Lupi, via a un esperimento anche con luci e ultrasuoni

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Proteggere 700 malghe: la Regione ci prova trovando il modo di tenere lontani i lupi. Si parte da gennaio con la sperimentazione

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Proteggere 700 malghe, la Regione sperimenta un modo di tenere lontani i lupi




Proteggere 700 malghe, la Regione sperimenta un modo di tenere lontani i lupi



Proteggere 700 malghe, la Regione sperimenta un modo di tenere lontani i lupi

È possibile salvare le malghe e gli allevamenti di montagna e tenere sotto i controllo i lupi senza ricorrere al fucile, o almeno quasi mai? La Regione Veneto ci prova, con l’aiuto di ben due Università.

Il problema dei lupi e delle predazioni è sempre più forte

Il problema dei lupi e delle predazioni è sempre più forte, tanto che le Province lanciano grida di allarme visto che il grado di sopportazione degli allevatori è andato ben al di là del limite e la speranza è che con il declassamento del lupo da specie “rigorosamente protetta” apra anche alla possibilità di abbattimenti che riducano il numero di capi in giro per le nostre montagne: solo nel Vicentino ad esempio si parla di sette branchi – con 80 esemplari e predazioni raddoppiate – e anche nel Veronese i numeri sono quasi gli stessi.

L’obiettivo numero uno per la Regione Veneto è salvaguardare le malghe

L’obiettivo numero uno per la Regione è salvaguardare le malghe, che sono pienamente classificate “patrimonio culturale del Veneto” e oggi si presentano come sistemi multifunzionali: non solo allevamento e produzione, ma anche guardiani del paesaggio, della biodiversità e delle tradizioni. Oggi la Regione conta circa 700 malghe, tra pubbliche e private: più di una su tre sono nel Vicentino, una su due nel Bellunese e nel Veronese, il resto è del Trevigiano.

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La prima differenza che emerge in questi anni è che gli allevamenti di bovini, che spesso ormai hanno anche razze non autoctone, sono ancora più esposti alle predazioni di lupi rispetto agli allevamenti ovini e caprini. E le stesse mucche e vitelli adesso tendono a rimanere molto più vicini alle malghe, ma questo fa sì che una parte di pascolo sia anche troppo brucata, mentre altrove si lascia spazio all’avanzare delle erbe infestanti e del bosco.

I progetti “frena-lupo” con due università

La Regione ha deciso quindi di dare il via libera a due progetti, uno dell’Università di Padova (Centro Levi Cases), con una spesa di 105 mila euro nel 2025 e 2026, e uno dell’Università di Sassari (Dipartimento di veterinaria), del costo di 182 mila euro in due anni: paiono in grado di dialogare tra loro per sperimentare una strategia articolata frena-lupo.

Ne nasce così il progetto coordinato “Heimat: lupo e malghe nel Veneto” (Heimat significa “forte identità territoriale legata alle tradizioni e all’interazione costante degli antichi cimbri con l’ambiente e la natura”). L’Università di Sassari propone prima di tutto di assegnare ad almeno tre o quattro tecnici laureati esperti il compito di catturare, con “sessioni di cattura” della durata di una decina di giorni, almeno tre lupi in territori diversi per dotarli di radiocollare satellitare gps in modo da studiarne i movimenti e l’avvicinamento ai territori delle malghe.

Secondo passo: costituire un “gruppo di intervento rapido” capace di arrivare non appena si presentano situazioni di emergenza, bloccare il lupo pericoloso sparando proiettili di gomma o anche procedendo con altri mezzi per attuare una “rimozione” dell’animale selvaggio dalla zona di emergenza vicina a malghe o centri abitati. È prevista anche la formazione specifica per il personale già presente in zona.

Terza tappa: elaborazione di un modello di collaborazione con la Regione e le Province. Il progetto dell’Università di Padova si sposa con quello di Sassari perché sfrutta la fase iniziale: dotare alcuni lupi di radiocollare per poterne studiare gli spostamenti.

Radiocollari, ultrasuoni e luci

L’idea patavina infatti è di ricercare una serie di tecnologie (in sperimentazione anche altrove) che abbiano anche un basso costo ambientale ed energetico. Si parla di usare luci fisse o luci pulsate, ma anche ultrasuoni o fonti sonore udibili, e infine perfino campi elettromagnetici: il loro obiettivo è infastidire e far allontanare il lupo, sempre senza violenza ma anche senza troppi consumi di energia. Il progetto quindi prevede prima una fase di studio e di test in laboratorio.

Si sceglieranno due di queste tecnologie per giungere a usarle in Veneto e studiarne gli effetti sui lupi che l’Università di Sassari intende catturare per dotarli di radiocollari. Infine va attuata una “prova sul campo” in diverse tipologie di ambiente montano (malga aperta, bosco, pascolo) verificando che le tecnologie resistano anche alle condizioni ambientali e siano efficaci nel tenere lontani i lupi. Si parte da gennaio: conclusioni tra due anni.

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