D’AMICO “L’INTRANSIGENTE”, MARIANI IL “DIALOGANTE: LEGGE “MANCIA”, RESA DEI CONTI NEL CENTROSINISTRA | Notizie di cronaca

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L’AQUILA – Sulla legge “mancia” conviene restare sull’Aventino, a cannoneggiare il centrodestra che non si fa problemi a distribuire risorse a piacimento a Comuni e associazioni amiche, consolidando il suo consenso, oppure occorre cambiare strategia, aprirsi pragmaticamente un dialogo e cercare di far arrivare risorse ai tanti esclusi dalla ripartizione, a cominciare dai sindaci di centrosinistra?

Si consuma intorno a queste due linee politiche, uno scontro sempre più esplosivo, seppur dietro le quinte, nell’opposizione del centrosinistra. Con due portabandiera: il fautore della linea dell’intransigenza, ovvero il professore ed ex rettore dell’Università di Teramo, Luciano D’Amico, candidato presidente alle regionali di marzo, che ha fatto della lotta contro i fondi a pioggia una priorità politica, e il consigliere regionale del Partito democratico, Sandro Mariani, presidente della Commissione Vigilanza, leader della corrente dei “dialoganti”, dietro il quale da quanto si apprende, le adesioni aumentano.

Questo quando all’orizzonte c’è la prossima legge “mancia”, la quale però potrebbe non arrivare con il tradizionale emendamento notturno alla legge di bilancio nella seduta del 28 o del 3o dicembre, ma sarà rinviata nei primi mesi dell’anno prossimo, visto che le divisioni ci sono anche nel centrodestra, e la quadra non la si riuscirà a trovare in pochi giorni.

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Riavvolgendo il nastro, lo scontro è esploso a fine novembre, quando con i voti del riconfermato Marco Marsilio di Fdi, è passato un emendamento con l’elenco di erogazioni discrezionali da 14,4 milioni di euro a 1.749 beneficiari, quel che restava della legge “mancia” di fine dicembre 2023, dimezzata per mancanza di coperture. D’Amico si è fatto promotore della linea dura, per dar seguito ad una sua promessa elettorale, quella del “basta marchettificio”, e dei fondi erogati “solo con bando e criteri oggettivi”, scontrandosi con il presidente Marsilio, che nella replica in aula ha affondato i suoi colpi, sulla doppia morale dell’opposizione, che “di notte si mette d’accordo e di giorno fa la moralista”, alludendo al fatto che anche dai banchi della minoranza erano arrivate richieste di finanziamenti puntuali. D’Amico ha risposto in maniera assai timida, con un “grazie” ironico, e nulla più, ed andato via dall’aula.

Mentre Mariani, come pure il capogruppo del Pd, Silvio Paolucci, non si sono schierati come un sol uomo al fianco di D’Amico, marcando dunque di fatto una diversità di vedute. In particolare Mariani  ha tenuto a precisare che “non ho mai parlato di legge mancia, e non mi scandalizza nulla”, limitandosi ad evidenziare che occorre fissare dei fissare dei criteri e principi sul come ripartire i fondi, dando priorità ai Comuni, piuttosto che a questa o quella associazione scelta a discrezione.

Una posizione diversa rispetto a quella di D’Amico, che la legge “mancia” vorrebbe cestinarla come “pratica medioevale” e “clientelare”. Ad ogni buon conto l’intera opposizione, senza defezioni ha votato contro la legge “mancia” del centrodestra.

Ma la spaccatura è rimasta, visto che senza girarci troppo intorno anche i consiglieri di minoranza devono rispondere ai loro territori ed elettori, e desiderano dunque avere a disposizione un budget da poter utilizzare. Forte del resto nei loro confronti è la pressione di quella metà e oltre di Comuni che dalla legge “mancia” di novembre non hanno avuto nemmeno una briciola, e si lamentano anche le tante associazioni culturali, sociali, sportive e di protezione civile e pro loco escluse.

A conferma del clima teso, da quanto si apprende D’Amico avrebbe rotto i rapporti con Alessio Monaco, di Alleanza Verdi e Sinistra, con Vincenzo Menna e Giovanni Cavallari, proprio della lista D’Amico Presidente e con Enio Pavone di Azione di Calenda. Tutti e quattro sospettati di essere stati coloro che hanno cercato di ottenere qualcosa nella legge mancia, rompendo l’ordine di scuderia, imposto non senza difficoltà da D’Amico, che poi infatti in una lettera al quotidiano Il Centro, poche ore prima dell’approvazione ha tuonato, senza far nomi, contro i “consiglieri di centro-sinistra definiti dalla stampa ‘manciosi’ al pari dei consiglieri centro-destra”, invitandoli a smentire o “a rendere pubblico cosa hanno eventualmente chiesto”. Ricordandogli che sono stati “eletti con un programma chiaro sul tema”. Monaco ha comunque smentito categoricamente di aver chiesto e ottenuto qualcosa. Un accusa  che ha creato non poco nervosismo.

Insomma, potrebbe anche per il centrosinistra essere provvidenziale il rinvio della discussione sulla legge mancia ai prossimi mesi.

Resta però la vacillante leadership del campo largo da parte di D’Amico, outsider della politica, alla sua prima esperienza, e senza un partito alle spalle, che deve vedersela con partito come il Pd che non ci sta a farsi dettare esternamente una linea.

Due plastici esempi: D’Amico la settimana scorsa nella seduta della prima commissione Bilancio che ha cominciato ad affrontare la manovra finanziaria, si è detto favorevole alla Asl unica, uno degli obiettivi della seconda legislatura di Marsilio e dell’assessore regionale alla salute Nicoletta Verì. Una presa di posizione che non è affatto piaciuta ad altri esponenti della minoranza

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Ancor prima D’Amico si era detto d’accordo alla proposta del collegio unico regionale, al posto dei quattro provinciali, con la riforma della legge elettorale, altro pallino di Marsilio. E subito dopo ha preso una posizione diametralmente opposta il consigliere regionale del Pd, al suo terzo mandato, Pierpaolo Pietrucci, per il quale il collegio unico favorirà i candidati delle più popolosa costa, e i candidati che hanno maggiori disponibilità economiche necessarie a fare campagna elettorale su tutto il territorio regionale.

 

 

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