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Un’evoluzione rapida e dirompente, quella della società fintech tedesca che oggi conta oltre 35 miliardi in gestione. A raccontare il percorso dell’azienda è Julian Collin, manager di Trade Republic
Tecnologia al servizio degli investitori, o per meglio dire utenti: quattro milioni sono quelli che hanno scelto di affidarsi alla fintech Trade Republic nel mondo. Abbiamo intervistato Julian Collin, director of growth & general manager international markets dell’azienda, per capire come sta evolvendo il mondo investimenti tra i giovani.
Quali le sfide nel far crescere una fintech in Europa?
“La prima grande sfida per una fintech europea è quella normativa. Noi gestiamo miliardi di asset dei nostri clienti. Le sfide regolamentari che il fintech affronta sono positive, perché se quei soldi venissero persi per una cattiva gestione sarebbe un problema. Certo rende le cose più difficili e se potessi desiderare qualcosa, vorrei una regolamentazione più armonizzata tra i vari Paesi. Oggi il cliente medio di Trade Republic ha circa 10mila euro nel suo conto, sono molti soldi, e l’età media è di 30-35 anni. Gestiamo una porzione significativa dei risparmi dei nostri clienti, quindi è fondamentale che il capitale sia sempre protetto”.
Come reagiscono le banche alla vostra espansione?
“Curiosamente, molte banche non stanno reagendo affatto. Un esempio è la nostra offerta sugli interessi. Noi trasferiamo al cliente il tasso Bce, senza fare distinzioni tra nuovi o vecchi clienti, e tutto è gratuito. Nessun istituto di credito fa questo: spesso offrono promozioni per attirare nuovi clienti, ma una volta dentro le condizioni peggiorano dopo sei mesi. Il motivo è che non hanno la nostra efficienza nei costi, quindi non possono permettersi di trasferire questi tassi ai clienti. Ciò che vediamo è che, grazie al successo nel brokerage, molte grandi banche stanno iniziando a promuovere questo servizio, ma quando si tratta di sviluppare nuovi prodotti vediamo pochi progressi da parte loro. La maggior parte dei cambiamenti proviene da giovani fintech o aziende più piccole.
Si può davvero sostituire la tecnologia all’interazione umana negli investimenti?
“In realtà, col tempo, chiunque utilizzi la nostra piattaforma, anche solo per la carta di debito, diventerà un investitore e capirà come funzionano i mercati. Molte persone hanno timori perché non conoscono nessuno che investe. Noi vogliamo ridurre questa paura, in un certo senso sovvenzionando il cliente. Se mi chiedi di cosa sono più orgoglioso dopo cinque anni e mezzo trascorsi in Trade Republic, citerei il fatto che il 70% dei nostri clienti sono investitori alle prime armi.
Non avevano mai investito prima. Per generare un impatto positivo, abbiamo collegato il mondo degli investimenti a quello delle spese quotidiane: ogni volta che utilizzi la nostra carta per un acquisto, come comprare un paio di scarpe da 200 euro, con un meccanismo di cashback l’1% dell’importo viene indirizzato in un piano di risparmio o in un asset a scelta. In pratica, ogni volta che utilizzi la carta, diventi automaticamente un investitore. Questo è un grande cambiamento rispetto alle altre società fintech”.
Quali misure politiche servono per preparare i giovani alla pensione?
“Secondo me la prima cosa da chiedere ai governi è quella di parlare più apertamente dell’importanza dell’educazione finanziaria e dell’investimento. Trovo estremamente strano che nelle scuole non venga insegnato come gestire il denaro, dato che di fatto i soldi hanno un ruolo chiave nella vita di tutti noi.
È un peccato che le persone debbano imparare a farlo da sole, che sia a 25 anni o, come nel caso di mia madre, a 60 anni quando ha iniziato a investire. Penso che la situazione sarebbe diversa se questo venisse insegnato a scuola, tutti sanno che prima si inizia e meglio è”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di novembre del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.
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