C’è la cometa di Natale, quella che indicò ai Magi la capanna di Betlemme, anche se potrebbe non essere stata una cometa, ma una particolare congiuntura di stelle. Se fu una cometa, però, potrebbe essere arrivata da uno dei reali “nidi di comete”, da quello che forma una ciambella attorno al sistema solare, la “Fascia di Kuiper”, composta da asteroidi e comete in grandi quantità o dall’immensa “Nube di Oort” dove sono annidiate miliardi di comete e che si trova a una distanza che è all’incirca a metà strada tra il nostro sistema solare e la stella più vicina a noi, Alpha centauri.
Da questi due luoghi dello spazio partono di tanto in tanto le comete che poi possono apparire nel nostro cielo con code mirabolanti oppure passare inosservate perché troppo distanti per essere osservate da occhio umano. Ma ci sono anche comete che giocano a nascondersi tra altri oggetti.
Un esempio è l’oggetto enigmatico scoperto nel 2021 nella fascia principale degli asteroidi che recentemente è stato identificato come una cometa. Ciò ha creato una certa sorpresa tra gli astronomi perché nella fascia degli asteroidi dovrebbero esserci “solo” asteroidi. Una cometa, dunque, è una rarissima eccezione.
La scoperta, che dal 2021 è rimasta in attesa di conferma, è stata provata grazie al lavoro di Henry Hsieh, scienziato senior del Planetary Science Institute, Scott Sheppard del Carnegie Institution for Science e Audrey Thirouin del Lowell Observatory. La “Fascia degli asteroidi” è quel sistema a forma di salvagente che si trova tra Marte e Giove composto da migliaia di asteroidi, forse frutto di un pianeta mai nato o di un pianeta andato distrutto dalle forze gravitazionali di Giove.
Al suo interno, però, possono nascondersi delle comete, fatto assolutamente sorprendente perché sono inaspettate a quella distanza dal Sole, in quanto le temperature sono relativamente più calde rispetto a dove si trovano regolarmente in grandi quantità. Eppure quelle pochissime osservate tra Marte e Giove sono comete a tutti gli effetti, in quanto di tanto in tanto presentano code luminose o nubi di gas e polveri che avvolgono il nucleo. Questi fenomeni si manifestano quando tali oggetti, nel loro rivoluzionare attorno al Sole, si trovano ad una distanza tale da esso che il calore vaporizza il ghiaccio presente sulla loro superficie, liberando polveri e gas.
La scoperta delle comete nella fascia principale è relativamente recente: la prima di esse fu individuata nel 2006 da Hsieh e dal suo mentore accademico, David Jewitt, presso l’Università delle Hawaii. Da allora, il numero di queste comete identificate è cresciuto lentamente, ma in modo costante.
Le comete della fascia principale appartengono a una più ampia classe di oggetti chiamati “asteroidi attivi”, i quali mostrano caratteristiche simili alle comete pur avendo orbite proprie degli asteroidi. Essi possono presentare nubi e code non solo per la vaporizzazione del ghiaccio, ma anche a causa di altri fenomeni come l’espulsione di polvere e ghiaccio derivanti da collisioni con altri oggetti e a causa di una rapida rotazione, che può far espellere materiale dalla superficie. Le comete della fascia principale tuttavia, si distinguono da tutti gli altri asteroidi attivi per la loro attività ricorrente, attribuibile esclusivamente alla vaporizzazione del ghiaccio quando si avvicinano al Sole.
Nel 2024, Hsieh e il suo team hanno osservato in dettaglio l’asteroide attivo 456P/PANSTARRS, utilizzando il Magellan Baade Telescope e il Lowell Discovery Telescope e hanno pubblicato i risultati sul Research Notes of the AAS. Grazie a queste osservazioni, sono riusciti a confermare che 456P/PANSTARRS è la 14ª cometa ufficialmente riconosciuta della fascia principale.
Secondo Hsieh, l’oggetto non mostra un’attività casuale, come ci si aspetterebbe da un asteroide che subisce un impatto isolato, ma, al contrario, si tratta di un corpo ghiacciato che diventa attivo ogni volta che si avvicina al Sole, quando il calore causa la sublimazione (trasformazione da solido a gas) del ghiaccio. Questo processo trascina con sé polvere, creando la caratteristica coda.
