Le tendenze moda del 2025 più belle dalle sfilate

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Trasformare la confusione e il caos in un sostegno. Convertire la complessità in look. Fare del massimalismo un pregio. Una moda insomma. Le tendenze, così come una certa riflessione autocritica sulla necessità o vacuità di tutto ciò nel nome di un generale “è bello ciò che piace”, e non ciò che fa tendenza, hanno accompagnato, come di consueto, le passerelle dedicate alle stagioni del 2025. Ma raramente si è vista una tale intersezione di piani. Un gomitolo di fili intrecciati, singolarmente individuabili in capi, accessori ed elementi, complessivamente avviluppati tra loro: tale è l’immagine che gli stilisti hanno restituito dell’anno a venire. Il punto delle sfilate del 2025 è stato, insomma, quello di prendere le diverse realtà, o surrealtà, della moda contemporanea e mescolarle insieme.

Ne è risultato un felice luogo creativo, un melting pot di cut-out, asimmetrie, animalier, Vecchio West, scintillanti grafiche anni Settanta, bouquet di fiori, volumi rinascimentali, lingerie, trasparenze e sobrie abbottonature. Un tutti contro tutti che, in una coincidenza apparentemente insensata di opposti, ha regalato look disinvolti, nuovi, finalmente. Un New Look, avrebbe suggerito Carmel Snow. Una mescolanza atta a ribaltare convenzioni e preconcetti: immaginiamo, ad esempio, il formale – come un tailleur in tweed con finiture perlacee – reso casual – perché abbinato a un paio di pantaloni in tessuto tecnico. E, viceversa, il formale reso casual, come abiti-cappotto apparentemente castigati, con orli tagliati in un gesto irriverente verso il mondo. Si tratta di strategie per uscire dalla routine, dalle consuetudini calendarizzate dall’orologio delle mode, per vedere il mondo da angolazioni diverse. Una mono-tendenza al nuovo, variamente declinata in massimalismi, asimmetrie, opposizioni, discese negli archivi e riemersioni da luoghi dell’altrove. Ecco quindi le cinque strategie – per variare dal troppo inflazionato “tendenze” – che abbiamo osservato in oltre duecento sfilate e oltre un mese di moda. Ecco cosa ci aspettiamo dal 2025.

L’Estetica degli Opposti

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Procedura celere

 

Estrop//Getty Images

Miu Miu, Primavera Estate 2025

L’ammissione che un tailleur bouclé jolie madame in bianco e nero possa affiancare una giacca in nylon, che gioielli brillanti possano accostarsi a ciabattine di pelo, colletti rinascimentali a elementi dell’ athleisure moderno, in una comunione di ossimori e opposti, fra attrazione e reciproca repulsione, è stata forse la migliore idea del mese. Lo abbiamo visto sulla passerella di Miu Miu dello scorso settembre, dove polo aderenti si abbinavano ad ampie gonne a ruota, mentre reggiseni con bretelle fuoriuscivano come volant da maglioni stretti in vita a mo’ di bustier. L’estetica degli opposti è stata abbracciata anche da Nicolas Ghesquière, direttore creativo di Louis Vuitton, di cui si ricordano le giacche grandieur con maniche da cortigiano, che parevano tratte direttamente da una cartolina del sedicesimo secolo, abbinate a pantaloni da ciclista. In una magistrale decostruzione del classicismo francese, Chitose Abe di Sacai ha seguito le orme di Miuccia Prada e Ghesquière: tornano le maniche a sbuffo e i mocassini della tradizione parigina, ma ora abbinati a gonne multi-tasche a vita bassa a mostrare l’ombelico per via di una camicia dall’orlo troppo corto. Sì alla tradizione, ma alla maniera del 2025, dunque.

