la storia di Salvatore Mazza, campione nazionale di taekwondo

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C’era tutto in quell’abbraccio con la sua maestra, Jessica Talarico, vigile, attenta, riflessiva. E c’era il tempo per intero: il passato, il presente, il futuro. Come nell’Aleph di Borges, il vissuto e il desiderio espressi in un attimo, in un’immagine atta a contenere e riflettere gli incontri, i progetti, i sacrifici, i passaggi e le proiezioni di una vita.
Salvatore Mazza, calabrese Doc e tesserato Fita della Taekwondo in Fiore, è diventato a 46 anni il campione nazionale del torneo Master 3 di taekwondo, nella categoria -80 chilogrammi. Ha vinto contro un maestro della disciplina che ha il quinto Dan, lui che aveva ottenuto la cintura nera soltanto nel 2022. Ma negli sport individuali conta la forza mentale, la convinzione, la fiducia in sé, la voglia di osare, di superarsi ogni volta. Nel taekwondo, in particolare, la vittoria si cerca, s’insegue sino all’ultimo. E nulla è scontato, anche quando sei in testa e mancano una manciata di secondi al termine della gara. Proprio come nella sfida per il titolo di campione italiano tra Mazza e il suo avversario, Francesco Formiglio, in vantaggio col dubbio di un colpo beccato sul casco allo scadere del tempo: un «chigi», che non c’entra con il governo italiano ma è un calcio che piomba dall’alto sopra il capo. Fulmineo, il maestro Zeno Mancina, timoniere della Taekwondo in Fiore, tra le società più forti d’Italia, aveva allora estratto il cartellino del replay, con il verdetto finale a favore dell’atleta calabrese, partita ribaltata e la medaglia d’oro a Mazza, incredulo, commosso, precipitato a terra per la gioia e la stanchezza. È stata una delle scene più belle dello sport italiano del 2024, accompagnata da un pianto liberatorio del vincitore, di lacrime vere in un mondo di trucchi, finzioni, apparenza, distrazione e mancanza di emozioni.

L’obiettivo medaglia d’oro

«Si è avverato un sogno», racconta Salvatore, occhi lucidi, signorilità e compostezza esemplari. L’approdo in finale era un’occasione da non perdere, a Caorle (Venezia), lo scorso 27 ottobre. Fissato nei mesi precedenti da Mancina, l’obiettivo era la medaglia d’oro, al campionato nazionale Master 3, per Salvatore. Che aveva lavorato sodo, era il più allenato e si era abituato a sopportare un dolore tremendo alle anche, ricomparso nella finale contro Formiglio a causa dei vari combattimenti.
Sicuro, Mancina aveva ripetuto che il capolavoro era a portata di mano, che Salvatore poteva conquistare l’atteso risultato, che doveva soltanto seguirlo e non fare di testa propria come l’anno scorso a Palermo. «Zeno era lì – dettaglia Mazza – di lato, in perfetta simbiosi con me, e io con lui. È stato determinante per la vittoria, perché il suo sguardo non mi ha mai lasciato e le sue indicazioni hanno fatto la differenza. Anzi, per tutto il viaggio dalla Calabria, mi ha aiutato a mantenere la concentrazione: la gara è iniziata quando sono uscito di casa. E poi mi ha detto: “Oggi non c’è dolore, oggi si vince”. Perciò non ho mai perduto di vista l’obiettivo, allora l’ho centrato. Merito di Zeno e di Jessica (Talarico, nda), che hanno creduto nelle mie capacità e mi hanno reputato maturo».

