Il pontefice non ha manifestato l’intenzione di ritirarsi, ma gli acciacchi e l’età pesano. Così è cominciato, sottotraccia, il totonomi per il soglio di Pietro. Tre gli italiani: Zuppi, Parolin e Pizzaballa. In Europa spiccano il francese Aveline e il maltese Groch. Difficile la partita negli Usa e in America Latina dove si fa strada il Brasile. Per l’Asia si parla dell’ex arcivescovo di Manila e per l’Africa Fridolin Ambongo Besungu.
È cominciata sottotraccia la corsa alla successione di Papa Francesco: certo, il pontefice a oggi non ha manifestato l’intenzione di lasciare l’incarico come fece Benedetto XVI, ma va tenuto comunque conto dell’avanzare dell’età di Bergoglio che lo scorso 17 dicembre ha compiuto 88 anni. Dal 24 dicembre sera, con l’apertura della porta santa di San Pietro, prende il via un Giubileo che sarà certamente una sfida per l’anziano pontefice, ma del resto, da questo punto di vista, c’è da credere che i continui impegni oltre a essere una fonte di fatica, costituiscano per il Papa anche una potente spinta motivazionale a proseguire con il suo magistero.
Gli inciampi di Francesco, tra salute e uscite non ortodosse
Tuttavia, Francesco ha raggiunto un’età che non consente voli pindarici sul futuro, per quanto la lucidità del vescovo di Roma non sia venuta meno; non sono però mancati gli incidenti di percorso, anche in questi ultimi giorni. Dovuti alla salute, ma non solo. Domenica il Papa, a causa di una forma influenzale, ha celebrato l’Angelus dalla sua residenza a Santa Marta. Il giorno prima si era verificata quella che ha tutta l’aria di una gaffe diplomatica. Nel discorso pronunciato per i tradizionali auguri natalizi alla Curia vaticana, Francesco, infatti, parlando a braccio ha affermato: «Ieri il Patriarca Latino di Gerusalemme non l’hanno lasciato entrare a Gaza, come avevano promesso; e ieri sono stati bombardati dei bambini. Questo è crudeltà». Una notizia che, se avesse trovato conferma, sarebbe stata clamorosa. Invece l’ambasciata d’Israele presso la Santa Sede ha smentito recisamente l’accaduto: «Contrariamente alle false accuse pubblicate oggi sui media», si leggeva in un comunicato, «la richiesta del Patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, di entrare a Gaza è stata accolta, come già avvenuto in passato e secondo le sue preferenze». Sta di fatto che il patriarca si è recato nella parrocchia cattolica di Gaza domenica mattina, come da accordi. In ogni caso, né il patriarca, sentito dall’agenzia Reuters sulla vicenda, ha voluto commentare l’accaduto, né dal Vaticano è uscito qualche ulteriore chiarimento. Di cosa stava parlando il Papa? Chi lo aveva informato? Difficile prevedere quanti incidenti diplomatici, piccoli e grandi, di questo tipo (quale che sia la verità sull’episodio) potrà sopportare il Vaticano senza che ne vada di mezzo la credibilità dell’istituzione alle prese con crisi internazionali particolarmente gravi. Così fra i cardinali e sui mezzi d’informazione si è cominciato a discutere del possibile successore di Bergoglio.
Parolin, Zuppi e Pizzaballa: tre italiani tra i favoriti alla successione
Il segretario di Stato
Dato non scontato, fra i papabili troviamo ben tre italiani: Il segretario di Stato Pietro Parolin, personalità di spessore, conosciuto a livello internazionale grazie alla sua attività diplomatica, potrebbe rassicurare quanti sono desiderosi di una maggiore capacità di mediazione nel portare avanti le riforme nella Chiesa, un procedere insomma meno accidentato di quanto non sia stato con Francesco.
Il presidente della Cei
C’è poi il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, inviato speciale del Papa per il conflitto ucraino. In questa veste Zuppi si è già recato a Kyiv, Mosca, Washington e Pechino. La sua missione per riportare a casa i tanti bambini e adolescenti ucraini rapiti dall’esercito russo è ancora in corso, e molto nella partita per il soglio di Pietro dipenderà dalla riuscita di un incarico tanto delicato. Zuppi gode, fra l’altro, dell’appoggio incondizionato della Comunità di Sant’Egidio.
