Cecilia Sala arrestata in Iran, l’ipotesi ritorsione del regime per il trafficante di droni fermato in Italia

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Una semplice coincidenza temporale o una ben più preoccupante ritorsione? Bisogna guardare alle date per provare a spiegarsi l’arresto a Teheran di Cecilia Sala, la giornalista italiana fermata dalla polizia iraniana giovedì 19 dicembre, ultimo giorno di lavoro nel Paese dell’Ayatollah Khamenei prima di fare ritorno in Italia.

Quel giorno il telefono di Sala, collaboratrice de Il Foglio e autrice del podcast ‘Stories’ per Chora Media, smette di essere raggiungibile: la polizia la preleva in albergo nella capitale e la accompagna nel carcere di Evin, alla periferia di Teheran, la struttura nota per essere la prigione dei dissidenti e degli stranieri, lì dove due anni fu segregata per 45 giorni la blogger romana Alessia Piperno.

Sala era giunta in Iran il 12 dicembre, con regolare visto giornalistico, per intervistare esponenti della società civile iraniana: tra questi la stand up comedian Zeinab Musavi ma anche Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie.

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Sette giorni dopo, alla vigilia della ripartenza, l’arresto senza una motivazione formale: il fermo sarebbe arrivato per “comportamenti illegali” non meglio specificati. Dal carcere di Evin Sala riesce ad effettuare due telefonate, ai genitori e al compagno, il giornalista de Il Post Daniele Raineri, mentre ieri ha ricevuto la visita dell’ambasciatrice italiana a Teheran Paola Amedei: le sue condizioni sono buone, ma a tutti ha chiesto di “fare presto”, di farla uscire da quel carcere.

Ma perché Sala è stata sbattuta nel carcere dei dissidenti? Una delle ipotesi è che l’arresto il 19 dicembre della giornalista italiana sia legato ad un episodio avvenuto tre giorni prima nell’aeroporto milanese di Malpensa.

Nello scalo lunedì 16 dicembre è stato arrestato un cittadino dalla doppia cittadinanza svizzera e iraniana, Mohammad Abedini-Najafabadi, 38enne accusato dal tribunale di Boston di “associazione a delinquere finalizzata alla violazione dell’International Emergency Economic Power Act, e per la fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera”.

In sostanza, come spiega il Corriere della Sera, l’uomo è accusato di aver creato una società di comodo attraverso cui sarebbero transitati i droni utilizzati dalle Guardia rivoluzionarie del regime, i pasdaran, per colpire una postazione militare in Giordania il 28 gennaio 2024. In quell’occasione morirono tre soldati Usa, altri 40 rimasero feriti. Per questo Abedini-Najafabadi era stato segnalato con una “red notice” sui terminali della polizia di frontiera.

Nel bagaglio che aveva con sé quando è stato arrestato, la Digos di Milano ha sequestrato documenti e componentistica elettronica per droni. Per questo l’uomo si trova in carcere a Busto Arsizio, in regime di stretta sorveglianza, in attesa che la Corte di Appello di Milano decida sulla sua estradizione chiesta dalle autorità Usa. Negli Stati Uniti è stato arrestato anche il suo presunto complice Mahdi Mohammad Sadeghi: per entrambi gli arresti l’Iran ha protestato con i due governi, segno della vicinanza dei due al regime.

Tramite il suo legale, l’avvocato Alfredo De Francesco, il 38enne fermato a Malpensa respinge ogni accusa: “Dall’analisi dei documenti in mio possesso pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare”, spiega l’avvocato.

Un legame, quello tra l’arresto a Teheran di Cecilia Sala e quello a Malpensa di Mohammad Abedini-Najafabadi, che il ministro degli Esteri sostanzialmente smentisce.

Per il titolare della Farnesina Antonio Tajani il governo “sta lavorando per liberare Cecilia Sala, è inutile che si facciano dietrologie”. Quanto ad Abedin infatti, il vicepremier sottolinea che il suo avvocato “ha avuto la possibilità di conoscere i capi di imputazione, ma sono capi di imputazione che vengono da un mandato di cattura internazionale: l’Italia non è competente per il procedimento penale di questo iraniano. C’è stato un mandato di cattura e poi si vedrà l’estradizione, sarà la magistratura a decidere. Al momento è trattenuto in carcere ma con tutte le garanzie che spettano a un detenuto non italiano”.

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