L’approvazione del testo di Riforma Costituzionale per la tutela delle Vittime di reato,varato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato lo scorso 10 dicembre e trasmesso all’Aula per la sua approvazione definitiva, ha destato sconcerto tra i Giuristi che attendevano la nuova norma invocata da tempo.
Inserire la Riforma nell’art.24 della Costituzione, significherebbe, infatti, negare che le Vittime abbiano un diritto di difesa autonomo, già sancito dalla stessa norma e che occorra riscriverla ex novo!!
Cosa ben diversa sarebbe stato includere la tutela nell’ambito dell’art 111 che disciplina il Giusto Processo ,che costituisce la sede più opportuna anche con riferimento all’indennizzablità della Vittima nei casi di incapienza dell’imputato,come sancito, in tutta evidenza, dalla Direttiva Europea 2012/29/UE, ed assicurando così alla Vittima una piena parità in ambito processuale con l’imputato.
La scelta operata dalla Commissione appare, quindi, in palese contrasto con la Dottrina prevalente che si è sviluppata begli ultimi anni e che era stata tutta di segno opposto.
I lavori parlamentari
La Riforma all’esame della Commissione Affari Costituzionali sin dal 4 ottobre 2023,prevedeva,in origine, la«Modifica dell’articolo 111 della Costituzione in mate ria di tutela delle vittime di un reato» in base alle varie proposte di modifica avanzate,tutte incentrate su tale impostazione e aventi contenuti analoghi.
(427) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. – IANNONE e altri. – Modifica all’articolo 111 della Costituzione in materia di tutela delle vittime di reati e delle persone danneggiate da reati
(731) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. – MARTON e altri. – Modifica dell’articolo 111 della Costituzione, in materia di tutela delle vittime di un reato
(888) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. – PARRINI e altri. – Modifica dell’articolo 111 della Costituzione, in materia di tutela delle vittime di un reato
(891) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. – DE CRISTOFARO. – Modifica dell’articolo 111 della Costituzione, in materia di tutela delle vittime di un reato
In effetti,dalla lettura delle proposte citate,è emersa una sostanziale uniformità delle stesse alla luce delle considerazioni seguenti.
Come sottolineato nella Relazione illustrativa del DDL n 888,l’obiettivo condiviso era quello di colmare una «presunta carenza a livello costituzionale»,integrando il relativo quadro normativo «con una previsione più specifica a tutela della vittima dei reati».
La prima Riforma dell’articolo 111 Cost. venne stata adottata con La legge Cost. del 23 novembre 1999,n.2 ed era concentrata sulla figura ella persona accusata di reato alla quale vebva garantita una vasta gamma di diritti e facoltà.
Persisteva, invece, la mancanza nella Carta costituzionale di norme specifiche a favore della vittima dei reati, nonostante che,nella parte iniziale della Carta costi tuzionale – quella dei « Princìpi fondamentali » -si faccia riferimento ai princìpi ed alle esigenze di «solidarietà politica, economica e sociale.
L’assenza di un esplicito,quanto necessario,fondamento costituzionale della tutela delle vittime del reato nel processo si ravvisava,soprattutto, nell’àmbito del processo penale“rendendo doveroso intervenire anche nell’ambito delle regole del giusto processo a tutela di quello che è sempre stato il soggetto meno garantito”(||)
Al fine di dare piena tutela sul piano processuale alla vittima del reato,si prospo neva,pertanto,l’inserimento,dopo il quinto comma dell’art. 111 Cost., del seguente testo: «La legge garantisce i diritti e le facoltà della vittima del reato».
Pertanto, nel corso dei lavori della Prima Commissione Costituzionale, i Senatori pervenivano all’adozione di un testo unico che, riunificando le varie proposte,rice- veva l’approvazione unanime del seguente testo:
All’articolo 111 della Costituzione, dopo il quinto comma, è inserito il seguente: «La Repubblica tutela le vittime di reato e le persone danneggiate dal reato».
Si procedeva, quindi, ad alcune Audizioni di esperti della materia e costituzionalisti per avere il parere degli stessi sul testo adottato.
