accogliente»; e che, per l’eterogenesi dei fini, alla fine con il suo gesto lucidamente folle sostiene la destra estrema anti-migranti: appunto, come l’Afd che subito lo «rivendica» come dimostrazione della necessità di «difendere i confini».
Fatto sta che nonostante sia emersa questa incredibile novità, anche in Italia una destra tracotante e miserabile quanto di governo, vedi Gasparri, Salvini e la presidente Meloni, che intanto porta a casa l’assoluzione per un crimine di non soccorso a mare per i migranti disperati, ha avuto il coraggio di recitare la litania pronta nei cassetti per fare propaganda sempre contro l’Islam e contro chi, testimone delle nostre guerre e del mondo neoliberista diseguale, fugge dai conflitti e dalla miseria. Ma l’attentatore stavolta è proprio uno che la pensa come loro.
Si tratta dunque di pura coda di paglia: quel che accade in Medio Oriente fa temere chi ha mantenuto il silenzio complice sui massacri in corso a Gaza, un «oggettivo» ritorno di violenza. Perché gli occhi di quei bambini gazawi in fila per una ciotola di cibo e acqua, fatti a pezzi sotto le bombe mirate quanto terroriste di uno degli eserciti più potenti al mondo, quello israeliano, sono per il tempo lungo. E, se non li ammazzano tutti, avranno modo di farsi sentire, di ribellarsi alla condizione subumana alla quale li abbiamo condannati e di rivendicare i loro diritti umani che tanto disprezziamo tacendo.
IL RISCHIO È CHE quando alzeranno la testa li chiameranno «terroristi», come accade ai giovani che combattano in Cisgiordania contro la cacciata dei palestinesi da parte dei coloni integralisti protetti dai fascisti del governo Netanyahu.
Che poi tutto questo sia accaduto nelle stesse ore in cui una delegazione Usa arrivava a Damasco – ne arriverà una anche italiana – per incontrare la leadership dell’Hts, criminali jihadisti ex al Qaeda, che ha preso il potere alla guida di al Julani nella capitale dell’ex Siria – come la chiama Alberto Negri – dove la spartizione è ormai avviata, la dice lunga. Tanto più che subito, immediatamente, l’Hts è stata eliminata dalla lista nera Usa dei terroristi, dove invece rimane il Pkk per molti Paesi occidentali.
Non è mica la prima volta che gli Stati uniti si alleano, per strategie di destabilizzazione, con formazioni che fino all’ultimo ha considerato terroriste: famoso l’inviato Richard Holbrooke in Kosovo che parla nel 1999 con un leader in armi dell’Uck, formazione già nella lista nera americana, poco prima dello scatenamento della guerra di bombardamenti aerei della Nato sull’ex Jugoslavia; con l’Uck che diventa alleato e fanteria dei raid aerei “umanitari”; oppure il sostegno ai mujaheddin in Afghanistan (e in Bosnia) e quello agli stessi talebani poi ridiventati nemici. Per non dire delle ombre saudite che ancora restano sulle vicende tragiche legate all’11 settembre 2001.
TERRORISMO che va, terrorismo che viene. Alla fine il regime siriano è caduto. Dopo dieci anni di sforzi della coalizione degli Amici della Siria (dalla Germania alla Gran Bretagna, dagli Usa all’Arabia saudita) e commistioni per abbattere il raìs Assad in alleanza perfino con i terroristi dell’Isis da parte della baluardo sud della Nato, la Turchia di Erdogan. Con il Sultano già pronto alla resa dei conti verso i curdi, che con i jihadisti, non con i protagonisti laici della primavera di Damasco, ha fatto affari e continua a farli – i giornalisti turchi che hanno denunciato i legami perversi sono dovuti fuggire dal loro Paese per questo.
Non sono mancati finanziamenti miliardari e invii di armi per gli insorti «democratici» in realtà finiti più o meno consapevolmente, come ammise l’allora capo di Stato maggiore Austin, nelle mani jihadiste. Alla fine Assad è caduto, meglio, è stato evacuato a Mosca; il suo esercito, si è dileguato. Era difeso solo da pasdaran iraniani, Hezbollah e russi.
LA RUSSIA – chiamata in Siria da Obama e Alleanza occidentale visti i fallimenti sul campo contro il jihadismo – ha ceduto, pochi se ne sono accorti, sulla Siria di Assad ormai indifendibile, per avere in cambio la posta ucraina ben più decisiva. Le prime due realtà sono state eliminate da Israele, e al Julani ringrazia tacendo, sia sull’aggressione israeliana alla Siria dal Golan, sia sul massacro in corso nella Striscia.
Lì ogni giorno uccidono decine di palestinesi, siamo a più di 45mila persone uccise, ma non fa più notizia: è scontato.
È un crudele terrorismo di Stato, di uno Stato amico e «unica democrazia» del Medio Oriente. Lì non ci sono mercatini, ma è Natale anche a Gaza, dove i bambini non scartano regali ma bombe dall’alto dei cieli e questo non commuove Meloni. E noi dovremmo inorridire dentro.
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