Cosche di Villaseta e Porto Empedocle ai ferri corti: sfiorata la guerra di mafia

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Ad Agrigento l’aria si era fatta davvero pesante. Negli ultimi mesi, infatti, si è assistito ad un crescendo di episodi di particolare allarme sociale con intimidazioni di vario genere: colpi di arma da fuoco contro portoni, case, furgoni bruciati, scooter incendiati. Tutti avvenimenti legati tra loro e che sono emersi grazie all’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo con l’esecuzione di trenta fermi da parte dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Agrigento. Da una parte vi era la famiglia mafiosa di Porto Empedocle, guidata dal boss Fabrizio Messina; dall’altra quella di Villaseta, capeggiata da Pietro Capraro che avrebbe raccolto il testimone del boss Antonio Massimino. Le due famiglie hanno certamente condiviso interessi comuni, pianificato business soprattutto nel settore degli stupefacenti e tenuto summit. Ma anche vissuto momenti di forte tensione. La vicinanza geografica tra il paese marinaro e il quartiere agrigentino, con  tutto ciò che comporta il controllo del territorio, sono alla base di forti attriti tra i clan. Tutti puntualmente “fotografati” dall’attività investigativa dei carabinieri. 

IL BAR EMPEDOCLINO PRESO DI MIRA DAL CLAN DI VILLASETA

Il momento di maggiore astio tra le due fazioni si registra agli inizi del 2024. Al centro della contesa vi è un noto bar di Porto Empedocle preso di mira dal gruppo di Villaseta. Alcuni esponenti di quest’ultimo gruppo avanzano richieste estorsive ai titolari, consumano e non pagano e, addirittura, arrivano anche a sfasciare il locale. Di lì a poco viene interessato anche il boss Fabrizio Messina, capo della cosca di Porto Empedocle. Un accordo deve essere trovato. Nel giro di pochi giorni vengono registrati diversi incontri, il primo nell’aprile 2024 quando “ambasciatori” di Villaseta si recano a Porto Empedocle. La situazione però non sembra essere rientrata e all fine dello stesso mese il bar viene nuovamente preso di mira. 

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GLI AVVERTIMENTI, GLI SPARI E GLI ATTI INCENDIARI

I rapporti tra i due clan si irrigidiscono e, qualche giorno più tardi, iniziano le intimidazioni: viene prima bruciato un furgone ad un soggetto ritenuto vicino ai “marinisi”, poi gli viene anche danneggiata l’auto. Lo stesso, appena un giorno più tardi, viene pedinato e inseguito da un’auto sospetta. I propositi di vendetta non tardano ad arrivare. Il 4 settembre vengono esplosi cinque colpi di pistola contro un’auto all’ingresso di Porto Empedocle. Ma c’è stato un errore. Il veicolo, ritenuto di proprietà di un soggetto vicino al clan di Villaseta, è in realtà di una donna che ha avuto la sfortuna di parcheggiare al posto del bersaglio designato. Un altro atto intimidatorio ai danni dei “villasetani” era avvenuto il 27 agosto quando nel quartiere di Fontanelle viene bruciato la moto ad uno dei sodali. E ancora: l’1 e il 5 settembre la casa di un empedoclino viene presa di mira rispettivamente con quattro e cinque colpi di arma da fuoco all’indirizzo di finestre e prospetto. La tensione sale. Il 9 settembre vengono esplosi 6 colpi calibro 7,65 nel portone di ingresso dell’abitazione di uno dei soggetti vicini al clan di Villaseta nel quartiere di Fontanelle.

L’ULTIMO ATTENTATO

L’inchiesta sulle cosche di Villaseta e Porto Empedocle non contempla tra le sue carte l’atto intimidatorio compiuto a colpi di mitragliatrice ai danni di un negozio di frutta e verudra sito nella zona del campo sportivo a ridosso di piazza Ugo La Malfa. Ciò perchè l’atto intimidatorio è stato compiuto lo scorso 15 dicembre e già da tempo, l’informativa che ha determinato i fermi era stata già consegnata all’autorità giudiziaria. Ma c’è il forte sospetto che la vicenda sarebbe da collegare a quella più ampia che vi abbiamo appena descritto e che ha già fatto allarmare il prefetto di Agrigento, Salvatore Caccamo, che fresco di insediamento, l’indomani dell’attentato ha dichiarato: “L’episodio ha riguardato una singola attività economica e le attività d’indagine si stanno sviluppando attorno al titolare dell’attività commerciale. E’ un episodio che presenta la sua efferatezza, sono stati effettuati i primi sopralluoghi da parte dei Carabinieri e proprio questa mattina ho avuto anche il primo contatto con il dirigente della Dia di Agrigento per capire le dinamiche del territorio. Sono episodi da non sottovalutare, l’arma utilizzata desta preoccupazione, ma attendo che si sviluppano le prime attività investigative”.

Se a tutto ciò si aggiunge che dopo la retata è stata sequestrata a membri ritenuti vicini al clan di Villaseta una micidiale pistola mitragliatrice allora il quadro dei sospetti si fa sempre più grande.





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