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A distanza di quattro giorni dall’attacco di venerdì sera ai mercatini natalizi di Magdeburgo, in Germania, in cui almeno cinque persone sono state uccise e 235 sono state ferite, sono emerse molte informazioni sul responsabile dell’attacco. L’uomo si chiama Taleb al Abdulmohsen, è cittadino dell’Arabia Saudita e vive in Germania dal 2006, dove era stato riconosciuto come rifugiato nel 2016 e ormai da diversi anni aveva un profilo pubblico da attivista. Al contempo quello di al Abdulmohsen rimane un profilo difficile da inquadrare: dopo un passato da difensore dei diritti umani, negli ultimi anni si era spostato molto a destra, sviluppando anche posizioni paranoiche e complottiste.
Secondo il procuratore che sta indagando sul caso nella decisione di compiere l’attacco potrebbe aver avuto un ruolo la sua «insoddisfazione per il trattamento dei richiedenti asilo sauditi da parte della Germania», ma per il momento non è possibile stabilire con certezza le sue motivazioni.
Attorno alle 19 di venerdì al Abdulmohsen era riuscito a superare le barriere di sicurezza attorno ai mercatini, sfruttando un percorso pensato per le emergenze, per poi guidare un’auto tra la folla, che aveva cercato di ripararsi come poteva. Il capo della polizia di Magdeburgo, Tom-Oliver Langhans, ha detto che il tutto è durato circa tre minuti.
Al momento al Abdulmohsen si trova in custodia cautelare, e secondo il procuratore Horst Walter Nopens sarà verosimilmente incriminato per omicidio, tentato omicidio e lesioni personali. La procura ritiene che abbia agito da solo. Confrontandolo con i responsabili di attacchi simili, tuttavia, il capo della polizia criminale federale (BKA), Holger Münch, lo ha descritto come un profilo «atipico».
I responsabili degli attacchi terroristici ai mercatini natalizi di Berlino nel 2016 o Strasburgo nel 2018 per esempio erano giovani uomini legati all’islamismo estremista. Al Abdulmohsen invece ha 50 anni e si definisce un «ex musulmano». Aveva fatto richiesta di asilo in Germania nel 2016, quando ci viveva già da dieci anni, e nel giro di pochi mesi aveva ottenuto lo status di rifugiato come vittima di persecuzione politica. Viveva a Bernburg, una cinquantina di chilometri a sud di Magdeburgo, e dal 2020 lavorava in una struttura di recupero per persone che avevano compiuto dei reati.
Al tempo stesso gestiva un sito per aiutare altre persone che si trovavano più o meno nella sua stessa situazione, cioè erano scappate dal regime saudita perché non aderivano al suo rigido credo religioso: l’Arabia Saudita infatti è governata da una monarchia assoluta la cui famiglia reale ha estesi rapporti con il clero wahabita, che promuove una dottrina estremamente conservatrice dell’Islam sunnita. Il sito si chiamava wearesaudis.net e proprio in qualità di fondatore e gestore Al Abdulmohsen era stato intervistato da vari giornali e tv tedesche.
Nel 2019 per esempio aveva dato una lunga intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung in cui sottolineava i suoi sforzi per aiutare le donne che vogliono scappare da un regime estremamente oppressivo come quello saudita. Nella stessa intervista si era definito «il più aggressivo critico dell’Islam nella storia» e aveva aggiunto che a suo dire «non esiste un Islam buono». Nel 2022 anche BBC aveva raccontato la storia del sito e di al Abdulmohsen in un breve reportage video intitolato «il sito che aiuta gli ex musulmani a scappare dal Golfo».
In alcune interviste al Abdulmohsen si presentava come “dottor Taleb”, sottolineando dunque le sue competenze in ambito medico: è infatti uno psichiatra. Da qualche giorno però è venuto fuori che diversi suoi colleghi negli anni hanno messo in dubbio la sua professionalità. «Lo chiamiamo dottor Google», ha detto al Mitteldeutsche Zeitung un dipendente della struttura in cui lavorava nel 2020, citando il fatto che per fare una diagnosi doveva spesso ricorrere a una ricerca su Google. Sembra anche che diversi pazienti si fossero rifiutati di farsi curare da al Abdulmohsen, che a volte dava consigli medici quantomeno discutibili: una volta per esempio aveva celebrato il consumo di alcolici.
Al Abdulmohsen faceva attivismo anche online. Su X, l’ex Twitter, ha un profilo da 48mila follower. Ultimamente aveva allineato le sue posizioni all’estrema destra islamofoba, che in Germania è rappresentata perlopiù dal partito Alternative für Deutschland (AfD). Su X aveva sostenuto per esempio che le autorità tedesche volessero «islamizzare» l’Europa e che la Germania dovesse «proteggere i propri confini dall’immigrazione clandestina».
Diverse persone che lo conoscevano hanno raccontato che ultimamente era diventato estremamente paranoico. Aveva accusato diverse persone di essere spie per conto del governo saudita e aveva detto di sentirsi perseguitato dalle autorità tedesche; aveva inoltre insultato e minacciato in diverse occasioni la polizia, sebbene la polizia non lo considerasse una persona violenta.
Nel 2013 al Abdulmohsen era stato sanzionato per disturbo della quiete pubblica per un episodio ancora poco chiaro, e sempre quell’anno aveva minacciato l’associazione di categoria dei medici della Sassonia-Anhalt, lo stato dove viveva, di compiere gesti che avrebbero attirato «l’attenzione internazionale» nel caso in cui la sua formazione da psichiatra non fosse andata a buon fine. Più in generale la Süddeutsche Zeitung ha notato che varie autorità tedesche avevano informazioni sul suo conto, ma che probabilmente al contempo «i vari pezzi di informazione non sono stati messi insieme da un’autorità centrale, e quindi nessuno aveva un quadro completo» del suo profilo.
– Leggi anche: I partiti tedeschi stanno capendo come fare i conti con l’attacco a Magdeburgo
Sia BBC News che Agence France-Presse hanno citato fonti del governo saudita – quindi da prendere con le molle in questa storia –che sostengono che prima dell’attacco l’Arabia Saudita avesse avvertito la Germania della pericolosità di al Abdulmohsen e avesse chiesto la sua estradizione. Non ci sono altri dettagli. Sembra comunque plausibile che la Germania non abbia accolto le richieste dell’Arabia Saudita anche perché al Abdulmohsen aveva ricevuto asilo proprio per essere stato vittima di persecuzione politica nel suo paese.
Intanto AfD si è dissociato dall’attacco, ha escluso che al Abdulmohsen fosse un membro del partito e lunedì sera ha tenuto a Magdeburgo un nuovo corteo di protesta a cui ha partecipato anche la presidente del partito, Alice Weidel. AfD aveva manifestato in città già sabato, quando alcuni suoi esponenti avevano esposto uno striscione con scritto “Remigrazione”: un riferimento al piano per espellere dalla Germania i richiedenti asilo, gli immigrati con permesso di soggiorno e anche i cittadini tedeschi di origine straniera. Sempre lunedì alcune associazioni per i diritti umani hanno tenuto una contromanifestazione, sostenendo che AfD stia strumentalizzando il caso per aumentare i consensi.
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