5 miliardi in più del pre-Covid

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L’inflazione, il caro-energia, i salari che non tengono il passo del costo della vita. Nonostante una lunga congiuntura sfavorevole, i risparmi dei bergamaschi tengono. Nell’ultimo anno i depositi bancari in provincia di Bergamo – in sostanza, i soldi sui conti correnti – sono rimasti pressoché stabili, con una minima fluttuazione. E se rispetto a due anni fa si coglie invece un calo (-2,4% il dato totale, -5,9% lo specifico scostamento riferito ai depositi delle famiglie), in confronto al pre-Covid i risparmi dei bergamaschi restano ancora decisamente pingui: +5 miliardi di risparmi totali (considerando anche imprese e pubbliche amministrazioni), di cui +2,2 miliardi per i conti delle famiglie.

I dati della Banca d’Italia

La fotografia è impressa negli ultimi dati della Banca d’Italia, aggiornati al 30 settembre 2024. In quel momento i depositi bancari della Bergamasca ammontavano complessivamente a circa 36 miliardi e 620 milioni di euro, quasi immutati rispetto ai 36 miliardi e 674 milioni di euro del 30 settembre 2023 (-54 milioni, -0,1%). Una sorta di congelamento del risparmio, che però diventa evidente se si allarga lo sguardo: al 30 settembre 2022 i depositi erano pari a 37,569 miliardi, alla stessa data del 2021 si contavano 36,645 miliardi, nel 2020 erano 35 miliardi, nel 2019 erano 31,547 miliardi.

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L’emergenza Covid innescò l’aumento dei depositi

L’avvio della stagione pandemica, nel 2020, aveva innescato un balzo dei soldi depositati sui conti correnti: un effetto noto, legato alle incertezze dell’emergenza che aveva portato famiglie e imprese a essere più prudenti, riducendo consumi e investimenti, così da avere un tesoretto su cui contare in caso di bisogno. Dall’autunno del 2022, cioè da quando è scoppiata la «bolla energetica» e l’inflazione ha toccato i massimi, i risparmi sono andati invece calando.

Disaggregando i dati, ora sono i depositi delle famiglie ad assottigliarsi maggiormente: nell’ultimo anno sono calati dell’1,2%, riducendosi di circa 297 milioni di euro (dai quasi 24,443 miliardi del 30 settembre 2023 ai circa 24,145 del 30 settembre 2024); la flessione è stata cioè del -1,2%, contro il -0,1% osservato per i depositi complessivi in Bergamasca (la voce totale che considera anche i depositi di imprese e pubbliche amministrazioni). Già tra 2022 e 2023 i risparmi delle famiglie si erano ridotti del 5,9%.

Le famiglie attingono dal «tesoretto»

«Da qualche tempo le famiglie hanno cominciato ad attingere dal tesoretto – osserva Carlo Piarulli, responsabile nazionale Credito di Adiconsum -. La congiuntura economica intacca soprattutto il potere d’acquisto di pensionati e lavoratori, cioè chi ha delle entrate (la pensione o lo stipendio, ndr) tendenzialmente fisse. Soffrono soprattutto i pensionati, che usano spesso i risparmi per sostenere la famiglia. Siamo in una sostanziale stagflazione, con prezzi che ancora crescono e un’economia ferma». L’orizzonte dell’economia è punteggiato da nuvoloni, la sensazione è che l’erosione dei risparmi possa farsi più significativa: «La situazione non è particolarmente rosea – riconosce Piarulli -. Anche l’andamento delle Pmi in Bergamasca non è dei migliori, ora vedremo quanto inciderà sulla nostra provincia la crisi dell’automotive. Probabilmente nell’immediato l’impatto non sarà elevatissimo, reggerà meglio chi forniva anche altri marchi e non solo Stellantins. Tuttavia, in questo settore è molto forte il legame con la Germania, e anche la Germania è in forte difficoltà».

Così, siamo di fronte a «un combinato disposto particolarmente complicato – ragiona Piarulli -: da un lato manca una politica industriale di lungo periodo, dall’altro lato una legge di bilancio con misure tampone. È una situazione preoccupante». Sui tassi d’interesse l’inversione di rotta è minima: «Ci sarà probabilmente un’ulteriore riduzione e il peso delle rate di mutui e prestiti si farà più contenuto, ma ci si aspettava maggior coraggio dalla Bce – conclude Piarulli -. Il credito al consumo sta aumentando perché le famiglie si indebitano, mentre si registra una contrazione del credito erogato dalle banche alle Pmi».



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