Demure Vs Lingerie

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Balenciaga, Primavera Estate 2025

Da una parte, capi aggraziati, educati, rispondenti all’etichetta di quel che comunemente chiamiamo “buon gusto”. Dall’altra, l’esaltazione dell’eros con “defilé in déshabillé”, con collezioni che paiono flirtare con la nudità per esaltare l’eros. Da una parte, pizzi, colletti, cuciture principessa, fiocchi, rouge e organze; dall’altra, reggiseni, giarrettiere, slip e body. Nella dialettica visiva della moda 2025, demure e lingerie sono le due principali voci in conversazione. Il primo termine fa riferimento a un modello estetico di modestia e moderazione, che veste le lunghe gonne di Simone Rocha, le sottovesti bianche di Cecilie Bahnsen, le mantelline plissettate di Chloé o gli abiti sognanti di Gabriela Hearst. Il secondo, a una nuova espressione del piacere e del desiderio vestimentario, ravvisabile nei completi trompe-l’œil di Balenciaga, nei reggiseni sagomati di Stella McCartney, nella biancheria in vista di Hermès o nelle spaccature laterali degli abiti di Victoria Beckham.

Volumi e Anomalie

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Victor Virgile//Getty Images

Duran Lantink, Primavera Estate 2025

La nostra quotidianità, sostiene Junya Watanabe, ha bisogno di abiti anormali, di fragorosi massimalismi, di stili impegnati ad assorbire ogni possibile immaginario, presente e futuribile. E una tale voracità di intenti, non può che tradursi in un armadio fagocitante, voluminoso e volutamente “extra”. La teoria di Watanabe è sostenuta anche dal collega Duran Lantink, vincitore del Karl Lagerfeld Prize 2024, che per la Primavera Estate 2025 ha proposto infinite variazioni di un capo base come la T-shirt bianca, ora rivitalizzata dal tema dell’esagerazione delle forme. Il che può essere compendiato da una frase dello stesso Lantink: “Il quiet luxury è così noioso, no?”. Il 2025 sarà, in definitiva, l’anno del doveroso abbandono di una moda silenziosa, dove quel poco di sobrietà ladylike che rimane si mescola a pizzi e lingerie, dove i tessuti si gonfiano in una psichedelia di volumi tutt’altro che quiet.

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Immergersi negli Archivi

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Antoine Flament//Getty Images

Valentino, Primavera Estate 2025

L’autocitazione, ovvero il ritorno all’archetipo che ha fatto delle Maison più durature quello che sono oggi, è stato fra i dispositivi maggiormente impiegati nelle collezioni del nuovo anno. L’Heritage, vale a dire quell’aura di sicurezza emanata dal patrimonio archivistico di un brand, è stato oggetto di rivisitazioni, di riscritture in nuovi capitoli, sempre mosse dal filo conduttore della storia e della necessità di una rottura rispetto a essa. Mantenere in vita il racconto è, di fatto, la grande sfida di ogni brand che non voglia cedere il passo all’archiviazione definitiva. Ed è proprio a tal fine gli stilisti sono chiamati a immergersi nei vecchi cataloghi, per attingervi quel che ancora corrisponde, o risuona, nella contemporaneità, amalgamandolo col nuovo. Lo hanno fatto, tra gli altri, Sabato de Sarno da Gucci, con lunghi abiti scivolati tratti dalla collezione Autunno Inverno 1996 disegnata da Tom Ford, ora arricchiti con choker in bambù e orli al pavimento. Ma anche Alessandro Michele, che dagli archivi di Valentino è riemerso con bauli stracolmi di nappe, pompon, balze, ricami, nastrini, pois e righe, immessi in look da revival moderno.

La Grazia dell’Asimmetria

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Justin Shin//Getty Images

Coperni, Primavera Estate 2025

Immaginate gonne avvolgenti con un eccesso di stoffa a coprire una sola delle due gambe, come se qualcuno, nel provare una gonna e un pantalone, fosse rimasto bloccato nel mezzo dell’azione. Ma anche giacche oversize tagliate per traverso, abiti scintillanti in metallo con copricapi talmente aguzzi e pesanti da sembrare aculei, senza apparente corrispondenza di stile. Poi, top a una sola manica, accompagnati, nel 2025, a pantaloni monogamba. Per questi ultimi si tratta forse della maggiore espressione di asimmetria in moda, proposta nel 2025 da Bottega Veneta, Louis Vuitton, Coperni, Courrèges e Rick Owens. Orli irregolari, stili lasciati a metà e calzature spaiate rientrano nella comune macro-tendenza dell’asimmetria, ben espressa nell’interrogativo aperto di Ksenia Schnaider, co-fondatrice del brand omonimo: “Perché tutto deve essere perfettamente bilanciato?”

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