Tuttavia il 16 Ottobre 2024, nella discussione, emergeva che in molte delle Audizio ni erano state espresse perplessità circa l’inserimento della tutela delle vittime di reato all’interno dell’articolo 111 della Costituzione ed analoghe perplessità, peraltro, venivano avanzate anche da molti membri della Commissione Giustizia durante la discussione generale in sede consultiva.
Anche per queste ragioni, la Commissione stabiliva un ulteriore breve ciclo di Audizioni di altri costituzionalisti al fine di individuare una migliore collocazione della modifica in corso che non snaturasse il “giusto processo” disciplinato dall’art. 111. Pertanto, veniva formulata una nuova proposta diretta ad inserire la tutela delle vittime nell’Art. 24 della Costituzione che concerne il “diritto di difesa”.
L’altra questione emersa nel dibattito della Commissione ha riguardato la termino logia da adottare con riferimento alle vittime di reato in relazione alla legislazione europea al fine di chiarire se utilizzare il termine “vittima di reato“ o “danneggiato dal reato”.
La Relatrice del provvedimento, Sen. Campione, illustrando il nuovo testo unificato, proponeva, quindi, di inserire, dopo il secondo comma dell’Art.24 un terzo comma in base al quale “La Repubblica tutela le vittime di reato”.
In proposito, la stessa Relatrice ricordava che, sebbene il primo testo adottato prevedesse, invece, l’inserimento nell’ambito del c.d. “giusto processo”, all’esito delle Audizioni, la Commissione era pervenuta ad un nuovo testo, adottato nella seduta del 4 dicembre, che recepiva le indicazioni emerse dal dibattito nella Commissione Giustizia, e, pertanto, ne proponeva l’approvazione anche sulla base degli emendamenti presentati.
Inoltre, il Sen. Zanettin, intervenendo nella discussione, sottolineava che la nuova collocazione della modi fica costituzionale consentiva di superare le perplessità scaturite nel corso dell’esame poiché, mentre il precedente testo inseriva la tutela delle vittime dei reati all’interno dell’art.111,“alterando gravemente gli equilibri tra le parti su cui si fonda il processo penale”, la nuova formulazione collocava la tutela all’interno dell’art.24 “senza modificare quegli equilibri”.
Di diverso avviso era il Sen. Scalfarotto, secondo il quale anche il nuovo testo elaborato dalla Commissione continuava a presentare delle criticità, sebbene migliore del precedente, poiché la formulazione originaria interveniva sull’Art. 111 “ridisegnando i rapporti all’interno del processo penale e dando luogo a gravi disequilibri”, e confermava “una discutibile tendenza ad inserire nel testo costituzionale principi generali destinati, il più delle volte, a rimanere inattuati, laddove, per contro, il ricorso allo strumento della legislazione ordinaria offrirebbe maggiori garanzie di concreta realizzazione”.
Inoltre, in via di principio, “l’inserimento nell’articolo 24 della tutela delle vittime di reato rischiava, da un lato, di rivelarsi pleonastico e, dall’altro, di dar luogo, in concreto, ad inopportune pressioni sull’attività del Magistrato giudicante, che sarebbe portato a pronunciare sentenze commisurate non all’effettivo disvalore del fatto compiuto bensì alla percezione maturata dall’Opinione pubblica su di esso, con evidente sbilanciamento verso il massimo edittale”(??)
Non emergeva, invero, dagli interventi una concreta prospettazione delle ragioni che facevano protendere verso il nuovo testo elaborato dalla Commissione in sostituzione di quello precedente e le ragioni della sua nuova collocazione.
A tanto aggiungasi che la infelice decisione era stata assunta sulla base delle Audizioni espletate e non del libero convincimento dei proponenti e della Dottrina prevalente in materia,come innanzi ricordato e di cui si dirà oltre.
Pertanto, nonostante le perplessità manifestate, nella seduta del 10 /12/2024 la Commissione è pervenuta all’’approvazione del nuovo testo in base al quale, al comma 1 dell’art 24,sono stati inseriti i seguenti commi: La Repubblica tutela le vittime di reato.
