La beffa della pensione di invalidità civile tagliata a chi ha fatto un tirocinio retribuito: “Gravissimo disincentivo ai percorsi di autonomia”

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Chi ha svolto un tirocinio lavorativo retribuito si vede tagliata la maggiorazione della pensione di invalidità civile. È l’effetto dei vecchi parametri per il riconoscimento di quella maggiorazione, che dal 2020 per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale è salita a 400 euro mensili e viene versata già al compimento dei 18 anni. La sforbiciata, diventata evidente negli ultimi mesi, riguarda donne e uomini con invalidità civile al 100%: tutte persone non autosufficienti e in prevalenza con disabilità intellettiva, cognitiva o con gravi deficit relazionali-comportamentali, che negli ultimi anni hanno svolto percorsi professionali definiti anche come borse lavoro. Si tratta, solitamente, di tirocini il cui compenso è minimo: può variare dai 200 ai 500 euro mensili a seconda delle ore in cui prestano attività lavorative presso enti pubblici, aziende private o cooperative. “Con questi graduali ma ingenti tagli della maggiorazione della pensione di invalidità si crea un effetto assai negativo per i pochi beneficiari, peraltro tutti soggetti che vivono una condizione di fragilità rilevante, con un gravissimo disincentivo a intraprendere percorsi di autonomia e inclusione in contesti esterni alla propria casa”, dice a ilfattoquotidiano.it Fabrizia Rondelli, presidente dell’associazione L’Ortica di Milano, dal 2010 impegnata nell’inclusione lavorativa di persone con grave disabilità, in particolare adulti autistici. “Quel pochissimo che hanno guadagnato, anche frutto di enormi sforzi e impegno per uscire dalla propria comfort zone familiare, adesso sta venendo sottratto loro inesorabilmente ogni mese”, racconta a seguito di diverse segnalazioni che sta raccogliendo la numero uno dell’associazione di promozione sociale che ha ricevuto nel 2022 l’Ambrogino d’Oro dal Comune di Milano.

Come avviene il taglio? – Dopo la sentenza 152/2020 della Corte costituzionale, e successivi alcuni adeguamenti normativi, è prevista a favore di invalidi civili totali, ciechi e sordi fra i 18 e i 67 anni una maggiorazione della pensione d’invalidità di 400 euro mensili. I limiti reddituali nel 2024 per un fruitore single della pensione sono 9.555,65 euro, per un pensionato coniugato 16.502,98 euro. “Nel calcolo dell’importo limite vengono conteggiate però anche le borse lavoro”, spiega al fattoquotidiano.it Carlo Giacobini, uno dei massimi esperti italiani in materia di legislazione sulle disabilità, “il che comporta una fortissima riduzione o una perdita completa della maggiorazione”. Un meccanismo poco noto e che molti “hanno scoperto a posteriori, dopo l’erogazione della maggiorazione”, quando “Inps, magari a distanza anche di due anni, chiede la restituzione della maggiorazione”. Che viene ridotta del corrispettivo dell’importo percepito attraverso il tirocinio. In pratica ogni mese viene sottratta una quota fino a che si raggiunge l’importo complessivo che è stato guadagnato. “Una persona con grave disabilità che riesce ad avere una borsa lavoro e riceve una retribuzione davvero minima si vede poi pure decurtato dall’Inps tutto quel che ha guadagnato. È una cosa gravissima“, chiosa Rondelli. Oltre al danno anche la beffa per queste persone in condizioni di estrema fragilità che già fanno una grandissima fatica a lavorare, come ad esempio le persone autistiche che in Italia trovano una occupazione solo nell’1% dei casi. “Oltre che un elemento di disequità“, aggiunge Giacobini, ne deriva “un evidente disincentivo a scegliere e intraprendere percorsi di autonomia ed inclusione, sospingendo verso forme di puro assistenzialismo”.

