Rifiuti tessili, a gennaio parte l’obbligo Ue per la differenziata, Italia capofila

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Dal primo gennaio 2025, la raccolta differenziata dei rifiuti tessili diventerà obbligatoria in tutta l’Unione Europea, segnando un passo significativo verso la transizione ecologica. Si tratta di un provvedimento che mira a ridurre l’impatto ambientale del settore tessile, uno dei più inquinanti al mondo, e a promuovere il riutilizzo e il riciclo dei materiali. Tuttavia, l’attuazione di questa misura presenta sfide importanti, sia a livello normativo sia operativo.

L’Italia si è distinta come Paese pioniere in questo ambito, introducendo già a partire dal 2022 l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili. Questa iniziativa, adottata prima che venissero definite le direttive europee, rappresenta un esempio concreto di leadership nella sostenibilità ambientale. Tuttavia, i risultati ottenuti fino ad oggi sono stati inferiori alle aspettative. L’assenza di un quadro normativo chiaro e univoco a livello comunitario e le difficoltà burocratiche hanno limitato l’efficacia delle misure adottate.

Crescita marginale per i rifiuti tessili differenziati in Italia, i dati Ispra

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), la gestione dei rifiuti tessili post-consumo in Italia sta mostrando segni di crescita, seppur contenuti. Tra il 2017 e il 2022, la quantità di rifiuti tessili generati nel Paese è aumentata, passando da 133mila tonnellate a 160mila tonnellate. Questo incremento evidenzia l’importanza di adottare misure sempre più efficaci per gestire un settore cruciale nell’ambito della sostenibilità ambientale.

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Particolare attenzione è stata posta sul periodo compreso tra il 2021 e il 2022, anno in cui è entrata in vigore l’obbligatorietà anticipata della raccolta differenziata dei rifiuti tessili in Italia. In questo arco temporale, la quantità di rifiuti tessili raccolti in modalità differenziata è cresciuta solo marginalmente. Si è passati infatti da una media di 2,6 kg a 2,7 kg pro capite all’anno, un aumento che sottolinea la necessità di ulteriori interventi per migliorare la gestione del settore.

Sempre nel 2022, il comparto tessile ha rappresentato appena lo 0,8% del totale dei rifiuti raccolti in maniera differenziata. Questo dato, pur evidenziando un progresso, rimane esiguo rispetto ad altri flussi di rifiuti. La sfida principale resta quella di incentivare non solo la raccolta, ma anche il riuso e il riciclo dei materiali tessili, favorendo una maggiore consapevolezza tra i cittadini e un più efficace coordinamento tra le amministrazioni locali e gli operatori del settore.

L’analisi dell’Ispra suggerisce che l’Italia è sulla strada giusta, ma serve un impegno maggiore per affrontare le criticità. Potenziare le infrastrutture, promuovere campagne di sensibilizzazione e definire standard chiari a livello nazionale ed europeo sono passi fondamentali per rendere il settore tessile un pilastro dell’economia circolare. Con una strategia condivisa e interventi mirati, sarà possibile ottenere risultati più significativi nei prossimi anni.

Milano al di sopra della media italiana, ma lontana dagli standard europei

Le città metropolitane italiane registrano dati più recenti e, seppur lievemente, più incoraggianti nella gestione dei rifiuti tessili. Tra queste, spicca il risultato di Milano, che ha raggiunto una quota di 3,2 chilogrammi di rifiuti tessili raccolti per abitante all’anno.

Questa cifra rappresenta un progresso rispetto ad altre realtà nazionali, ma appare comunque ridotta se confrontata con la media europea, che si attesta su 4,4 chilogrammi pro capite annuali. Inoltre, il divario diventa ancora più evidente considerando la quantità complessiva di rifiuti tessili prodotti nell’Unione Europea, pari a circa 12 chilogrammi per persona ogni anno.

Un ulteriore elemento di riflessione emerge dai dati forniti dalla European Environment Agency (Eea), secondo cui solo il 12% dei rifiuti tessili generati negli Stati membri viene effettivamente differenziato e avviato a riciclo o riutilizzo. Questa percentuale sottolinea un sistema ancora inefficace nel trattamento di materiali che, se opportunamente gestiti, potrebbero essere reinseriti nei cicli produttivi in ottica di economia circolare.