Il patriarca latino di Gerusalemme
Infine il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, una vita dedicata al Medio Oriente e alla Terra Santa. Da quando è stato nominato patriarca (dal 2016 come amministratore apostolico del Patriarcato, dal 2020 come patriarca a tutti gli effetti) ha dovuto affrontare diverse crisi, fra cui la più grave e drammatica è quella in corso da oltre un anno. Pizzaballa si è distinto in questi mesi per le sue posizioni in favore della pace e della giustizia. Se il conclave scegliesse uno tra Parolin, Zuppi o Pizzaballa, sarebbe l’indicazione forte per una nuova stagione di dialogo e di ricerca della convivenza, fondata sul rispetto e sul diritto, contrapposta all’idea che possa prevalere la legge del più forte.
In Europa si fanno largo il francese Jean-Marc Aveline, il maltese Mario Grec e il portoghese José Tolentino de Mendonça
In Europa spicca poi il nome dell’arcivescovo di Marsiglia, il cardinale Jean-Marc Aveline. Nato in Algeria, è noto per il suo impegno per il dialogo tra fedi diverse e per la sua attenzione alle questioni sociali. È interprete di un bergoglismo di tipo europeo a forte vocazione mediterranea.
C’è poi il maltese Mario Grech che, in qualità di segretario generale del sinodo, ha contribuito alla riuscita dell’evento che si è protratto dal 2021 al 2024, non senza difficoltà, e che ha coinvolto la Chiesa universale.
In Curia, si sta facendo strada un po’ alla volta il cardinale di origini portoghesi José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, uomo aperto al dialogo con le culture del nostro tempo.
In Asia i riflettori sono puntati sull’ex arcivescovo di Manila Luis Antonio Tangle
Dall’Asia, per ora, il nome più quotato resta quello del cardinale Luis Antonio Tagle, filippino, ex arcivescovo di Manila, da diversi anni a Roma dove è pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione dei popoli. Tagle vanta una doppia esperienza: quella di pastore nel gigante cattolico dell’Asia, le Filippine, e una lunga permanenza in Vaticano.
Il rebus statunitense tra l’arcivescovo di Washington Wilton Gregory e il cardinale di Chicago Blase j. Cupich
In America, invece, la situazione è più complessa: difficile infatti – ma non impossibile – che i cardinali scelgano un Papa statunitense: sarebbe infatti come attribuire troppo potere nelle mani di una delle superpotenze mondiali. A meno che l’idea non sia quella di riequilibrare le tendenze prevalenti negli States in questi anni: nazionalismo, razzismo virate anti-immigrati, isolazionismo internazionale. In questo caso ci sarebbero fra i possibili candidati, l’arcivescovo di Washington, che è anche il primo cardinale afroamericano, Wilton Gregory, o il cardinale alla guida della diocesi di Chicago, Blase j. Cupich, autorevole rappresentante di una Chiesa progressista, aperta alle istanze della modernità. E se è vero che l’episcopato a stelle e strisce è considerato piuttosto conservatore, è anche vero, al medesimo tempo, che un Papa nordamericano ‘liberal’ saprebbe, proprio per questa conoscenza ravvicinata, interpretare le diverse tendenze presenti all’interno della Chiesa.
In America Latina prende piede il Brasile con Sergio da Rocha e Leonardo Ulrich Steiner
Complicata, appare a oggi, l’ipotesi di un nuovo Papa latinoamericano. Nel caso però la scelta cadrebbe su un porporato brasiliano, dato che quella del grande Paese del Sud America è la conferenza episcopale più grande del mondo. Qui è possibile indicare almeno due personalità: Sergio da Rocha, arcivescovo di São Salvador da Bahia, dal 2023 inserito da Bergoglio anche nel gruppo dei cardinali del C9, l’organismo che coadiuva il pontefice nel governo della Chiesa universale, e il card. Leonardo Ulrich Steiner, francescano, arcivescovo di Manaus, celebre per il suo impegno in difesa dell’Amazzonia e dei popoli che la abitano.
L’Africa è rappresentata da Fridolin Ambongo Besungu
Passando all’Africa spicca invece il nome del cardinale Fridolin Ambongo Besungu arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) e presidente del Secam (Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar), nonché membro del C9. Il card. Ambongo, fra le altre cose, ha dato voce agli episcopati africani che si opponevano a Fiducia supplicans, il documento vaticano che apriva alla possibilità di benedire le coppie omosessuali.
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