Inoltre, i redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano (art. 144 comma 1 del TUIR).
Per la determinazione dei redditi delle singole categorie, agli enti non commerciali si applicano le disposizioni del Titolo I del TUIR relativo ai soggetti IRPEF, salvo quanto disposto dalle norme espressamente destinate agli enti non commerciali residenti, rinvenibili al Titolo II, capo III, del medesimo TUIR.
Per le cessioni di partecipazioni effettuate dagli enti non commerciali, quindi, è necessario distinguere tra:
– partecipazioni realizzate nell’ambito dell’attività di impresa;
– plusvalenze realizzate nell’ambito dell’attività non commerciale.
In merito alle plusvalenze realizzate in regime d’impresa, la risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate 24 gennaio 2023 n. 158 e la circolare n. 36 del 4 agosto 2004 hanno precisato che:
– possono avvalersi della participation exemption gli enti pubblici o privati residenti che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
– tali enti determinano il reddito complessivo secondo l’art. 8 del TUIR.
Affinché una cessione di partecipazioni possa beneficiare della participation exemption, quindi, occorre che l’operazione rientri nella produzione di reddito d’impresa.
A questi fini, rileva quanto disposto dall’art. 55 del TUIR, per il quale costituiscono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali ovvero l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c. anche se non organizzate in forma d’impresa.
Nonostante si tratti di una condizione determinante, l’Agenzia delle Entrate non interviene espressamente sulla qualificazione della partecipazione ceduta come relativa all’attività imprenditoriale dell’ente.
La risposta n. 158/2023, invece, conferma che, per le cessioni di partecipazioni effettuate in regime di impresa, l’esenzione delle plusvalenze spetta secondo le norme previste dall’art. 58 del TUIR in relazione ai soggetti IRPEF.
Non si applica, quindi, l’esenzione al 95% della plusvalenza nonostante l’ente non commerciale risulti assoggettato a IRES.
In sostanza, le plusvalenze realizzate su partecipazioni detenute in regime d’impresa non concorrono alla formazione del reddito imponibile degli enti non commerciali, in quanto esenti, limitatamente al 41,86% del loro ammontare. La stessa percentuale si applica per la determinazione della quota delle corrispondenti minusvalenze non deducibile dal reddito imponibile (art. 2 del DM 26 maggio 2017).
Anche per gli enti non commerciali restano fermi, naturalmente, i requisiti richiesti dall’art. 87 del TUIR ai fini dell’applicazione della participation exemption, ossia:
– ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente (art. 87 comma 1 lett. a) del TUIR);
– classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso (art. 87 comma 1 lett. b) del TUIR);
– residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli considerati a regime fiscale privilegiato (art. 87 comma 1 lett. c) del TUIR);
– esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55 del TUIR (art. 87 comma 1 lett. d) del TUIR).
Merita un commento, infine, l’ultimo passaggio della risposta n. 158/2023, in cui si afferma che, “qualora la partecipazione non sia effettivamente qualificabile come relativa all’impresa (…), la plusvalenza dovrà concorrere al reddito complessivo dell’istante come reddito diverso, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-bis), del Tuir, nella misura determinata ai sensi dell’articolo 68 del medesimo Testo unico”.
Si tratta di un paragrafo non chiarissimo, ma che comunque non dovrebbe mettere in dubbio l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%ex art. 5 del DLgs. 461/97 sul capital gain che si produrrebbe in questo caso.
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