Etichette dei prodotti alimentari: troppe informazioni equivalgono a zero informazioni

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Le etichette fronte pacco dei prodotti alimentari generano confusione nei consumatori UE invece di renderli più consapevoli. Una relazione della Corte dei conti europea rileva le lacune del sistema

Foto di Victoria da Pixabay

Ancora troppe lacune sulle etichette dei prodotti alimentari

Molto spesso, su queste pagine, si è parlato dell’importanza delle etichette poste sulle confezioni fronte pacco dei prodotti alimentari. Devono essere chiare e facilmente leggibili dai consumatori, affinché siano in grado di fare scelte di acquisto consapevoli in merito a una sana alimentazione.

Tuttavia, mai come in questo caso vale il principio che dare troppe informazioni equivale a non darne affatto.

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Cosa dice la normativa UE sulle etichette dei prodotti alimentari

La normativa UE prescrive che le etichette forniscano ai consumatori alcune informazioni di base sui prodotti alimentari, ovvero devono informare sul contenuto e sulle proprietà degli alimenti.

Spesso le etichette cercano di rendere più attraente l’immagine degli alimenti e di esaltare il fatto che siano salutari, biologici o senza glutine.

A sollevare i dubbi sulla chiarezza delle etichette fronte pacco dei prodotti alimentari è stata la Corte dei conti europea, che li ha raccolti nella Relazione speciale Etichettatura degli alimenti nell’UE – I consumatori possono perdersi nel labirinto delle etichette.

Le lacune evidenziate dalla Corte dei conti europea

La Corte dei conti europea ha evidenziato alcune lacune nel quadro giuridico dell’Unione Europea, oltre a debolezze nel monitoraggio, nella rendicontazione, nei sistemi di controllo e nelle sanzioni.

Pertanto, anziché essere chiarificatrici, le etichette finiscono per essere fuorvianti, e quindi generare confusione perché poco comprensibili.

Come ha dichiarato Keit Pentus-Rosimannus, membro della Corte dei conti europea responsabile della valutazione, «le imprese sanno essere molto creative su cosa riportare sugli imballaggi e le norme dell’UE non stanno al passo con un mercato in continua evoluzione.

Circa 450 milioni di consumatori dell’UE sono quindi indifesi di fronte a messaggi volontariamente o involontariamente fuorvianti».

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L’impatto sulla salute di una normativa poco chiara

È difficile non essere confusi tra centinaia di regimi, loghi e indicazioni che il consumatore deve saper decifrare, e le lacune della normativa incidono sulla salute.

Ad esempio, le norme dell’UE permettono l’utilizzo di indicazioni nutrizionali e sulla salute anche per prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. Così, alimenti dolci, come le barrette energetiche, possono essere pubblicizzate evidenziando l’“alto contenuto di proteine”.

Nello stesso modo, si magnificano le virtù energetiche o per il recupero fisico di sostanze vegetali o botaniche senza disporre di prove scientifiche.

In queste situazioni esiste il rischio di effetti negativi sulla salute, in particolare per i soggetti allergici, di fronte a dichiarazioni vaghe come “potrebbe contenere”: nell’UE, infatti, non esiste una regolamentazione chiara in proposito.

Lo stesso discorso vale per i prodotti per vegetariani e vegani, anche se in questo caso non è messa a rischio la loro incolumità.

Manca un accordo sull’etichetta fronte pacco

Non c’è ancora un accordo sull’etichetta fronte pacco da utilizzare. A prescindere dalle ragioni delle diverse parti, sarebbe auspicabile standardizzare le norme per fare scelte più consapevoli e per prevenire eventuali malattie dovute all’alimentazione.

Pertanto, la coesistenza di indicazioni diverse ha il risultato di creare confusione nei consumatori.

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La Corte dei conti europea, inoltre, rileva la presenza dannosa di indicazioni non trasparenti.

Ad esempio, le cosiddette etichette pulite che segnalano l’assenza di determinati elementi (ad esempio, “senza antibiotici”) e qualità non certificate (come “fresco” e “naturale”). Inoltre, sono numerose le asserzioni ambientali che rappresentano solo un ambientalismo di facciata (greenwashing).

Educare i consumatori?

Educare i consumatori alla consapevolezza non sembra una questione prioritaria.

L’UE ha destinato solo circa 5,5 milioni di euro alle campagne di sensibilizzazione sull’etichettatura degli alimenti dal 2021 al 2025; le campagne di informazione per i consumatori condotte dagli Stati membri sono sporadiche.

Un esempio per tutti è l’indicazione della data sulle confezioni. È obbligatoria ma poco compresa dai consumatori: la maggior parte di essi si dichiara confusa sul significato e sulle implicazioni delle diciture “da consumare entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”.

Le imprese agroalimentari poco serie approfittano degli scarsi controlli e del sistema sanzionatorio. I controlli in genere funzionano bene per gli elementi obbligatori dell’etichettatura degli alimenti, mentre sono pochi o inesistenti per le informazioni volontarie, come le indicazioni nutrizionali e sulla salute, o sulle vendite di prodotti alimentari online.

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Infatti, è quasi impossibile controllare i siti Internet extra-UE e le sanzioni pecuniarie non sono sempre dissuasive, efficaci o proporzionate.



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