Quando il corpo si allontana dal Sole, l’attività si arresta temporaneamente, per poi riprendere nei successivi avvicinamenti. Le ripetute osservazioni di attività durante i passaggi vicino al Sole rappresentano attualmente il metodo più affidabile per identificare le comete della fascia principale. Questi oggetti sono ancora poco numerosi, ma la loro scoperta ha implicazioni significative per vari motivi. Il primo è quello che permette una mappatura del ghiaccio nel sistema solare interno, in quanto studiare la distribuzione delle comete della fascia principale aiuta a tracciare la presenza di tale elemento nelle “regioni calde” del sistema solare.
Un secondo elemento importante è il fatto che la loro presenza aiuta a comprendere la formazione planetaria. La presenza di ghiaccio nella fascia degli asteroidi infatti, può offrire indizi cruciali sui processi che hanno portato alla formazione dei pianeti e sulla distribuzione iniziale di acqua e altri composti volatili. Hsieh ha sottolineato l’importanza di ampliare il campione di comete della fascia principale conosciute: «Vogliamo ottenere una visione più ampia delle loro proprietà, come dimensioni, durata dell’attività e distribuzione, per migliorare la comprensione del ghiaccio nel sistema solare».
Questa ricerca apre nuove prospettive per l’astronomia, in quanto permette di collegare il comportamento delle comete alle condizioni ambientali nelle regioni interne del sistema solare.
L’acqua degli oceani fu portata dalle comete?
Un nuovo studio ha scoperto che l’acqua presente sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko che fu visitata nel 2014 dalla sonda europea Rosetta, potrebbe essere molto simile a quella dei nostri oceani.
Questa scoperta, se confermata, è importante perché ci aiuterebbe a capire da dove proviene l’acqua sulla Terra. L’acqua poi, è fondamentale per la vita come la conosciamo. Capire da dove viene ci aiuta a comprendere meglio come è nata la vita sulla Terra. Ma andiamo con ordine.
Fino a una decina di anni or sono gli scienziati pensavano che l’acqua sulla Terra potesse essere arrivata da asteroidi, comete oltre che da quella eruttata dai vulcani (insufficiente però per spiegare la quantità presente). Inizialmente si pensava che fossero soprattutto le comete ad aver portato la rimanente, visto che una buona percentuale della loro composizione è proprio acqua, ma quando si incominciò a studiare una sorta di “impronta digitale” dell’acqua che altro non è che la quantità di deuterio rispetto all’idrogeno, sembrò che le comete fossero da accantonare.
Il deuterio è un isotopo dell’idrogeno ed è composto da un protone e un neutrone, mentre l’idrogeno “normale” è composto solo da un protone. Ebbene il loro rapporto sulla Terra è ben definito. Ora, guardando al rapporto tra deuterio e idrogeno del ghiaccio delle comete si è scoperto che su 11 comete studiate da vicino, 10 possiedono un rapporto deuterio/idrogeno molto diverso da quello terrestre.
L’unica cometa con un rapporto deuterio/idrogeno simile a quello della Terra è la cometa 103P/Hartley 2. Anche quello della cometa 67/P sembrava essere almeno tre volte superiore a quello terrestre. È per questo motivo che negli ultimi anni è prevalsa l’ipotesi che fossero stati gli asteroidi a portare acqua alla Terra i quali presentano un rapporto deuterio idrogeno dell’acqua presente al loro interno più simile a quello terrestre.
Ma ecco la sorpresa: il nuovo studio ha scoperto che la polvere presente attorno a una cometa può influenzare le misurazioni degli isotopi di idrogeno dell’acqua. In pratica, la polvere “nasconde” parte dell’acqua e fa sembrare che la cometa abbia più deuterio di quanto ne abbia realmente.