L’incontro casuale

Fino al 2016, Salvatore Mazza era un fumatore incallito, pesava quasi 110 chili e gli piaceva, sottolinea, «mangiare qualsiasi schifezza». Era tornato a San Giovanni in Fiore da Bologna, dove per anni aveva condotto un’impresa edile, entrata in crisi con la speculazione finanziaria, incominciata nel 2008, dei mutui subprime. Il giovane aveva resistito a lungo, poi aveva deciso di rientrare a casa con la moglie e i due figli piccoli, ma il taekwondo non era nei suoi programmi, neppure nella mente. Sino all’incontro casuale con Mancina, che è uno sportivo puro, un maestro di vita, prima che di questa disciplina altamente educativa, cresciuta in Italia grazie al lavoro impagabile del compianto gran maestro Young Ghil Park, scomparso di recente, che in ogni angolo della nazione, da Sud a Nord, ha insegnato senza lucro l’autostima, il valore dell’impegno, del corpo, dell’esistenza, dell’interiorità e della socialità, spesso in contesti di marcata devianza.
«Ho conosciuto Zeno – rammenta Mazza – perché frequentavo la Pro Loco di San Giovanni in Fiore. Da lì ho avuto modo, per via indiretta, di incontrare il maestro, il quale mi ha fatto riflettere sull’importanza della vita, che io stavo buttando senza averne coscienza. Allora ho iscritto miei figli, Antonio e Sofia, in palestra, che Zeno e Jessica avevano appena aperto. Un giorno, lo ricordo come fosse ieri, stavo aspettando l’uscita dei bambini e fumando nervosamente. Il maestro mi vide e mi ammonì. Se avessi continuato con le sigarette, osservò, avrei danneggiato Antonio e Sofia, li avrei lasciati da soli. “Non hai bisogno di fumare, smetti e vieni pure tu a praticare”, concluse. Quindi iniziai prima a perdere peso, poi a mettermi in gioco, con tante difficoltà. Non è semplice partire a 40 anni, ma nel giro di alcuni mesi persi una trentina di chili. Ero felice, tornavo dal lavoro, facevo la doccia e non vedevo l’ora di allenarmi. Non ero stanco, anzi, mi rigeneravo in palestra».
Salvatore prese confidenza con gli esami per il passaggio di cintura: prima temeva il giudizio degli altri, compreso quello dei propri figli. Si appassionò: «le sigarette e l’alimentazione sballata» divennero un ricordo lontanissimo: «sbiadito», per dirla con Rino Gaetano. Mazza aveva cambiato stile di vita. Nel 2022 diventò cintura nera, ancora nel pieno della pandemia, dopo una bocciatura dipesa da foga eccessiva, dalla necessità di raggiungere un equilibrio, di modulare le energie fisiche e mentali. La figlia Sofia, invece, è vicecampionessa italiana di taekwondo, nella categoria -33 chilogrammi.

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Le prospettive

I maestri Mancina e Talarico continuano a costruire campioni, ragazzini o adulti, come la minorenne Ilaria Nicoletti, vicecampionessa europea nella -33 chili, o la signora Franca Cotrone, dipendente dell’Asp di Crotone e vicecampionessa italiana al Master 3 di Caorle. Ora c’è un nuovo traguardo: portare degli atleti alle Olimpiadi di Los Angeles del 2028. Per arrivarci, però, le regole impongono la partecipazione e l’affermazione a tante gare, anche all’estero. E già nel 2025 ce ne sarebbero diverse, in altri Paesi europei, da non saltare. Tuttavia, all’orizzonte non si intravedono sponsor e sostegni finanziari, perché le aziende investono altrove e ben poco nel futuro delle nuove generazioni. E perché la politica tende a non considerare le società del taekwondo, che invece svolgono una grande funzione nell’ambito sociale, pedagogica e di tutela della salute. Spesso, in tutta Italia, la politica è attratta dal rumore, dal miraggio dei voti facili. E segue il mercato, che spinge verso pratiche di vita caratterizzate da autolesionismo, consumi ossessivi, egoismo, smarrimento individuale, violenza e scarso rispetto per il prossimo. Perciò non si accorge che, magari di fronte, ci sono giovani e adulti che danno un altro esempio: che, con i loro sforzi quotidiani e le rinunce ai modelli borghesi, sono una risorsa vera per lo Stato, la Repubblica, il progresso culturale e dunque civile. (redazione@corrierecal.it)



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