Nessun reato può essere introdotto se non per legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, fuori dai casi di cui agli articoli 76 e 77.”
Gli effetti della modifica
Il testo approvato,passa,quindi,all’esame dell’Aula per la definitiva approvazione, che proseguirà alla Camera dei Deputati per la doppia lettura,come previsto per l’approvazione delle Leggi Costituzionali,sebbene risulti del tutto evidente la erro neità giuridica della collocazione nell’art 24 della Cost.che disciplina il c.d. “diritto di difesa”
Infatti, come sancito dalla norma: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (…)
La norma costituzionale in esame pone i principi base della tutela giurisdizionale, sancendo che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, che a tutti sono forniti i mezzi per potersi difendere e, da ultimo, una riserva di legge al fine di disciplinare la riparazione degli errori giudiziari.
I diritti inviolabili di difesa giudiziaria, basati sul principio di uguaglianza, riconoscono a tutti la possibilità di ricorrere al sistema giudiziario in condizioni di parità e di essere giudicati da giudici imparziali.
Il diritto alla difesa è inviolabile ed universale, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico e non è possibile limitarlo o eliderlo in alcun modo, nemmeno mediante procedimenti di revisione costituzionale.
A livello comunitario il diritto alla difesa dei meno abbienti come sancito dall’art. 47 comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Corollario di tale tutela è l’obbligo di assistenza da parte di un esercente la professione legale e la possibilità di poter partecipare effettivamente al processo.
La partecipazione al processo,inoltre,deve assicurare un corretto contraddittorio e deve svolgersi con la completa parità delle armi tra i soggetti partecipanti, sia nella fase di ammissione delle prove sia, più in generale, nello svolgimento dell’intero giudizio.
In definitiva e proprio in base alla stessa norma,il “diritto alla difesa” appartiene anche alla Vittima di reato, che, invece, secondo la modifica approvata,dovrebbe essere nuovamente riscritta!! Quid juris??
In tutta evidenza si vorrebbe ricorrere ad un tale espediente per impedire, invece, una effettiva tutela processuale della vittima, come pure affermato nei vari DDL sottoposti all’esame della Commissione senatoriale, che, invero, è cosa ben diversa dal generico “diritto alla difesa ”poiché differisce dallo stesso per la mancanza di contenuti processuali regolatori della delicata materia che si rinvengono, invece, nell’art.111.
- L’art 111 e il Giusto Processo
Il tema del “giusto processo” è stato spesso posto al centro del dibattito politico, soprattutto per le implicazioni derivate da fatti di cronaca che l’opinione pubblica considera particolarmente esecrabili e meritevoli di una giustizia immediata e certa.
Se poi si considera l’influenza della “spettacolarizzazione del crimine” – e, quindi, del diritto penale – sulla percezione dell’amministrazione della giustizia si ottiene un quadro controverso.
Dal punto di vista processuale la svolta decisiva per la tutela dei diritti dello accusato/imputato è avvenuta con il passaggio dal modello inquisitorio a quello accusatorio,introdotto nel nostro Ordinamento attraverso il “giusto processo” (v.per una più ampia disamina,T.Di Giulio,Analisi delle garanzie del “giusto processo” sancite dall’articolo 111 della Costituzione italiana)
Il processo accusatorio si basa su alcuni elementi fondamentali che possono essere così sintetizzati:
a)la separazione delle funzioni processuali tra diversi soggetti portatori di interessi contrapposti;
b)il contraddittorio tra le parti, importante ed irrinunciabile per la formazione e l’esame delle prove.
Il processo accusatorio è volto alla ricerca della verità (processuale) grazie alla separazione delle funzioni attribuite alle parti:
- il pubblico ministeroa cui spetta l’azione penale;
- l’imputatoche deve essere posto nella condizione di esercitare a pieno il suo diritto di difesa;
- la persona offesa, che ricopre un ruolo sempre più importante in ambito processuale.
- Il giudice, organo super partes e distinto dall’accusatore, è affidato il controllo del rispetto delle regole relative alla contesa tra le parti..
il modello accusatorio e il “giusto processo” sono stati inseriti nell’’art. 111 in cui il primo comma chiarisce che:
«La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge».
