A maggio le Acli veneziane festeggeranno gli 80 anni. E lo faranno guardando, più che al passato, al futuro: sono infatti in programma dei momenti di incontro su autonomia differenziata, sanità pubblica, emergenza educativa, accoglienza e crisi ambientale: «Insomma progetti che coinvolgano i bisogni emergenti», sintetizza il nuovo presidente provinciale delle Acli Venezia Pierangelo Molena, che a GV si presenta e delinea i progetti futuri dell’associazione. Mestrino trapiantato a Martellago, la cui storia ha un piede nel Patriarcato di Venezia e uno nella Diocesi di Treviso, riflette così la struttura stessa dell’associazione che “dialoga” con un contesto pastorale afferente a territori pastorali diversi.
Chi è il nuovo presidente delle Acli di Venezia?
Le presentazioni non sono mai semplici. Sono sposato con Maria e padre di Giulia, Chiara e Angela, assieme a mia mamma “le donne della mia vita” citando un bel film. Funzionario del Comune di Venezia e, spinto dalle esperienze giovanili nella parrocchia San Lorenzo Giustiniani “la mia vera casa”, impegnato da sempre in varie attività di volontariato nonché di amministratore pubblico e dirigente politico.
Acli associazione radicata nella storia del nostro paese. Che rapporto ha con Venezia e con le nostre comunità oggi?
Le Acli sono nate nel 1944, con la liberazione di Roma dai nazifascisti. Nascono dalla Resistenza, che aveva sostenuto e animato il desiderio di una vita giusta in un paese libero. È in questo scenario che Achille Grandi promuove il Patto di unità sindacale con comunisti e socialisti, lavorando affinché le Acli rappresentino nella Cgil unitaria la corrente cristiana che esprime i valori del cattolicesimo sociale. E le Acli manterranno sempre nei decenni a venire questa vocazione unitaria. Pio XII le definisce «cellule dell’apostolato cristiano moderno» con un ruolo fondamentale nella rinascita del paese. Il 1° maggio 1955, sotto la presidenza di Dino Penazzato, la Festa del Lavoro viene riconosciuta dal Papa come “prima festa cristiana del lavoro”. È una rifondazione per le Acli che, riunitesi in Piazza San Pietro, dichiarano la loro triplice fedeltà: alla Chiesa; al mondo del lavoro; alla democrazia. A Venezia le Acli nascono nel 1945 con la liberazione di Venezia e dell’Italia. C’è una bellissima testimonianza di Pio Pietragnoli, tra i fondatori delle Acli veneziane e primo presidente provinciale, nel settimanale diocesano La Voce di San Marco di cui fu direttore, che fotografa al meglio le condizioni dei cittadini, e delle Acli, in quel drammatico periodo. Oggi, nelle nostre comunità, le Acli rappresentano una opportunità, così le voglio pensare. Un’opportunità di servizio, un’opportunità di accompagnamento contro le difficoltà e le solitudini, un’opportunità per costruire la pace. I circoli a Venezia (Cannaregio) e a Mestre, Marghera, Catene, Zelarino Quarto d’Altino e Mira sono luoghi di incontri e riflessione. Sono anche delle potenzialità e, appunto, delle opportunità che meritano di essere sviluppate.
Fede e impegno sociale: due temi che stanno molto a cuore a Papa Francesco su cui le Acli avrebbero molto da dire…
È proprio su questo che abbiamo proposto al nostro Patriarca e al vescovo Michele l’attivazione di percorsi formativi e di incontro che possano diventare degli appuntamenti per “rafforzare i fondamentali” del nostro essere “sale della terra”. Siamo assolutamente consapevoli che questo potrà essere uno dei prossimi appuntamenti. Su questo tema anche altre realtà associative hanno proposte coinvolgenti, proveremo a lavorare assieme. Il cristiano è chiamato a sporcarsi le mani o come diceva don Milani “è difficile fare del bene senza sporcarsi le mani”. Promuovere il bene e costruire la Pace saranno due cardini del lavoro del prossimo anno il cui invito sarà “il coraggio della Pace”. Su fede e impegno sociale vorremmo dire e fare qualcosa.
Che progetti ci sono in cantiere?
Le Acli, come ci ha ripetuto recentemente anche Papa Francesco, sono multiformi ed inquiete. Anche a Venezia proveremo ad estendere la nostra “multiformità” e a mantenere alta l’inquietudine. A gennaio, assieme ad Agesci, Azione Cattolica e altri ricorderemo il delicato tema delle bonifiche a Porto Marghera, a febbraio proporremo un percorso formativo sull’Ecologia integrale (per i 10 anni dell’enciclica Laudato Si’) saranno due incontri e due esperienze immersive. A maggio festeggeremo gli 80 anni delle Acli veneziane oltre che ricordare e celebrare il 1° maggio. Proporremo assieme ai singoli circoli momenti di incontro sullo stato dell’Autonomia Differenziata, sui servizi e la sanità pubblica, sull’emergenza educativa, sull’accoglienza e sulla crisi ambientale. Insomma progetti che coinvolgano i bisogni emergenti e progetti che, i singoli circoli, ritengono di dover approfondire. Un altro obiettivo di mandato è quello di aprire le porte ai giovani. Ci sono esperienze interessanti a Martellago e a Mestre con le quali potremmo dialogare positivamente.
Come immaginare il futuro dell’associazione pensando proprio ai giovani?
Le Acli hanno dimostrato una discreta capacità di rinnovamento dei propri dirigenti. Nell’ultimo congresso più della metà dei circoli hanno cambiato il presidente. Per “aprire le porte ai giovani” dobbiamo innanzitutto dimostrare di esserci e di essere attivi, accoglienti e disponibili. Sarà uno dei compiti dei presidenti di Circolo a cui noi forniremo il sostegno e la vicinanza necessaria. Non credo esista un “come” uguale per tutte le comunità. I giovani sono anche il presente dell’associazione così come della nostra società. Sono cittadini che vivono il presente con un pensiero preoccupato al futuro. La maggior sensibilità all’ambiente è un elemento importante per tutti. Le Acli dovranno avere il coraggio dei giovani.
Come vedono oggi le Acli il mondo del lavoro?
Il lavoro e ancor più la “classe lavoratrice” rappresenta come si diceva una delle tre fedeltà delle Acli e i servizi offerti nascono da quella fedeltà. La rete dei patronati e dei Caf rispondono a questo: essere a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici. Abbiamo presentato da poco una proposta che, da un lato, individui soglie quantitative di retribuzione minima, basate su standard europei e sulle condizioni di vita nazionali, per garantire una dignità economica essenziale e dall’altro, miri a un’analisi approfondita dei contratti di lavoro valutando aspetti qualitativi come la stabilità e le condizioni di impiego. Dall’incrocio di queste due prospettive nasce l’indice del” lavoro dignitoso”: un parametro che aiuta a misurare non solo l’adeguatezza salariale ma anche la qualità complessiva delle condizioni di lavoro. A Venezia e nel veneziano ci preoccupa sia il “lavoro povero” che le condizioni di sicurezza in alcuni settori. Non dobbiamo mai rassegnarci e accettare la moltitudine di incidenti sul lavoro a volte mortali. Quello resta un fronte da rafforzare nelle istituzioni. Ci preoccupa moltissimo l’ormai consolidato fenomeno dell’emigrazione di ragazze e ragazzi per cercare migliori condizioni di vita e di lavoro. In una comunità sana sia la politica che l’economia dovrebbe inquietarsi per questa situazione.
Marco Zane
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