Le testimonianze – “Luca percepisce una pensione di invalidità che in data luglio 2024 è stata tagliata poiché mio figlio negli anni 2021 e 2022 ha effettuato un tirocinio lavorativo presso l’associazione L’Ortica di Milano tramite l’Afol Metropolitana”. A denunciarlo al fattoquotidiano.it è Antonella Novi, mamma di un ragazzo autistico di 22 anni. Tale tirocinio, che si chiama Dote Impresa, è patrocinato dalla Regione Lombardia e ha consentito a Luca di svolgere un’attività lavorativa retribuita per cui ha percepito nel 2021 1.500 euro e nel 2022 1.400 euro. “Secondo i calcoli dell’Inps”, spiega Novi, “per questa limitata attività lavorativa, Luca però dovrà restituire una somma di 3.892,04 euro, importo che viene richiesto attraverso una trattenuta di 78 rate mensili dall’attuale pensione”. Secondo quanto indicato dall’ente pensionistico italiano, il ricalcolo della pensione, per questa specifica attività, comprende la rideterminazione della maggiorazione sociale e la rideterminazione della maggiorazione prevista dall’articolo 38 della legge 448/2001, finanziaria 2002 (aumento al milione). “Questa situazione non solo rappresenta un danno economico per le esigenze quotidiane di mio figlio ma soprattutto è una mancanza di attenzione nei confronti di Luca e di tutti i ragazzi che, non potendo lavorare in contesti tradizionali, tramite le proprie famiglie si rivolgono alle associazioni affinché li aiutino a trovare una dimensione lavorativa”.

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In particolare, Novi sottolinea che “è una contraddizione il fatto che, se da una parte le famiglie vengono sollecitate dalla Regione a indirizzare i propri figli a svolgere attività lavorativa con le Doti Impresa attraverso il supporto delle associazioni specifiche, dall’altra l’Inps considera queste stesse attività un reddito che, sommato alla pensione, genera un ricalcolo che va in conflitto con i limiti imposti dall’istituto previdenziale”. Un caso simile l’ha vissuto anche Maurizio Brambini, papà di Irene di 29 anni con una disabilità cognitiva, in provincia di Varese. “Mia figlia ha intrapreso un tirocinio lavorativo protetto con il contratto trimestrale, ma già dopo un solo mese non ha potuto proseguire per vari motivi legati all’inadeguatezza del lavoro”, racconta. “Irene ha ricevuto una liquidazione di una piccola ma gradita somma di 300 euro, ma l’Inps ha trattenuto successivamente delle somme con la causale che l’assistita ha lavorato, quindi non le spettava la pensione d’invalidità completa”. Si trattava di un solo mese di tirocinio e alla ragazza è stata chiesta una cifra superiore rispetto al guadagno ricevuto. “Vorrei che queste incredibili cose non accadessero almeno nei confronti di soggetti con gravi disabilità e per le famiglie che li sostengono”, denuncia Maurizio.

L’esperto – Carlo Giacobini parla di “effetti paradossali”, “gravi ingiustizie” sulla pelle dei lavoratori più fragili e riscontra “conseguenze collaterali e inattese”. La prima riguarda la fiscalità. “La disciplina vigente in materia di imposte sui redditi considera fra i redditi esenti alcune borse di studio, fissando in taluni casi un limite di importo, come pure, entro un certo limite (10mila euro) i “compensi erogati nell’esercizio di attività sportive dilettantistiche” (art. 67 TUIR)”, spiega. “Paradossalmente rappresentano invece reddito imponibile le “borse lavoro” (o diversamente denominate) corrisposte a persone con disabilità per tirocini, stage, percorsi di avvicinamento al mondo del lavoro”. Quando l’ammontare lordo annuo di queste borse lavoro supera i 4mila euro (se l’interessato è under 24) o 2.840,51 euro (se ha più di 24 anni) la persona con disabilità non rientra più fra i familiari a carico del genitore o del familiare con tutto ciò che ne deriva sotto il profilo fiscale e delle misure di sostegno per i singoli e per i nuclei familiari. “L’importo, che non è dunque fiscalmente neutro, influisce anche sull’ISEE familiare e personale. Poco – si dirà – ma vi incide”, evidenzia.



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