Inoltre,il“giusto processo”è disciplinato anche da fonti sovranazionali,recepite dal nostro Ordinamento,ed, in particolare,dall’art. 6 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e dall’art.46 comma 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea,
La Convenzione Europea,che ha recepito una più analitica tutela dei diritti enunciati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, assurge,oggi,al rango di norma costituzionale europea che costituisce nel diritto interno, fonte diretta,di rango superiore, poiché attiene ad un diritto inviolabile.
Essa stabilisce all’art.6,par.1, che “ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole davanti ad un tribunale indipendente e imparziale,istituito per legge”.
La Corte Europea di Strasburgo,nell’interpretare la norma, ha anche stabilito che il diritto al risarcimento a carico dello Stato costituisce un diritto civile soggettivo e,quindi,ogni istanza connessa deve essere sottoposta ai principi dell’art.6 CEDU (v.sentenza del 27/5/1997 Rolf Gustafson c/ Svezia)
La posizione della Corte di Strasburgo è stata piuttosto netta sul punto.
Essa ha ricordato:
- che, secondo la Corte costituzionale, la persona offesa nel procedimento penale,indipendentemente dalla costituzione di parte civile, anche nel nuovo codice, conserva la veste di soggetto eventuale del procedimento o del processo, e non di parte;
- che, ai sensi dell’art. 79 cpp, la parte danneggiata può costituirsi parte civile a partire dall’udienza preliminare e che, prima di tale momento, può esercitare determinati poteri (art. 90 cpp), in ordine ai quali le autorità interne sono tenute a fornire tempestiva informazione (art. 90-bis cpp);
- che,tra l’altro, la persona offesa ha diritto di essere informata, senza pregiu dizio del segreto istruttorio,decorsi sei mesi dalla data di presentazione della denuncia o della querela,in ordine allo stato del procedimento (art. 335, com ma 3-ter, cpp), di svolgere attività investigativa (art. 327-bis cpp), di essere assistita da un difensore (art. 101 cpp);
- che, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo penale, la persona offesa dal reato o il querelante, anche a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs n. 212/2015, che ha rafforzato la posizione della vittima del reato,non possono considerarsi parti del suddetto procedimento prima della loro costituzione come parte civile, non avendo un autonomo diritto a che il reo sia sottoposto a pena e neppure, dunque, alla tempestività della decisione di assoluzione o di condanna dell’imputato in sé sola considerata, senza che ciò contrasti con gli artt. 3 e 24 Cost., ben potendo la persona offesa svincolarsi dall’esito di quel procedimento, promuovendo un’autonoma domanda risarcitoria in sede civile ovvero, quando possibile, costituirsi parte civile nel procedimento penale, senza alcuna compromissione del proprio diritto di difesa
A tanto aggiungasi la tutela della vittima sancita dalla Direttiva Europea n. 2012/29/UE di cui si dirà infra.
Inoltre, la Legge Costituzionale n.2 del 1999, istitutiva dell’art.111,al comma 3, prevede che «Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo».
La norma costituisce il riconoscimento di una serie di garanzie a lungo negate nella storia processuale penale all’imputato come la effettiva conoscenza degli addebiti ed il diritto di difesa.
È proprio su quest’ultimo che il “giusto processo” vede la sua massima realizzazione, atteso che consente l’esercizio del diritto di potersi difendere con tutti i mezzi necessari.
Le altre garanzie dell’articolo 111 sono la motivazione dei provvedimenti e il ricorso in Cassazione poiché il “ giusto processo” non si esaurisce con il diritto di difesa e il contraddittorio tra le parti processuali, ma si estende anche alla fase conclusiva del processo: l’emanazione della sentenza.
In definitiva, anche in base al richiamo operato dall’art 111 al diritto di difesa non si comprende la necessità per la Commissione di introdurre la tutela delle vittime nell’art 24, come invece é avvenuto.
