Aerei stealth, navi anfibie e missili balistici. Xi mostra le nuove armi cinesi

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Pechino chiude il 2024 mettendo in vetrina alcuni pezzi dell’arsenale che non sono solo destinati a modificare le capacità militari della Cina, ma anche gli equilibri di potere che si basano sulle stesse

27/12/2024

Il leader Xi Jinping vuole che le forze armate cinesi, l’Esercito di Liberazione Popolare (Pla), siano pronte a combattere per vincere. Xi vuole che l’indottrinamento nazionalista su cui si basa la narrazione del “suo” Partito/Stato sia supportato anche dalla forza percepita — internamente ed esternamente — di uomini, assetti e strutture. Anche a questo servono le continue campagne di controllo — e punizione — delle gerarchie spesso corrotte, perché non è possibile far percepire messaggi di efficienza ed efficacia se il sistema è un colabrodo di raccomandazioni e mazzette.

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In queste ore le notizie, non solo dei media specialistici, sono catalizzate per esempio dalle immagini di quello che sembra un test di un nuovo velivolo stealth, altamente avanzato e senza superfici di coda. Questo caccia — le cui foto sono circolate sui social network, forse frutto di un leak, forse di una forma di infowar — potrebbe essere parte della Next Generation Air Dominance (Ngad) cinese, un’iniziativa che rispecchia quella degli Stati Uniti nell’ambito di una competizione continua e profonda. La configurazione senza coda migliora la furtività, soprattutto contro radar multifrequenza, e la capacità di operazioni prolungate ad alta velocità e altitudini elevate, spiegano i tecnici che hanno analizzato i filmati. In sostanza, si tratta di un caccia di sesta generazione — simile a quello del programma Gcap, che sta sviluppando anche l’Italia — che aumenterà quell’efficienza e quell’efficacia delle forze, nel caso aeree, cinesi. Tuttavia, la mancanza di sistemi di controllo avanzati, come i motori a vettorazione di spinta, potrebbe ridurre la manovrabilità del velivolo, pur confermando il suo design prioritario per missioni di lungo raggio, fanno notare sempre gli specialisti.

Questo sviluppo, su cui in realtà non c’è niente di chiaro e soprattutto ufficiale, evidenzierebbe una maturità tecnologica sorprendente per un programma di sesta generazione. Mentre tutte le analisi e le valutazioni sono in divenire, va anche ricordato che è noto che la Cina sta investendo pesantemente in tecnologie emergenti come intelligenza artificiale, computazione quantistica e capacità autonome, che potrebbero integrare piattaforme aeree di questo tipo, e magari aiutarne i calcoli per lo sviluppo.

Ad aggiungere valore al quadro di modernizzazione tecnologica tra i cieli, la Cina ha recentemente effettuato il primo volo del KJ-3000, un aereo di allarme rapido e controllo (Awacs) basato sulla piattaforma del trasporto strategico Y-20B e dotato di motori WS-20. Dotato di radar avanzati con antenne conformi, il KJ-3000 rappresenta un significativo passo avanti nella capacità di rilevare velivoli stealth nemici e altre minacce a lungo raggio, rafforzando ulteriormente il controllo aereo cinese in scenari di conflitto regionale.

Contemporaneamente, con un video ultra-propagandistico, Pechino ha raccontato il lancio della nave d’assalto anfibio Type-076, dotata di un sistema elettromagnetico per il decollo di droni e caccia. È un ulteriore passo avanti nella proiezione di potenza, in questo caso della marina cinese (Pla-N). Questa classe di navi potrebbe agire sia come supporto alle portaerei, sia come fulcro di forze anfibie autonome, estendendo l’influenza cinese nelle acque del Pacifico e oltre.

Chiaro che il primo pensiero vada a Taiwan. Finora Pechino non è adeguatamente attrezzata per compiere un’invasione rapida e di successo di quella che considera una provincia ribelle da annettere al mainland, secondo le informazioni che (anche con interesse) sono state diffuse dal Pentagono in questi anni. Tuttavia, l’evoluzione rapida a cui stiamo assistendo assottiglia significativamente l’orizzonte temporale per il raggiungimento delle capacità necessarie a un eventuale attacco. La deadline è fissata al 2027, per quanto noto: ma questo non significa che siamo in una fase di countdown, piuttosto che Xi vuole ottenere entro quella data la preparazione necessaria ad agire. E tutto parte di una strategia che si inserisce nella crescente competizione nell’Indo-Pacifico, e di una costante campagna di pressione su Taipei e sui suoi partner.

Pechino vuole rendere ineluttabile il destino cinese dell’isola, rafforzando la percezione di una soluzione inevitabile. Tuttavia, finora questa attività, in corso da anni, non sta funzionando: anzi, all’opposto ha rafforzato le posizioni ultra-autonomiste, con la necessità del mantenimento dello status quo, che è ormai condivisa da tutto l’arco politico, sebbene con diverse sfumature, perché è ormai totalmente diffusa tra i taiwanesi.

Anche per questo, mettere in vetrina in modo più sfacciato le proprie armi è attualmente più centrale nel racconto di sé che la Cina propone, frutto anche di un certo nervosismo per non essere riuscita nel promuovere una “rivoluzione culturale pro-cinese”, a Taiwan come altrove. E frutto anche della volontà di mantenere il controllo nella narrazione nazionalistica totale che avvolge il Partito/Stato, per: mantenere stabilità attorno al potere, controllare le masse, spingere i consumi interni (leva individuata per risollevare l’economia) e diffondere uno storytelling da potenza globale solida, capace, efficace ed efficiente.

Non a caso in questi giorni è stato anche diffuso il video di test di un missile balistico anti-nave contro una replica di una portaerei statunitense, che sottolinea la volontà della Cina di sviluppare capacità di negazione dell’accesso (A2/AD) avanzate attorno al proprio territorio. Questo è un messaggio diretto agli Stati Uniti e ai loro alleati che operano nell’Indo-Pacifico, il quale si abbina a tutto il resto: Pechino vuol dimostrare che sa difendersi e attaccare, con un arsenale in continua crescita che le garantisce maggiore flessibilità strategica.

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I progressi tecnologici comportano aumenti del budget, però, e con un’economia non più lanciata, la Cina deve affrontare pressioni e creare giustificazioni per rendere accettabili certi investimenti strategici ai cittadini. Sebbene la spesa ufficiale per la difesa sia stata aumentata del 7,2% nel 2024, la sua trasparenza resta scarsa, e analisi terze suggeriscono che l’importo reale potrebbe essere del 40-90% superiore a quello dichiarato, raggiungendo cifre simili alle statunitensi. Va comunque ricordato che la Cina dipende ancora dalle importazioni per alcune tecnologie avanzate, come i motori aeronautici, e che sfide nella gestione logistica e nel comando congiunto limitano ancora il potenziale complessivo delle forze armate cinesi. I dettagli e i dati del nuovo caccia ci daranno ulteriori informazioni anche in questo senso.



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