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Il tentato omicidio della terra di Sardegna è un lungo e sporco affare che affonda le sue radici nei torbidi rapporti tra politica e massoneria nati nel Sette-Ottocento, ramificatisi nel corso dei decenni e culminati fino ai giorni nostri. Rapporti in cui la corrotta casa reale sabauda e le massonerie portarono avanti una graduale distruzione del territorio, il suo abbandono, il suo sfruttamento fino a ottenerne, oggi, come conseguenza di un atavico modo di fare e di un intricato percorso, il risultato di averlo ferito profondamente nell’anima e nel corpo.
La Sardegna, dopo le influenze spagnole e la parentesi asburgica, fu posta sotto il controllo della casa reale dei Savoia nel 1720 in uno stato di perenne, totale abbandono. La crescente miseria divenne miccia per la popolazione che si ribellò allo stato prepotente attraverso il brigantaggio. Le condizioni nell’isola, però, restarono pressocché severe con la pressione fiscale alle stelle e il malcontento dilagante.
E’ in questo contesto che prese sempre maggior piede e potere la massoneria, infiltratasi ovunque: il centro del movimento massonico-giacobino sardo fu, secondo le ricerche degli studiosi, la città di Cagliari, dove si costituirono almeno tre gruppi giacobini. Questi si insinuarono gradualmente nelle maglie del territorio portando nell’isola, attraverso il Piemonte, anche gli ideali della rivoluzione francese.
Ma fu la tradizione massonica legata alla Casa Reale dei Savoia che colpì al cuore gli interessi e i valori del popolo. Ricordiamo che la casa sabauda fece approvare la legge Siccardi, noto massone, e nel 1855 quella Rattazzi a sostegno delle discriminazioni (massoniche) per la soppressione degli Ordini Religiosi dando vita ad una continuata persecuzione, anche cristiana. Solo con il fascismo, e la sua lotta alle massonerie, l’intero gruppo dirigente del Grande Oriente d’Italia e del Rito Scozzese Antico ed Accettato scappò, insieme ai partiti democratici, dando vita alla massonica lotta antifascista. Dopo la guerra continuò l’instaurazione di ideali massonico-giacobini, sempre più prepotentemente riproposti nelle scuole, nella politica fino alle amministrazioni locali. Fino ai progetti delle élite di oggi.
L’implementazione dell’eolico e del fotovoltaico, ad esempio, è uno dei punti su cui si gioca l’accusa più grave ai poteri forti. Draghi firmò nel 2021 il più chiaro tentato omicidio della terra sarda, approvando una dose letale di pale eoliche in regione, con l’avvallo della criticatissima giunta di centrodestra Solinas. Solinas che, prima di far parte della Lega, fu nel Partito Sardo d’Azione. Il partito fu fondato nel 1921, sciolto nel 1926 e poi ricostituitosi nel Dopoguerra quando si coalizzò con i partiti di sinistra e centrosinistra fino agli anni Duemila in cui la svolta fu quella di confluire nel centrodestra fino ad appoggiare la Lega. Partito Sardo d’Azione che, tra chi restò nelle fila del centrosinistra e del centrodestra, vantò aderenti alla massoneria. Il fondatore fu Emilio Lussu, antifascista, che, nel Ventennio, fondò altresì Giustizia e Libertà con l’intento di unire l’antifascismo non comunista e non cattolico. Questo confluì poi nel Partito d’Azione, da non confondersi con il precedente, che operò nelle file dei partigiani e poi nel governo Badoglio. Divergenze interne tra varie correnti portarono poi alla chiusura del partito. Gli aderenti, molti i massoni, confluirono infine, per la maggior parte, nel Partito Socialista dei lavoratori italiani, e nel Partito Repubblicano partecipando alla vita politica del Paese nel Dopoguerra. Naturalmente, influenzandola.
Oggi la Sardegna è una delle regioni con il più alto numero di massoni in Italia, oltre settecento, mentre sono 50, dall’Unità d’Italia ad oggi, il numero di massoni che sono diventati sindaci nell’isola. Un continuo gioco di interessi, legati da questo filo invisibile, in cui la terra sarda ha subito continue violenze: il territorio abbandonato a sè stesso o sfruttato, l’avvelenamento di acque e sottosuolo, l’abbandono di progetti infrastrutturali presentati e poi lasciati morire, senza sapere bene dove siano poi andati a finire i finanziamenti occorsi per la costruzione di veri e propri mostri, l’agricoltura lasciata a sè stessa con la distruzione della terra voluta dalle multinazionali che in Sardegna hanno costruito le basi per le transizioni ecologiche e digitali. E per i loro interessi.
Il governatore neoeletto è Alessandra Todde, eletta del M5S in una coalizione di centrosinistra. La Todde che, particolare non da poco, è stata già viceministro nel governo Draghi, ha firmato uno stop di 18 mesi dei progetti eolici, tuttavia senza bloccarli definitivamente. Un modo per prendere tempo e interrompere il vento delle proteste contro i mostri delle energie rinnovabili: la Regione, infatti, sta studiando i siti idonei a collocare le pale. Sull’avvelenamento al territorio, poi, abbiamo un esempio su tutti: la raffineria Saras, per altro portata in tribunale da un agricoltore locale. L’agricoltore ha visto i suoi impianti negli anni distruggersi, scoprendo così il pericoloso avvelenamento delle acque del territorio di Sarroch. Un avvelenamento che ha di fatto provocato un incremento altissimo di malattie cancerogene nella zona, rendendo impossibile per lui, e la sua coscienza, continuare il lavoro di coltivazione di prodotti ortofrutticoli. Il processo si chiuderà nel giro di un paio di mesi: Davide contro Golia, chi vincerà?
Morti, malattie croniche, sanità in difficoltà, sprechi di denaro pubblico, soprusi: il popolo sardo sta vivendo da anni nella disperazione e nella fatiscenza delle sue strutture. Così un crollo di fiducia ha provocato un crollo demografico importante, con i giovani che non riescono a ritagliarsi un futuro, bloccati come sono da un sistema clientelare e omertoso. Un coma, forse, non ancora irreversibile. La soluzione è riportare vita in Sardegna, ridare fiducia alla terra: far ritornare parte degli oltre due milioni di sardi emigrati nel loro territorio, per contrastare l’avvilente e vertiginoso calo demografico (meno di un figlio per donna), denunciare i soprusi costanti con coraggio, non interrompere le proteste di piazza per far valere le proprie ragioni e riportare l’ordine attraverso interventi decisi. Un tentato omicidio, se le forze si riorganizzeranno. Solo così si potrà, gradualmente, assistere la terra sarda e curarne quelle ferite inferte da chi, da tempo, sta martoriando il suo corpo ridotto in schiavitù con il preciso intento colposo, o peggio, doloso, di sfruttarla a sangue fino a farla, infine, morire.
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