- La tutela della Vittima in Costituzione
Fatta questa debita premessa, va sottolineato che in questo quadro normativo manca, tuttavia, ogni riferimento alla tutela della Vittima di reato nel processo penale anche per quanto attiene ad una tutela indennitaria, aspetto più volte discusso in Dottrina, derivante dalla c.d. “responsabilità oggettiva dello Stato per i danni subiti dalla Vittima di reato”,specie nei casi della incapienza dell’imputato, come, all’uopo, previsto dalla richiamata Direttiva Europea del 2012/29/UE (v. ex multis, L. Magliaro, La vittima del reato nel processo penale)
Inoltre, alla luce delle attuali tutele costituzionali assicurate all’imputato, la Dottrina più autorevole ritiene che sarebbe possibile definire come “giusto” un processo caratterizzato da una ragionevole durata e celebrato nel rispetto del contraddittorio tra le parti, ove si formano le prove e l’imputato è posto in condizione di difendersi dalle accuse mosse a suo carico dinanzi ad un il Giudice equidistante, terzo ed imparziale.
E’ evidente che, mancando la parte offesa nella norma regolatrice, non si possa parlare di un “giusto processo”(!!).
Sull’argomento si è sviluppato, negli ultimi anni, un ampio dibattito dottrinale diretto ad orientare l’attenzione del Legislatore per una effettiva tutela delle vittime nell’ambito del più lungo percorso di civiltà manifestatosi nello sviluppo del diritto penale e processuale, che ha trovato, come ricordato, un pieno riconoscimento nella nostra Carta costituzionale con l’art.111 ed al quale le fonti internazionali hanno contribuito in maniera decisiva, come innanzi ricordato.
Tuttavia, il fatto che la funzione stessa del processo costituisca una garanzia per l’imputato,non può essere escluso che possa essere anche il luogo destinato alla piena soddisfazione delle legittime doglianze della vittima, poiché non rappresenta un ostacolo ma, al contrario, costituisce il punto di partenza di un diverso percorso per una piena tutela delle Vittime dei reati.
Invero, l’aver sancito nella Costituzione i principi di eguaglianza e di rispetto della dignità della persona, costituisce il necessario ambito per collocare la reazione del la persona danneggiata e la sua richiesta di giustizia in un contesto di tutela dei diritti fondamentali dell’individuo intervenendo sulla stessa norma introdotta.
Se la condotta di colui che ha provocato un danno a un soggetto, ponendolo, quindi in una posizione di minorità, viene realizzata in violazione di una regola di compor-tamento stabilita dalla Comunità e posta a presidio della sicurezza, del benessere, dell’integrità psico-fisica delle persone, allora il fatto-reato non diventa più solo una vicenda privata tra chi lo ha determinato e chi ne subisce le conseguenze ma assume importanza per tutta la Comunità.
Ne consegue che la violazione della norma che ha determinato l’evento pregiudizievole per la vittima provoca una reazione che interessa non soltanto la vittima stessa, ma l’intera Collettività e, come tale, costituisce un principio valido erga omnes meritevole della sua collocazione nella Costituzione e nel giusto processo.
Il processo deve concludersi con una decisione imparziale ed il Giudice non può astenersi dall’assumere la stessa ma dovrà necessariamente affermare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato e provvedere sulle istanze risarcitorie della Vittima.
In tal caso, il ruolo dello Stato sarà quello di indennizzare adeguatamente la Vittima in caso di in capienza del reo, come più volte affermato dalla Corte di Giustizia Europea e dalla Direttiva 2012/29/UE.
Il processo costituisce, dunque, un percorso che termina con la decisione ma, in questa prospettiva, ’imputato, la vittima del reato, ma anche i testimoni, i Giudici, gli accusatori e i difensori, sono i protagonisti del processo, sebbene il loro ruolo è strumentale poiché assume rilievo solo lo specifico interesse al processo di chi sia l’autore del reato o la sua vittima.
La definizione di tale funzione del processo si ritrova pienamente disegnata nelle regole che lo governano ed, in particolare, da quelle del “giusto processo” ex art 111 della Costituzione, nel quale, come innanzi sottolineato, manca ancora ogni tutela per la Vittima poiché essa assume una particolare rilevanza principalmente per l’apporto che può fornire alla sua definizione per la conoscenza dei fatti.
