Molise, la fame di suolo infligge ferite al paesaggio. E peggiora la qualità di vita

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Già nel 2022, sul consumo di suolo, il Molise presentava il valore più alto, in termini ‘pro-capite’, rispetto alle regioni italiane: 578 mq/ab., quasi 200 in più rispetto al valore nazionale che si attestava su 359 mq/ab. Una situazione che già imponeva di difendere i terreni da ogni consumo. La perdita di ‘ager’ fertile aumenta il rischio idrogeologico, peraltro aggravato dai cambiamenti climatici. “Una situazione – afferma la Coldiretti Molise – che ci impone di difendere il patrimonio”. La perdita di terra fertile non pesa solo sugli approvvigionamenti alimentari poiché il suolo, sepolto sotto asfalto e cemento, non consente l’assorbimento di milioni di mc. di acqua piovana che scorrono in superficie aumentando il rischio idrogeologico, aggravato dai cambiamenti climatici.

Il cemento sta mangiando l’Italia, al ritmo di 10.000 ettari di territorio all’anno. Periferie sempre più estese, arterie stradali, maxi-parcheggi e capannoni. Grappoli disordinati di sobborghi residenziali e centri commerciali estesi nelle campagne. È l’ambiente in cui vivono 6 italiani su 10. Lombardia, Veneto e Campania guidano la classifica: cresce l’asfalto, la terra soffre, va in crisi il sistema idrogeologico. Mancano regole a tutela del suolo, aumentano i danni ambientali ed i costi sociali. È l’allarme lanciato, sin dal 2011, da Legambiente: insieme agli spazi verdi, spariscono ettari preziosi per l’agricoltura, che vanta un ‘export’ da 26 miliardi di euro. A farla da padrone sono i palazzi: negli ultimi anni si sono costruiti 4 milioni di nuove case; ma, oltre un milione di alloggi, resta vuoto. E almeno 200.000 famiglie non riescono a pagare l’affitto o la rata del mutuo.

L’urbanizzazione selvaggia è sempre più insostenibile. Lo rivelano i rapporti realizzati in collaborazione con l’Istituto nazionale di urbanistica. Un quadro inquietante che, oltre all’ambiente, mette in pericolo anche la produzione agroalimentare. Il cemento invade oltre 2 milioni e 350.000 ha.. Un’estensione equivalente a quella di Puglia e Molise messe insieme: il 7,6% del territorio nazionale, con 415 mq/ab. Risultato: crescono le superfici impermeabili. Già nel 2007, in città, come Napoli e Milano, era isolato dall’acqua il 62% del suolo. Il primato è della Lombardia, con il 14% di superfici artificiali. Seguono Veneto (11%), Campania (10,7%), Lazio ed Emilia (9%). A rischio la Sardegna, dove la cementificazione minaccia patrimoni naturali di inestimabile valore.

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“Il territorio italiano si sta rapidamente metropolizzando”, ha affermato il Presidente INU: “Alla città tradizionale si sta sostituendo una nuova città, in cui vive oltre il 60% dell’intera popolazione italiana”. Si vive in condizioni insostenibili: cementificazione, traffico congestionato, nuovi squilibri e fame di spazio pubblico. Principale imputato: la crescita incontrollata delle periferie metropolitane, che divorano ogni anno 500 kmq. di aree verdi. Un esempio? Roma è il più grande comune agricolo in Europa. Nella città eterna, i complessi residenziali in periferia hanno “mangiato” quasi 5mila ha. agricoli e 416 di bosco. E il peggio deve ancora arrivare: i piani regolatori di Roma e Fiumicino prevedono di consumarne ancora 10.000, più di quanto sia stato urbanizzato dal 1993 al 2008. ll Politecnico ammonisce che, “ad essere erose, sono le risorse agricole e di biodiversità che costituiscono uno dei beni comuni più importanti”.

L’Italia è in controtendenza rispetto ai Paesi europei dove “sono in atto da tempo politiche ambientali ed urbanistiche incisive contro il consumo di suolo e i suoi costi sociali”. Lo ‘sfruttamento’ italiano non produce “solo ferite al paesaggio”, ma “una vera e propria patologia del territorio”. Per questo Legambiente ed INU hanno deciso di creare un Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo. Nella legislazione italiana “mancano ancora regole efficaci sulle facoltà di trasformazione dei suoli”, affermano a Legambiente Lombardia: “Qualunque sia la politica che una Regione attua per il governo del territorio, è irrinunciabile che essa sia confortata da un’attività di verifica e monitoraggio, oggi estremamente lacunosa”.
Molti comuni piemontesi, stanchi di vedere il proprio territorio invaso da capannoni sfitti, hanno dato vita alla Campagna nazionale ‘Stop al consumo di territorio’.

Il consumo di suolo è oggi un indicatore dei problemi del Paese. La crescita di questi anni, senza criteri o regole, è tra le ragioni dei periodici problemi di dissesto idrogeologico e tra le cause di congestione e inquinamento delle città, dell’eccessiva emissione di CO2 e della perdita di valore di tanti paesaggi italiani ed ha inciso sulla qualità dei territori producendo dispersione e disgregazione sociale. Occorre fare come negli altri Paesi europei, dove lo si contrasta attraverso precise normative di tutela e con limiti alla crescita urbana, ma anche con la realizzazione di edilizia pubblica per chi ne ha veramente bisogno. Tra le abitazioni sfitte, 300mila sono a Roma, 200mila a Cosenza, 150mila a Palermo, altrettante a Torino ed oltre 110mila a Catania. Ma il fenomeno sfugge, perché non ci sono banche-dati aggiornate. E la piaga dell’abusivismo si aggiunge alle carenze di pianificazione.





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