Questa mattina il pontefice ha aperto la Porta Santa della chiesa del Padre Nostro nel carcere di Rebibbia, la seconda del Giubileo 2025.
La prima volta in un Giubileo ordinario
Papa Francesco ha aperto la Porta Santa nel carcere di Rebibbia. È la prima volta, in un Giubileo ordinario. Francesco ha ripetuto tra i reclusi lo stesso gesto che ha fatto la sera del 24 dicembre, dando inizio ufficiale al Giubileo ordinario del 2025 aprendo la Porta Santa della basilica di San Pietro. “L”apertura di questa Porta Santa sia per tutti noi un impegno a guardare il nostro avvenire con speranza”, ha detto Bergoglio iniziando il rito. “La prima Porta santa l’ho aperta a Natale a San Pietro, ma ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere”, ha detto a braccio: “Ho voluto che ognuno di noi che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude”. Prima di aprire la Porta Santa nella Cappella del Padre Nostro, il Santo Padre ha chiamato con sé il vescovo ausiliare di Roma, monsignor Benoni Ambarus. Poi si è alzato in piedi dalla sedia a rotelle e ha varcato in piedi la Porta, dopo aver bussato.
I doni dei detenuti al Papa
Al termine della liturgia, il Papa ha ricevuto alcuni doni dai detenuti. Dagli uomini del Nuovo Complesso – rende noto la sala stampa vaticana – la riproduzione in miniatura della porta della chiesa del Padre Nostro, creata all’interno del laboratorio “Metamorfosi” utilizzando ilegni dei barconi dei migranti; dalle donne di Rebibbia femminile, un cesto contenente olio, biscotti, ceramiche e bavaglini, frutto del loro lavoro. Anche l’Amministrazione penitenziaria ha omaggiato il Santo Padre con un quadro: un dipinto che raffigura un Cristo salvifico realizzato dall’artista Elio Lucente, ex poliziotto penitenziario. All’interno della chiesa erano presenti 300 persone, e altrettante nel cortile esterno.
L’omelia pronunciata a braccio: “Non perdete la speranza”
“Non perdere la speranza: questo è il messaggio che voglio darvi, a tutti, io per primo”. Il Papa ha pronunciato interamente a braccio l’omelia della messa presieduta nella chiesa del Padre Nostro a Rebibbia, dopo aver aperto la Porta Santa della casa circondariale che accoglie 1.500 detenuti, un centinaio dei quali presenti alla celebrazione eucaristica, insieme ai volontari, agli agenti penitenziari e ai dirigenti del carcere.
“Spalancate le porte del cuore. E’ quello che ci fa fratelli”
“Spalancare la Porta è un bel gesto, ma quello più importante è aprire il cuore”, ha esordito Francesco: “I cuori aperti, questo fa la fratellanza. I cuori chiusi non aiutano. La grazia del Giubileo è soprattutto aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude mai: pensate bene a questo. Nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente, ma la speranza non delude mai. A me piace pensare alla speranza come ancora che è sulla riva, e noi con la corda siamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è con l’ancora sulla terra”.
Prosegue il Papa nella metafora parlando ai detenuti: “Alle volte la corda è difficile, ci fa male alle mani. Sempre con la corda in mano, guardando la riva, l’ancora ci porta avanti. Sempre c’è qualcosa di buono, per andare avanti. La mano nella corda, e – secondo – le finestre spalancate, le porte spalancate. Soprattutto la porta del cuore:quando è chiuso il cuore diventa duro, come la pietra. Anche nelle situazioni più difficili – ognuno di noi ha la propria – ma sempre il cuore aperto. Il cuore, che è quello che ci fa fratelli”. Di qui l’invito: “Spalancate le porte del cuore. Ognuno sa come farlo. Ognuno sa dove la porta è chiusa o semichiusa, ognuno lo sa. Due cose vi dico: la mano nella corda con l’ancora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore. Abbiamo spalancato questa Porta, ma questa è un segnale della porta del nostro cuore. Vi auguro un grande Giubileo e molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Non è un modo di dire: penso a voi e prego per voi”.
Il pensiero finale per i detenuti rimasti in cella e la “retromarcia” per salutare la gente
Infine il Papa di congeda con un augurio per il prossimo anno: “Vi faccio gli auguri di buon anno: il prossimo anno sia meglio di questo. Da qui vorrei salutare i detenuti rimasti in cella, che non sono potuti venire”, ha proseguito sempre a braccio Francesco, dopo aver salutato uno ad uno tutti i presenti. “E non dimenticate: aggrapparsi all’ancora, le mani aggrappate”. Prima di uscire, il Santo Padre si è fermato davanti al presepe realizzato dal laboratorio di falegnameria del penitenziario romano. Prima di salire in macchina per lasciare il carcere, il Papa si è accorto della gente che lo attendeva all’esterno e ha fatto “retromarcia” per salutare anche loro
Fonte: Agensir
All’esterno del carcere, Bergoglio si è fermato con i giornalisti e ha scambiato qualche battuta. Ecco la trascrizione del colloquio grazie ai colleghi del pool Aigav presenti sul luogo.
Come è andata?
Insieme ci siamo salutati ci siamo fatti gli auguri.
Che cosa le hanno detto i detenuti, che cosa le hanno chiesto?
Loro parlano, ognuno dice la sua bene, si sentono bene. Tu sai che ogni volta che vengo in carcere la prima domanda che mi faccio è perché loro e non io… Perché ognuno di noi può scivolare. L’importante è non perdere la speranza, aggrapparsi all’ancora della speranza e aprire, spalancare il cuore e aggrapparsi alla corda dell’ancora.
Lei nella bolla di indizione ha chiesto un gesto di clemenza per i detenuti proprio per il giubileo. Oggi c’era il ministro Nordio, ha rinnovato questo invito?
No di questo non abbiamo parlato. Ho parlato dei detenuti oggi. Ma la prima porta Santa che ho aperto è stata quella di San Pietro la seconda porta Santa in questa basilica. Il carcere è diventato una basilica tra virgolette, perché ho voluto aprire qui la seconda porta Santa poi le altre basiliche Santa Maria maggiore San Paolo San Giovanni in Laterano, ma questa è la seconda basilica tra virgolette.
Quanto è importante per lei?
Molto importante perché tanti di questi non sono pesci grossi i pesci grossi hanno la scusa di rimanere fuori dobbiamo accompagnare i detenuti e Gesù dice che il giorno del giudizio saremo giudicati su questo ero in carcere e mi hai visitato. Grazie.
Ha mangiato un po’ di panettone ieri?
Sì, un pochettino.
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