L’AQUILA. Piccoli imprenditori che fanno i conti con la crisi e le difficoltà del post-sisma. Imprese minori soffocate da aziende consolidate che non pagano i lavori in subappalto. Su tutti, la scure di Equitalia con oltre 58mila cartelle relative a sanzioni e tributi iscritti al ruolo, a carico di 42mila contribuenti. E chi non ce la fa si vede negato il Durc per accedere a pagamenti e appalti futuri.
E tutto questo, mentre grandi aziende del nord si tuffano nel calderone di quello che dovrebbe essere il più grande cantiere d’Europa, per ripulire i bilanci dai debiti contratti altrove. Un corto circuito nell’economia dell’area del cratere che rischia di avere forti ripercussioni sulle condizioni socio-economiche e sulla situazione lavorativa di migliaia di persone, in un contesto provinciale in cui le ore di cassa integrazione sono passate dalle 70mila del 2008 a 1 milione del 2013.
IL QUADRO. I nodi principali sono due, la certezza sui fondi per la ricostruzione e il quadro normativo relativo alle agevolazioni fiscali del post-sisma. Naturalmente, i ritardi nell’erogazione dei contributi nella ricostruzione privata e nella progettazione degli interventi nel pubblico, producono ripercussioni su tutta la filiera. Le Associazioni temporanee di impresa riducono gli investimenti e le aziende subappaltatici restano schiacciate tra le commesse e il committente. Altra questione è quella legata al quadro normativo relativo alla questione tributaria prima e dopo il sisma. Perché tra le cartelle di Equitalia ci sono tasse iscritte al ruolo che fanno riferimento a periodi antecedenti il 6 aprile 2009, mai notificate a causa delle difficoltà logistiche legate allo stato di emergenza.
LA LEGGE. A questo punto, però, la questione si gioca sulla possibilità di ottenere o meno agevolazioni fiscali alla pari degli altri terremoti recenti, con imposte e tasse ridotte al 40%, così come indicato dalla legge 182/2011. «Il problema però», spiegano le consulenti tributariste Laura Buonpensiero e Monia Buontempo, «è che in Italia i regolamenti interni al singolo ente superano addirittura la legge». Così, Inps e Inail hanno provato a darsi un altro orientamento, pretendendo la restituzione delle tasse al 100%, con delle circolari interne. Circolari, comunque, impugnate attraverso un ricorso al Tar presentato da Gran Sasso acqua spa, Edilfrair, Ance, Confindustria, Apindustria Pmi, Confcommercio, Coldiretti, e Cia. Una partita ancora aperta che si gioca a tutto campo, anche in sede europea.
L’UNIONE EUROPEA. E questo perché per Bruxelles, agevolazioni di questo tipo sono considerate dei veri e propri «aiuti di Stato», dunque illegittimi e non dovuti in quanto favorirebbero la concorrenza sleale delle imprese locali nei confronti di altre imprese in Italia e all’Estero. Ora, che in Europa in tanti avessero delle idee un po’ quadrate, lo si era capito. Se non altro per le crociate contro il bidet. Tuttavia, quanto è inopportuno parlare di concorrenza sleale quando si ha a che fare con aziende rimaste inattive per molto tempo.
«Come si fa a dire alle Sorelle Nurzia, ferme per così tanto tempo, che possono entrare in competizione con la Pernigotti se si concede il 40%?», commenta il tributarista Luigi Fabiani. «Le imprese di questo territorio sono state penalizzate da una catastrofe epocale, che ha cancellato il sistema economico di questa terra. Guardando oltre il terremoto, se pensiamo a esempio a quello che è successo in Sardegna, non possiamo non considerare la possibilità di incentivi fiscali a sostegno dei tanti imprenditori e allevatori che operavano nelle aree colpite dall’alluvione».
In realtà, la colpa non è solo di Bruxelles, anche perché, proprio in sede europea, il governo italiano aveva omesso di notificare l’agevolazione. Di fatto, le circolari di Inps e Inail puntavano a chiedere tutto e subito, limitando l’applicazione delle agevolazioni ai soli soggetti compresi nella soglia de minimis. Il che faceva restare fuori migliaia di imprese e partite Iva. «Come se si potesse fare una distinzione tra persone fisiche e imprese», spiega ancora Laura Buonpensiero, «la situazione in realtà è molto più complessa e, forse, per venirne fuori, abbiamo bisogno di un confronto a tutto campo, in quanto quello che manca al momento è una linea guida comune. L’Agenzia delle entrate sta facendo la sua parte attraverso lo sportello sisma. È chiaro però che le decisioni vengono prese a Roma ed è difficile che un ente possa pronunciarsi senza delle indicazioni certe che possono solo arrivare dal mondo della politica».Si fa strada, tra gli addetti ai lavori la richiesta di un confronto per arginare questo blocco, tra vincoli e burocrazia. Elementi che possono provocare dei costi aggiuntivi non indifferenti.
LA MORSA. Facciamo un esempio, su una cartella esattoriale di 17mila euro del 2006, tra interessi di mora e rateizzazioni (si possono chiedere fino a 120 rate) si arriva a pagare fino al 36% in più. E chiedere questo a un piccolo imprenditore significa metterlo in crisi. Se gli adempimenti tributari non sono in regola si perde la possibilità di fatturare e quindi di incassare. Una situazione di stallo per decine di artigiani, a partire da elettricisti e idraulici che svolgono dei servizi essenziali nella ricostruzione.
Fabio Iuliano
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