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Si è tornato a parlarne a fine settembre, quando un rapporto del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) ha nuovamente lanciato l’allarme: l’umanità si avvicina pericolosamente a superare un altro dei cosiddetti limiti planetari, cioè le soglie entro le quali la Terra è uno spazio sicuro in cui l’umanità può vivere e prosperare. Nello specifico, quello dell’acidificazione degli oceani. Sarebbe il settimo su nove.

Foto Shutterstock

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Quali sono i nove limiti planetari

Il primo paper scientifico a parlare di “limiti planetari” risale al 2009. In sostanza, gli scienziati fanno riferimento a nove processi che regolano la vita sulla Terra. Per ciascuno di essi individuano una soglia, quella che negli ultimi 10mila anni ha permesso alla nostra specie di insediarsi e svilupparsi. Restando entro questi “confini invisibili”, il nostro Pianeta continuerà a garantire condizioni favorevoli per i nostri sistemi sociali ed economici. In caso contrario, si rischiano cambiamenti irreversibili: maggiore è il numero di limiti planetari infranti, più alte sono le probabilità che ciò accada.

È importante ricordare che la Terra in ogni caso continuerà a esistere, anche se irriconoscibile rispetto a oggi. Siamo noi esseri umani, con le nostre città, le nostre industrie, le nostre società, a non sapere se riusciremo ad adattarci. Vediamo quindi uno per uno quali sono i nove limiti planetari, quali abbiamo superato e quali non ancora.

Cambiamenti climatici (superato)

Secoli trascorsi a bruciare combustibili fossili hanno liberato enormi quantità di gas serra in atmosfera, alimentando l’effetto serra e dunque facendo salire la temperatura media globale. Oggi la concentrazione di CO2 è di 419 parti per milione (ppm): per contenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi bisognerebbe restare entro le 350 ppm. L’altro indicatore di questo limite planetario è la radioattività antropogenica, derivante da tutte le attività umane che influenzano il bilancio energetico della Terra. La soglia individuata dagli scienziati è di +1 watt per metro quadro in più rispetto ai livelli preindustriali; oggi siamo a più 1,5.

Perdita di biodiversità (superato)

Stiamo assistendo a un tracollo della biodiversità, cioè dell’immensa – e inestimabile – varietà di organismi viventi, animali e vegetali, che popolano il nostro Pianeta. Anche in questo caso, tutti gli indicatori monitorati dimostrano senza ombra di dubbio come il limite planetario sia stato abbondantemente superato. Questo è un problema non solo per la natura, ma anche per il nostro stesso sostentamento, in quanto vengono meno anche quei servizi ecosistemici di cui non possiamo fare a meno: l’impollinazione, l’acqua dolce, il legname, le piante medicinali, solo per citarne alcuni.

Modifiche ai cicli dell’azoto e del fosforo (superato)

L’agricoltura, con il suo uso massivo di fertilizzanti, è tra i principali fattori che alterano il ciclo globali dei nutrienti, in particolare azoto e fosforo. Ma non è l’unico: anche gli scarichi urbani e industriali, le deiezioni degli animali negli allevamenti, la deforestazione e la combustione di fonti fossili hanno un peso. Gli squilibri nei livelli di nutrienti hanno conseguenze nefaste sulla salute del suolo, sulla qualità dell’acqua e sulla biodiversità. La cosiddetta eutrofizzazione, cioè l’eccessiva quantità di nutrienti nelle acque, può per esempio stimolare la crescita di alghe che bloccano la luce solare e soffocano la fauna marina, causando morìe di massa. Anche questo limite planetario è stato oltrepassato.

Cambiamento d’uso del suolo (superato)

Quando c’è stato bisogno di costruire case, strade, industrie, o di lasciare spazio alle coltivazioni, per secoli la strada è stata quasi sempre la stessa: togliere spazio alla natura. Così facendo, però, si sacrificano anche i servizi ecosistemici, come il sequestro della CO2, la funzione di habitat per animali selvatici, il riciclo dell’umidità atmosferica. Per valutare questo limite planetario si tiene conto della quantità di area forestale rimanente nei tre biomi (tropicale, boreale e temperato): in tutti e tre i casi, la percentuale rimasta è ben al di sotto della soglia considerata come sicura.

Inquinamento da sostanze chimiche (superato)

Tra i limiti planetari che abbiamo valicato c’è anche quello legato all’introduzione nell’ambiente di sostanze chimiche di sintesi (tra cui microplastiche e interferenti endocrini), materiali radioattivi (come le scorie nucleari) e organismi geneticamente modificati.

Ciclo dell’acqua dolce (superato)

La modifica del ciclo idrologico globale, che coinvolge i flussi d’acqua dolce, l’umidità nel suolo e le precipitazioni, influisce su tutte le funzioni naturali della Terra. Tra cui, per esempio, la biodiversità e la capacità di sequestrare CO2. Questi cambiamenti possono portare a grandi trasformazioni ecologiche, minando la resilienza del nostro pianeta. Oggi, circa il 18% della superficie terrestre va incontro a variazioni nella siccità e nelle piogge superiori rispetto ai livelli ritenuti sicuri; al tempo stesso, il 16% presenta livelli di umidità del suolo che fuoriescono dal range di sicurezza.

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Acidificazione degli oceani (quasi superato)

L’acidificazione degli oceani è stata soprannominata come il “gemello nascosto” del riscaldamento globale, perché prende origine sempre dalla stessa causa, cioè il rilascio di CO2 in atmosfera. Una volta assorbita dalle acque, questa CO2 diventa acido carbonico che ne abbassa il pH. È un fenomeno lento e apparentemente impercettibile, ma le conseguenze sono gravi, sia sulla vita degli organismi marini sia sulla capacità di sequestro della CO2 da parte dei mari. Questo si appresta a essere il prossimo limite planetario che superiamo, perché siamo vicinissimi alla soglia ritenuta sicura.

Riduzione dello strato di ozono (non superato)

Quella del buco nell’ozono è una storia di successo da cui tuttora possiamo imparare qualcosa. Perché ci dimostra che, quando c’è la volontà e l’unità di intenti, salvaguardare il pianeta diventa possibile; anche rovesciando situazioni che appaiono gravissime. Lo strato di ozono, detto ozonofera, assorbe il 100% dei raggi UVC e il 90% dei raggi UVB emanati dal sole, lasciando passare solo i raggi UVA, essenziali per la vita sulla Terra. Nella seconda metà del Novecento, l’ampia adozione dei gas clorofluorocarburi (CFC) come refrigeranti ha portato questo strato di ozono ad assottigliarsi rapidamente. Con il Protocollo di Montreal, siglato nel 1987, 197 Paesi si sono impegnati a sostituire i CFC all’interno di climatizzatori, frigoriferi, bombolette spray, estintori e simili. Ha funzionato, tant’è che oggi le condizioni dell’ozono atmosferico non destano preoccupazioni.

Aerosol atmosferici (non superato)

Gli aerosol nell’atmosfera derivano sia da fonti naturali, come incendi ed eruzioni vulcaniche, sia da fonti antropiche, come l’agricoltura e i combustibili fossili. A seconda della loro composizione e del loro colore, queste particelle in sospensione possono avere effetti opposti sul clima, sia raffreddando sia riscaldando l’atmosfera. Ad oggi, questo limite planetario non è stato superato.

Valentina Neri

© Riproduzione riservata





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