Multe cancellate ai No Vax. Le motivazioni dei contrari

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Concludiamo il nostro approfondimento sulla questione dell’annullamento delle sanzioni ai cosiddetti No Vax, ovvero gli ultracinquantenni o gli appartenenti ad alcune professioni che durante l’epidemia di Covid-19 si sono sottratti all’obbligo vaccinale.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Restano da esaminare le ragioni di coloro che, con varie sfumature, si sono espressi contro il provvedimento approvato dal Governo. Eccole:

  • C’è chi batte cassa, come Roberto Speranza, che fa i calcoli economici sulle possibili entrate a seguito del pagamento delle multe.
  • Per alcuni medici, il discorso deve essere educativo, sanzionarne qualcuno, per educarli tutti; tra questi Matteo Bassetti e il Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
  • Per l’opposizione di sinistra, dalla Schlein (Pd) a Fratoianni (Avs), il peccato originale è «strizzare l’occhio ai no vax»
  • Per Francesco Cognetti, presidente di Foce (Federazione degli Oncologi, Cardiologi ed Ematologi (Foce) e del Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri ed Universitari Italiani (Fossc), il margine della politica in ambito sanitario o di salute pubblica, tra cui evidentemente bisognerebbe far rientrare le sanzioni, non ci sarebbe.
  • Per il virologo Roberto Burioni, un caso a parte, la misura ha come premessa necessaria la nocività o l’inefficacia dei vaccini, anzi no, è un cedere alla narrazione che i vaccini non siano efficaci o sicuri (che poi è la stessa) cosa. E comunque, grazie al ritiro delle sanzioni, sarà più difficile convincere in futuro gli italiani.

La trattazione giuridica della legittimità dell’obbligo vaccinale (qui) permette già da sola di sorpassare queste obiezioni.

Il quadro clinico mutato

Durante l'epidemia di Covid-19 non ci fu dialogo ma unicamente la criminalizzazione di coloro che non intendevano sottostare all'obbligo vaccinaleLa possibile, per non dire probabile, illegittimità della misura comporterebbe un danno economico al paese e una delegittimazione ben più grave che il semplice ritiro.

Ricordiamo che tutti i virologi che criticano la depenalizzazione (in senso lato) della sanzione, ammettono che il quadro clinico è sensibilmente mutato con la variante Omicron, comparsa ben precedente alla multa.

Mancherebbe inoltre la proporzionalità e ragionevolezza in quanto la misura della vaccinazione come condizione per (Super Green Pass) è diversa da un obbligo che è diverso da una sanzione correlata a quell’obbligo.

Il ritiro del Green Pass non può giustificare la contestuale, o meglio successiva, previsione di una sanzione di un obbligo generalizzato, e correlato, non ad un comportamento (potenzialmente pericoloso), ma al mero dato anagrafico o lavorativo, o a delle qualità personali, come l’età.

Anche le finalità di evitare il collasso del sistema sanitario era ampiamente superata al tempo, cessando il periodo emergenziale ben prima.

Il monitoraggio attraverso i tamponi era certamente sostenibile anche solo circoscritto alla popolazione non vaccinata ˗ e che non si voleva vaccinare ˗, avendolo sperimentato precedentemente su più vasta scala.

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Evidenze scientifiche e valutazione politica

Le evidenze scientifiche su cui basare le misure legislative sono quelle al momento della loro efficacia, ma spetta sempre alla rappresentanza politica modulare, passando da raccomandazioni a obblighi a obblighi sanzionati.

La discrezionalità, sia nell’introdurre le misure che nella loro estinzione, ha solo il limite della manifesta irragionevolezza. Critiche tanto aspre rispetto alla mera cancellazione delle multe, nascondo una profonda commistione con la politica, causa prima della sfiducia di tanti cittadini.

I limiti all’utilizzo della coercizione

A livello educativo è invece assolutamente condivisibile l’annullamento delle sanzioni, un Governo che capisce di aver ecceduto nell’autoritarismo, arrivando ad essere una democratura, è più legittimato a livello democratico.

L’utilizzo della coercizione, o meglio della «punizione», o meglio la paura del suo abbandono, nasconde una profonda denigrazione del popolo, da educare col manganello e il vaccino di ricino.

La criminalizzazione del dissenso

Un discorso a parte le opposizioni politiche: criminalizzare il dissenso, perché di questo si tratta, o meglio trattarli per forza come paria, da cittadini di serie b, da escludere, e guai a porgergli uno sguardo («strizzare l’occhio»fa rabbrividire), delegittima un buon 99% delle battaglie della sinistra. E qui si potrebbe chiudere.

