Inquinamento e multa europea, i veneti rischiano l’aumento sulle tasse per i Pm10 e No2

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Fosse solo Roma, con le sue richieste di contributo di finanza pubblica. E poi quel macigno della Pedemontana, che Zaia sta provando in tutti i modi ad affidare alla competenza dello Stato. Non è soltanto questo. Perché adesso ci si mette pure l’Europa a tartassare le casse pubbliche.

Il caso 

E non per un capriccio, beninteso. Ma come punizione a uno Stato che, nonostante le continue sollecitazioni, rimane sordo alle necessità di invertire il trend in materia di inquinamento dell’aria.

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E così martedì scorso i referenti delle Regioni italiane meno virtuose – per il Veneto c’era Luca Marchesi, direttore generale dell’area Tutela e sicurezza del territorio – sono stati convocati a Roma, per conoscere le ultime novità: attualmente il nostro Paese è destinatario di ben tre procedure di infrazione europea, per avere sforato i limiti di PM10, PM2.5 e biossido di azoto (NO2).

E adesso è arrivato il conto: una sanzione da 160 milioni di euro, intestata allo Stato, che, però, pare abbia tutte le intenzioni di rivalersi sulle regioni.

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«Del resto, lo ha già fatto, chiedendo alle quattro regioni del bacino padano – Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte – di riscrivere i rispettivi piani dell’aria, nonostante le procedure di infrazione riguardino agglomerati urbani che non necessariamente insistono su quell’area» fa presente Luigi Lazzaro, presidente veneto di Legambiente. E quindi ecco servita un’altra possibile batosta per le già esegui casse della Regione.

Cosa rischia il Veneto 

Il Veneto, è giusto precisarlo, ha risposto alle sollecitazioni dell’Europa mettendo mano al suo piano dell’aria, che dovrebbe tagliare il traguardo all’inizio del prossimo anno.

«Ma molte delle azioni che sarebbero necessarie sono di prerogativa dello Stato – dice Lazzaro – Ad esempio, una Regione non può imporre di abbassare il limite di velocità nelle strade ad alta percorrenza, quando la qualità dell’aria è particolarmente scadente; ma è dimostrato che questa misura sarebbe efficace. Né può togliere dal commercio le stufe a legna che non rispondono ai più alti criteri di qualità ambientale» fa presente Lazzaro.

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Eppure lo Stato ha demandato alle Regioni buona parte delle responsabilità di innescare questo cambiamento virtuoso. Come se da sole potessero introdurre le novità strutturali capaci veramente di invertire il trend dell’inquinamento dell’aria. E anche dalla Regione Veneto c’è chi teme che, a questo punto, la stessa «deresponsabilizzazione» riguarderà anche il pagamento della sanzione.

Una sanzione che si compone di una quota fissa e di una quota giornaliera, e che continuerà a essere comminata dall’Unione Europea fino a quando l’Italia non riuscirà ad attestarsi su valori di inquinamento “tollerati”.

Zero inquinamento 

Una prospettiva piuttosto distante, ad oggi, considerando che i livelli di smog che l’Europa consente sono di anno in anno più bassi.

Ma cosa chiede, in sostanza, l’Unione Europea? Nell’ambito del piano d’azione Zero Pollution del Green Deal europeo, pretende che, entro il 2030, il numero di morti premature causate dal PM2.5 venga ridotto di almeno il 55%, rispetto al 2005.

Un obiettivo che, naturalmente, per essere raggiunto dovrà essere preceduto da tutta una serie di altri risultati, che, per adesso, non ci sono stati.

E così nel 2021, l’ultimo anno disponibile, si calcola che le morti premature in Italia, causate dalle elevate concentrazioni di PM2.5, siano state circa 47 mila: un numero decisamente ancora troppo elevato. Preceduto da tutti gli altri; ad esempio: le 18 città italiane che, nel 2023, hanno superato per più di 35 giorni il limite previsto per il PM10, con una concentrazione media giornaliera superiore a 50 microgrammi per metro cubo.

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Aumentano le tasse

«E, quindi, o si mettono in campo le azioni per sanare la situazione, o bisogna pagare la sanzione» dice Lazzaro. Adesso la multa è arrivata; resta da capire, allora, chi dovrà farsene carico: se lo Stato o se le Regioni. Quindi, se dovessero essere queste ultime, bisognerà sciogliere il nodo della ripartizione: se commisurata al numero di abitanti oppure, più presumibilmente, al livello di avversione alle regole, in materia di tutela dell’aria.

In ogni caso, non sarà una buona notizia per il Veneto, che già, con la recentissima manovra di bilancio, si è ritrovato costretto ad aumentare le tasse alle imprese, innalzando le aliquote dell’Irap, per far fronte alle spese impreviste. E a questo punto, se ci si dovesse mettere pure la sanzione europea, allora la tanta vituperata addizionale Irpef regionale potrebbe rivelarsi un’opzione non più rinunciabile.



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