Gli interventi normativi che si sono succeduti negli anni, a tutela della posizione della vittima, sono avvenuti in un percorso virtuoso che ne ha emancipato la condizione da mero strumento processuale, utilizzabile per l’accertamento dei fatti, a destinataria di una tutela legata alla sua condizione di minorità, che scaturisce dall’aver subito un pregiudizio.
Tuttavia, tale percorso non può prescindere dalla necessaria presenza della vittima nel processo finalizzata a fornire ad esso il suo contributo per pervenire all’esito finale.
A questo proposito va ricordato che la tutela della vittima si è progressivamente imposta e inverata nelle legislazioni nazionali a seguito delle tutele garantite dagli atti normativi di fonte internazionale, emessi da organismi quali l’Onu,il Consiglio d’Europa,l’Unione europea, fino ai rilievi delle corti penali internazionali.
Nell’ambito della nostra Legislazione un primo ampliamento delle facoltà e dei poteri attribuiti alla persona offesa nel processo penale, è avvenuto attraverso gli strumenti di partecipazione consapevole al processo fino al recente intervento normativo del D.Lgs. n. 215/2015 che ha recepito, sebbene in parte. la Direttiva Europea 2012/39/UE.
In questo senso, si sono adottati strumenti diretti a garantire, in primo luogo, il diritto di informazione della persona offesa, tanto della vicenda processuale quanto dei diritti e delle possibilità di intervento legati al ruolo di persona offesa.
Il diritto di informazione deve, poi, ritenersi finalizzato a permettere l’accesso e la partecipazione al processo, prevedendo strumenti economici, ove necessario, per consentire alla vittima di sostenere le spese relative alla sua partecipazione nel processo.
Infine, l’aspetto più significativo è stato l’esigenza di garantire alla vittima la protezione dal processo per evitare la cd.“vittimizzazione secondaria”.
In questo senso, è utile ricordare come dalla commissione di un reato conseguano, nei confronti della vittima, diversi effetti immediati, alcuni conseguenze dirette derivanti dalle caratteristiche del reato stesso, come la gravità del fatto, le modalità della sua esecuzione, nonché le caratteristiche del soggetto passivo e ulteriori circostanze concorrenti mentre altre e ulteriori conseguenze sono solo indirettamente connesse al reato e derivano dall’impatto della vittima con l’apparato giudiziario.
Come noto, si qualificano le prime come effetto di vittimizzazione primaria e le seconde come effetto di vittimizzazione secondaria.
Le conseguenze negative per la persona offesa dal reato, legate allo svolgimento del processo, possono essere di vario tipo.
Quelle che riguardano le conseguenze economiche per la partecipazione al processo sono state affrontate e risolte offrendo alla vittima un supporto economico, tuttavia, altre e forse più significative conseguenze negative sotto un diverso profilo derivano dalla sovrapposizione del ruolo di vittima con quello di fonte di prova nel processo, ossia di testimone che deve fornire al giudice le necessarie informazioni su quanto gli è accaduto, il che implica che la persona offesa sia costretta a riferire più volte la vicenda di cui è stata vittima, ripercorrendo fasi della vita e ricordi necessariamente dolorosi, se non traumatizzanti.
Pertanto, anche sotto questo profilo, gli interventi legislativi si sono susseguiti nella prospettiva di limitare il più possibile la sottoposizione della vittima a una molteplicità di esami e interrogatori e di garantire che questi avvenissero comunque adottando tutte le misure più idonee, con modalità protette, per consentire il minor pregiudizio possibile per la vittima, in special modo se la medesima deve essere qualificata come “soggetto debole”.
Anche tali considerazioni, di per sé, giustificano la necessità di introdurre una norma di tutela costituzionale, nell’ambito ed in aggiunta a quella già varata dal Legislatore con l’art 111 della Costituzione.
Infine, sebbene la maggiore attenzione del Legislatore alla vittima del reato abbia comportato un progressivo adattamento degli strumenti processuali diretti alla tutela della stessa, una migliore prospettiva di risarcimento e/o indennizzo della stessa, è rimasta totalmente intonsa nei vari DDL presentati in Parlamento senza nessun apporto risolutorio.