Al di là di tutto, è possibile non ci possa essere un’alternativa, una persuasione, una forma di convincimento basata sull’evidenza, la ragionevolezza, il dialogo, la dialettica democratica, la comprensione reciproca al di là delle distanze dei punti di vista?

Opporsi alla cancellazione delle multe vorrebbe infatti dire abdicarvi.

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L’efficacia della Regione Veneto

In proposito è utile ripensare a quanto accaduto a livello regionale durante il Covid-19. L’opposizione del Veneto riguardo alla vaccinazione obbligatoria introdotta dal Ministro Lorenzin, è stata accompagnata da un notevole successo nel contrasto all’emergenza sanitaria, rispetto ai fallimenti del Governo centrale.

Ciò dimostra che l’informazione, più della coercizione permette comportamenti virtuosi, anzi si potrebbe dire che in qualche modo la seconda scredita la prima, se proviene dalle stesse fonti.

Nel 2007, avvero dieci anni prima dell’introduzione di un obbligo di competenza dello Stato, Il Veneto aveva introdotto un sistema di libero consenso e alleanza terapeutica meritevole di condurre la copertura vaccinale a valori superiori alla media nazionale.

Si criticava inoltre, già al tempo, che l’obbligo andasse reintrodotto casomai con una legge ordinaria, con un più approfondito dibattito parlamentare, ossia pubblico, e quindi con una maggiore forza persuasiva.

La Regione difendeva la sua posizione evidenziando il calo poderoso di copertura vaccinale registrato in tutta Italia, combattuto proprio alimentando il consenso e fronteggiando le fake news nel merito, senza inibire o deridere una ricerca e un approfondimento personale, a suon di dogmi.

Peraltro proprio l’alleggerimento delle misure in sede di conversione della legge Lorenzin, nonché la previsione di un incontro tra le famiglie e le autorità sanitarie, per favorire un’adesione consapevole e informata rendeva ragione della stessa posizione assunta dal Veneto, oltre a favorirne la legittimità. Un contemperamento che non si è certamente visto con le multe agli ultracinquantenni.

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Le contrapposizioni strumentali

Peraltro, questa voglia di dividere sempre il «gregge» popolare ˗ tale deve essere considerato è se non si promuove l’adesione consapevole ˗, tra neri e bianchi, fascisti/antifascisti, sìvax/novax, fa prendere delle cantonate terribili.

Quando Bersani nel 2021 parlava dei novax-sìdux, ignorava che proprio durante il regime fascista, con la legge n. 891/1939, fu resa obbligatoria la vaccinazione contro la difterite per tutti i bambini fino a 10 anni di età.

Certo analoga obiezione potrebbe essere fatta agli esponenti di Forza Nuova che monopolizzavano le piazze contro il Green Pass, ma la storia ha questo pregio, se studiata bene e non da una parte sola permette di superare certi steccati ideologici e, in fondo, bigotti.

Ad esempio, sarebbe interessante riprendere il discorso sulla correlazione autismo/vaccini, considerando il recente incarico di approfondire a riguardo dato alla Sanità americana a Robert Kennedy jr.

Ossia la frode scientifica del dottor Andrew Wakefield, sulla correlazione. In ogni caso per riconoscere una correlazione tra l’insorgere dell’autismo e i vaccini, si dovrebbe prima scoprire le cause dell’autismo, ad oggi sconosciute. Chissà che un tale approfondimento possa far progredire la scienza sul punto.

La storia della vaccinazione in Italia

La storia della vaccinazione in Italia, poi, ad esempio, ci fa conoscere come i più grandi episodi di resistenza alla vaccinazione, in uno con la resistenza al fascismo, siano stati proprio in Veneto.  Addirittura, nel 1928, si era sparsa la voce che i maestri elementari – una «commissione sanitaria» o alcuni «elementi fascisti» – avessero avuto l’incarico di estrarre il sangue agli scolari e di marchiarli a fuoco con l’effigie di Mussolini, e che alcuni bambini fossero morti a seguito di certe iniezioni.  (qui, il racconto dell’episodio nel contesto di lotta alla tubercolosi del regime).

Certi esponenti delle opposizioni dovrebbero smentire se stessi, riconoscendo che Mussolini ha fatto anche cose buone (e farsi chiamare sìdux), o che la ragionevolezza delle misure andrebbe valutata nel contesto senza generalizzare o, peggio, escludere ideologicamente una parte della popolazione, nella perenne divisione tra cafoni e potenti, portata avanti proprio da chi li vorrebbe «emancipare».

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Armando Mantuano

 

 



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