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Milano rappresenta un esempio positivo nel contesto italiano, ma il quadro complessivo evidenzia la necessità di un impegno più incisivo a livello locale ed europeo per ridurre il gap con gli standard internazionali e promuovere una gestione sostenibile dei rifiuti tessili.

Comuni in prima linea, ma il regime Epr resta un nodo irrisolto

La raccolta differenziata dei rifiuti tessili in Italia è gestita, ad oggi, direttamente dai Comuni, che si avvalgono principalmente dei cassonetti gialli dedicati, riconoscibili e distribuiti sul territorio. In alcune aree, tuttavia, si ricorre anche a modalità di raccolta porta a porta, un sistema che, pur più impegnativo in termini organizzativi, si rivela spesso più efficace nel garantire un’adeguata separazione dei materiali.

Nonostante queste iniziative, la piena implementazione della raccolta differenziata dei rifiuti tessili incontra ancora ostacoli significativi. Tra i principali freni al suo sviluppo si segnala l’assenza di un quadro normativo definito a livello europeo, in particolare l’attesa introduzione del regime di responsabilità estesa del produttore (Epr). Questo strumento, attualmente in fase di discussione presso le istituzioni di Bruxelles, mira a trasferire parte della responsabilità della gestione dei rifiuti direttamente sui produttori, incentivandoli a progettare prodotti più sostenibili e a contribuire finanziariamente al loro riciclo.

La mancanza di un sistema Epr operativo si traduce in un onere che grava quasi esclusivamente sulle amministrazioni locali, chiamate a organizzare e finanziare la raccolta senza il supporto economico e logistico di altre parti coinvolte nella filiera produttiva. In un contesto in cui la gestione dei rifiuti tessili diventa sempre più cruciale per la transizione verso un’economia circolare, il ritardo nell’attuazione di questa politica rappresenta un ostacolo significativo al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità condivisi a livello europeo.

L’adozione del regime Epr, oltre a rafforzare la filiera del riciclo, potrebbe rappresentare un importante passo avanti per alleggerire il peso sui Comuni e garantire una gestione più efficiente e uniforme dei rifiuti tessili sul territorio nazionale.

Italia e la regolamentazione del settore tessile

L’Italia, come altri Stati membri, aveva tentato di anticipare le direttive europee avviando, all’inizio dello scorso anno, una consultazione sullo schema di decreto del Ministero dell’Ambiente. Questo decreto avrebbe dovuto introdurre una regolamentazione per gli operatori del tessile e prevedeva la creazione di un centro di coordinamento, il Corit. Tuttavia, la bozza è stata accantonata per le criticità emerse durante la fase di stesura, soprattutto riguardo alle modalità di raccolta e ai soggetti coinvolti, probabilmente anche in attesa della proposta europea.

Il tentativo di anticipare la Commissione europea, con la revisione della direttiva del 2018, si è rivelato fallimentare. L’Italia, insieme ad altri Stati membri, è rimasta ferma al palo, ad eccezione di alcuni casi virtuosi come la Francia, l’Olanda (che è riuscita all’ultimo momento a ottenere il proprio Epr) e l’Ungheria.

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L’Italia verso il nuovo regime Epr per il riciclo tessile

Il trilogo sulla regolamentazione del settore tessile è fissato per gennaio, con le aspettative che indicano una possibile conclusione già entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda l’Italia, il Mase (Ministero dell’Ambiente) ha già riavviato i lavori sullo schema di decreto, che sarà consultato nuovamente dopo la condivisione con il Mimit. La firma definitiva dovrebbe avvenire in primavera, con l’avvio dei consorzi nel 2026. I singoli Stati avranno tra i 24 e i 36 mesi per adattare le proprie normative.

Il Ministero sta agendo come interlocutore tra le associazioni delle imprese, i Comuni e i consorzi, che sono già al lavoro per essere pronti al nuovo regime Epr. Questo metterà i produttori al centro del processo di riciclo, ma sta incontrando resistenze da parte dei Comuni, che finora avevano gestito il riciclo tessile.

L’obiettivo del nuovo sistema europeo è rendere il settore tessile, uno dei più inquinanti, più circolare, passando attraverso una gestione responsabile, etica e virtuosa dei rifiuti tessili, ancora una delle principali debolezze della filiera.





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