In base alle osservazioni innanzi articolate, si possono trarre alcune conclusioni.
Dopo il lungo percorso di civiltà compiuto dal processo penale in favore dell’imputato, ma, soprattutto, dopo avere introdotto nella Costituzione il principio della parità delle parti, per potersi avere un «giusto processo», diviene inevitabile l’inserimento nella norma costituzionale anche della tutela della Vittima del reato che appare come la più debole e meno protetta dall’Ordinamento.
Una delle tappe fondamentali di questo cammino riguarda l’attenzione rivolta alla vittima in relazione all’accertamento giudiziale del reato, con la previsione di norme che garantiscano l’informazione, la presenza e la difesa nel processo, nonché la tutela dalla vittimizzazione secondaria mediante l’adozione di strumenti processuali che limitino l’impatto negativo che può derivare dal processo.
Tuttavia, la mancanza di un esplicito fondamento costituzionale di tale tutela nel processo si riverbera soprattutto all’interno del processo penale, in cui la vittima del reato trova spazio soltanto se si costituisce parte civile e da ciò deriva una sorta di emarginazione che, proprio per questo, deve trovare un effettivo riconoscimento del suo ruolo anche nella nostra Carta costituzionale.
Come ricordato, anche le fonti internazionali hanno contribuito in maniera decisiva a questo percorso, sulla base del riconoscimento dei principi e dei valori che sono stati accolti nei vari Ordinamenti nazionali, tra cui il nostro.
Nondimeno, occorre rilevare che alcuni studiosi della materia ritengono che, all’interno dell’attuale processo penale, non sia del tutto garantita, allo stato delle norme, una piena tutela, anche perché essa inevitabilmente finisce per appesantire l’iter processuale, così costituendo un ostacolo alla rapida definizione del processo e che l’inserimento in Costituzione potrebbe “alterare” il corso del giudizio e la decisione finale del Giudice in base alle istanze risarcitorie della Vittima.
Per contro, va sottolineato che la funzione stessa del processo, di garanzia per l’imputato, consente che esso possa trasformarsi nel luogo destinato alla piena soddisfazione della vittima, favorendo nei suoi confronti il pieno riconoscimento delle istanze risarcitorie ovvero indennitarie che sono essenziali per la sua tutela.
In conseguenza, la tutela di chi ha subito un danno dal reato oggetto di accertamento nel processo penale, deve divenire il punto di partenza non soltanto per le pratiche risarcitorie, ma, anche e soprattutto, per evitare la condizione di soggetto debole della stessa mentre non manca chi sostiene che tali istanze potrebbero essere rivolte al Giudice civile per non appesantire il processo(!!).
In proposito vale la pena di ricordare che neppure la c.d. Giustizia Riparativa e il suo strumento principale, la mediazione penale, recentemente introdotti dalla Riforma Cartabia, rappresentano la migliore risposta per la definizione del conflitto generato dal reato e per rispondere concretamente ai suoi bisogni, poiché essa si fonda sul presupposto che “reato” non è soltanto la violazione di una norma giuridica, ma costituisce una realtà molto più complessa, capace di generare una molteplicità di offese, in quanto molteplici sono i soggetti che possono riportare conseguenze negative dal fatto criminoso.
Quindi, sebbene, nel contesto della mediazione penale, la vittima divenga protagonista e trovi un luogo dove poter esprimere le proprie sofferenze e i propri bisogni, questo deve comportare una maggiore attenzione allo sviluppo di questo nuovo Istituto di giustizia alternativa.
Benché la ratio della Riforma sia stata quella di avviare un nuovo scenario con l’obiettivo ambizioso di una giustizia tesa verso una umanizzazione del diritto penale, ossia in grado di collocarlo correttamente all’interno delle complesse dinamiche dei rapporti sociali nelle Società a democrazia avanzata, questo non deve distogliere l’attenzione del Legislatore dal varare una norma costituzionale che racchiuda e tuteli ogni forma di violazione dei principi del Giusto Processo.
Mario Pavone
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