Eliminando l’effetto della polvere, i ricercatori hanno scoperto che l’acqua della cometa 67P potrebbe essere più simile a quella della Terra di quanto si pensasse in precedenza. Le comete dunque, tornano in gioco: questo nuovo studio riapre la possibilità che le comete abbiano contribuito a portare l’acqua sulla Terra. Sarebbe interessante verificare se tale effetto può dare anche ad altre comete valori di rapporto deuterio/idrogeno diverso da quello finora misurato. Tutto ciò riapre la diatriba su chi portò acqua in grandi quantità sulla Terra e forse, come molto spesso accade in natura, la via di mezzo è la più veritiera: l’acqua terrestre potrebbe essere stata portata in quantità più o meno identiche da asteroidi e comete.
Il polo nord magnetico si sposta
Se Babbo Natale vive davvero al Polo Nord potrebbe avere dei problemi nei suoi viaggi attorno al mondo. Tralasciando la fantasia, la realtà vuole che il Polo Nord magnetico della Terra si sta muovendo più velocemente che mai, in un modo che gli scienziati non avevano mai osservato prima.
Questo movimento senza precedenti, potrebbe avere conseguenze di vasta portata per i moderni sistemi di navigazione e la tecnologia di tutti i giorni. Il Polo Nord magnetico della Terra si sta avvicinando alla Russia a una velocità mai prima registrata, il che potrebbe avere ricadute non certo piacevoli sui dispositivi Gps e a tutti gli strumenti che fanno a loro riferimento.
Va innanzitutto ricordato che Polo nord magnetico e Polo nord geografico si trovano in posizioni diverse (così come il Polo sud magnetico e geografico) Il Polo nord geografico è il punto situato all’estremità settentrionale dell’asse di rotazione terrestre, ovvero il “vero nord” utilizzato come riferimento nei sistemi di coordinate geografiche. È fisso in termini relativi, anche se può subire lievi variazioni dovute al movimento dell’asse terrestre (precessione e nutazione) e si trova nel mezzo dell’oceano Artico, dove è coperto da ghiaccio marino.
Il Polo nord magnetico, invece, è il punto sulla superficie terrestre dove il campo magnetico terrestre è perpendicolare alla superficie e diretto verticalmente verso il basso, in altre parole dove le linee di forza del campo magnetico entrano nella Terra. Ed è il punto verso il quale puntano gli aghi delle bussole magnetiche. Esso non è fisso, ma si sposta costantemente a causa dei cambiamenti nel nucleo terrestre che genera il campo magnetico.
Detto questo va sottolineato che, pur essendo sempre in movimento il Polo nord magnetico non si è mai mosso così tanto come in questo periodo, da che si rileva la sua esistenza e posizione. Tradizionalmente è annidato vicino al Canada settentrionale, ma lo spostamento del suo punto di fuoriuscita dalla Terra ha iniziato ad accelerare alla fine del XX secolo, attraversando l’oceano Artico negli anni ’90. Allora si muoveva a una velocità di 10-15 chilometri all’anno, poi il suo ritmo è salito alle stelle, raggiungendo un incredibile 55 chilometri all’anno durante gli anni 2010.
Gli scienziati ora lo osservano avvicinarsi alla Siberia a una velocità leggermente inferiore rispetto agli anni scorsi, ma di ancora di 25 chilometri all’anno. La traiettoria del polo suggerisce che se questa tendenza continuerà, il polo raggiungerà la Siberia nei prossimi decenni. Tali spostamenti sono rari e indicativi di cambiamenti nelle profondità del nucleo terrestre. Secondo il William Brown , esperto di campi geomagnetici, il colpevole potrebbe essere collegato ad uno o più motivi. Il primo potrebbero essere dinamiche del nucleo esterno della Terra. I cambiamenti nel flusso di ferro fuso all’interno del nucleo infatti, alterano l’intensità e l’orientamento del campo magnetico. E non ultimo potrebbe essere in atto l’inizio di un’inversione dei poli magnetici. Negli ultimi 100 milioni di anni infatti, i poli si sono invertiti circa 200 volte, l’ultima delle quali risale a 800.000 anni fa e nulla vieta che potrebbe verificarsi di nuovo proprio in questo periodo.
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