IVA: tra novità del 2024 e attese per il 2025

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L’anno che sta per concludersi aveva preso l’avvio per accogliere le modifiche sostanziali previste dalla delega per la riforma tributaria.

Tenendo conto che la legge IVA è subordinata al recepimento delle direttive unionali, il testo che il Comitato di esperti del MEF aveva messo a punto sin dal 19 settembre del 2023 era finalizzato al corretto recepimento delle disposizioni europee, non presenti nella nostra legislazione o inserite in netto contrasto. Una per tutte la disposizione dell’art. 6 c. 3 DPR 633/72, che individua l’effettuazione, cioè il fatto generatore, nel pagamento della prestazione, mentre la direttiva individua questo momento nell’ultimazione del servizio o nelle scadenze periodiche.

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Questa razionalizzazione della norma italiana non è andata avanti per il timore che potesse comportare la necessità di una copertura finanziaria, ma questo aspetto non era affatto presente nel corretto recepimento della direttiva.

Lo stesso dicasi per le nuove aliquote IVA, configurate dalla Dir. UE 542/2022: questa lunga vacatio era stata concessa proprio per bilanciare le possibili variazioni nei due sensi. Il tema delle aliquote non più solo interno: dal 1° luglio 2021 i venditori che spediscono beni ai consumatori del nostro Paese devono conoscerle per applicarle correttamente.

Anche qui siamo completamente fermi: ad oggi non disponiamo nemmeno dei testi da sottoporre al parere delle Commissioni parlamentari.

Le novità IVA del 2024

Qualcosa, però, si è fatto nel 2024. In materia di adempimenti, partiamo con il D.Lgs. 1/2024, che ha integrato il DPR 100/98, cioè il regolamento per le liquidazioni periodiche, modificate dalla riforma della legge IVA del 1° gennaio di quell’anno. In particolare, l’art. 25 DPR 633/72 era stato modificato per individuare la registrazione degli acquisti non come obbligo, ma onere, cioè la condizione per esercitare il diritto di detrazione.

È sempre rimasta ferma la struttura dell’imposta dovuta sulle operazioni attive: devono concorrere alla liquidazione anche se non fatturate e non registrate. Ovvio che questo vincolo non riguardi, di regola, il contribuente, che ignora anche in sede di liquidazione le operazioni che non ha documentato. Giustamente questo concorso alla liquidazione è rimasto per consentire la rettifica in aumento da parte dell’amministrazione finanziaria.

Il provvedimento che stiamo commentando non ha modificato il vincolo di registrazione degli acquisti entro l’anno di effettuazione dell’operazione, anche se la fattura fosse pervenuta successivamente. La possibilità di scegliere, in questo caso, l’anno in cui esercitare la detrazione è prevista dalla legge delega (L. 111/2024), e quindi la vedremo quando ci sarà permesso dalle nuove norme di riforma.

Tornando alle disposizioni introdotte dal D.Lgs. 1/2024, troviamo:

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  • l’aumento a 100 €, dalle ex 50.000 lire, del versamento minimo in sede di liquidazione periodica;
  • l’obbligo di eseguire questo versamento, unitamente a quello del periodo successivo, entro il 16 dicembre di ogni anno. Se questo importo ridotto riguarda il mese di dicembre, deve comunque essere versato entro il 16 gennaio dell’anno successivo.

Per i contribuenti trimestrali viene correlativamente modificato l’art. 7 c. 1 lett. a) DPR 542/99, stabilendo il versamento al 16 dicembre degli importi inferiori al minimo periodico.

Significativa è anche la disposizione dell’art. 14 D.Lgs. 1/2024, che eleva da 50.000 a 70.000 l’esonero dal visto di conformità per i crediti IVA, nel caso in cui il contribuente abbia un indice di affidabilità (ISA) superiore a quelli stabiliti con provvedimento dell’Agenzia delle entrate. L’ultimo provvedimento (22 aprile 2024) ha individuato questa soglia ad almeno 8 punti ISA.

Tra le questioni minori trattate dal D.Lgs. 1/2024 abbiamo la procedura per il trasferimento al cliente della sua documentazione di cui il professionista sia depositario, con particolare riferimento al caso in cui non sia possibile effettuarne la consegna.

Un punto aperto, che prima o poi si dovrà chiarire, riguarda i documenti propri dello studio professionale, quando il titolare intenda chiudere l’attività. I notai li depositano all’archivio notarile; i professionisti contabili non sanno come fare. Se ne parla da almeno trent’anni, ma la soluzione appagante non è all’orizzonte.



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