Fragilità politica degli Stati, spostamento a destra e incertezza sono le tre parole dell’anno 2024 per l’Unione europea

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Bruxelles – Si chiude nell’instabilità politica il 2024 dell’Unione europea, sempre più spostata verso governi di destra e difficoltà a mantenere stabili quelli esistenti, con un Parlamento europeo in cui i popolari strizzano l’occhio all’estrema destra. Con le vicende che accadono poi in alcuni Paesi membri, l’anno corrente ha anche motivi per lasciare l’amaro in bocca ai sostenitori della democrazia e dei valori europei.

Il declino di Scholz in Germania

La ‘grande’ Germania traballa.

Il cancelliere Scholz ha da poco chiesto e ottenuto la sfiducia per poter indire le elezioni anticipate il 23 febbraio 2025 e cercare di guadagnare tempo per frenare il crollo dei socialdemocratici (Spd). Mossa ‘kamikaze’ ma necessaria, per poter cercare di raccattare i pezzi di un governo tedesco che ha perso, nel treppiedi di coalizione, i liberali, una delle colonne portanti della maggioranza.

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Il Cancelliere Olaf Scholz. Credit: Odd Andersen / AFP

Il pomo della discordia è stata l’economia, con una frizione tra Spd e liberali talmente grave da aprile la ripida strada verso le elezioni di febbraio. Unita anche alla grave crisi economica tedesca, per non parlare del settore automotive, il 2025 della Germania sembra partire già con la retromarcia. Per tutti, ma non per l’estrema destra di AfD che ha rafforzato la propria posizione nei sondaggi con il 19 per cento, confermando il detto che ‘tra i due litiganti, il terzo gode’.

Tempesta sull’Eliseo

In Francia, è stato battuto ogni record ad inizio dicembre, con la mozione di sfiducia nei confronti di Michel Barnier, che si è guadagnato il titolo di primo ministro con la carriera più breve della Quinta Repubblica. Non che il suo mandato fosse partito con i migliori auspici, essendo alla guida di un esecutivo di minoranza creato con un patchwork  di centristi e conservatori voluto dal presidente Emmanuel Macron, non considerando una parte importante dei risultati delle elezioni anticipate, che avevano visto in testa la coalizione delle sinistre Nfp.

Macron Bayrou
Il nuovo primo ministro francese François Bayrou (sinistra) e il presidente della Repubblica Emmanuel Macron (foto: Georges Gobet/Afp)

Non si è perso d’animo di capo dell’Eliseo, che ha dunque puntato tutto sul leader del partito liberale Mouvement démocrate (MoDem), François Bayrou, incaricandolo una settimana fa (13 dicembre) di formare un governo. Ieri, 19 dicembre, Bayrou ha promesso di presentare il suo governo “prima di Natale”, come riporta l’Agence France Press, con un invito a fare parte dell’esecutivo aperto a tutti i partiti.

Esclusi, ma non del tutto, i partiti di estrema destra ed estrema sinistra, a cui il primo ministro ha detto che comunque troverà il modo di coinvolgerli, nell’evidente tentativo di non scontentare nessuno (e non ricevere una mozione di censura appena insediato). Mentre Macron cerca di risolvere i danni catastrofici del ciclone che ha devastato Mayotte, una provincia ultra periferica francese, deve sperare che il ciclone non si abbatta di nuovo su Parigi, con risultati pericolosi per tutta l’Ue.

L’autogol irlandese

Indefinita anche la situazione irlandese, in cui il primo ministro Simon Harris il 29 novembre ha deciso di chiedere ai propri cittadini “di continuare a essere il loro Taoiseach (primo ministro irlandese)“. Decisione presa dopo aver ottenuto il posto grazie alle dimissioni del precedessore Leo Varadkar, sia come capo del partito di centro destra Fine Gael, sia come capo del governo.

Il Taoiseach Simon Harris. Credit: John Thys / AFP

In realtà, Harris si è fatto un grande autogol politico, perché i risultati alla fine hanno visto il suo partito dietro agli alleati di governo, i liberali di Fianna Fáil, con dieci seggi in meno conquistati e addirittura uno in meno rispetto al partito di opposizione di sinistra Sinn Fein, grande sfavorita alle elezioni.

Esclusi i Verdi tra i papabili per una coalizione dopo il fiasco elettorale, a Fianna Fail e Sinn Fein resta da guardarsi intorno non avendo la maggioranza dei seggi per governare. Gli indipendenti sembrano i favoriti per una nuova coalizione, ma non si escludono sorprese con aperture verso i liberali o i socialdemocratici. Anche qua, tutto ancora da definire.

TikTok fa tremare la democrazia rumena

TikTok ha trovato un posto di rilievo nelle elezioni in Romania, in cui l’ultranazionalista e filorusso Calin Georgescu aveva inizialmente vinto il primo turno di fine novembre. Le elezioni, poi annullate dalla Corte costituzionale rumena per interferenze esterne (in altre parole, Russia) tramite la piattaforma social, sono rimandate a data da destinarsi. Ciò non escluderebbe una nuova vittoria di Georgescu, che ha beneficiato di regole abbastanza raggirabili di TikTok per il monitoraggio dei contenuti politici, ma la cui vittoria, per molti, dipende dal grande malcontento popolare.

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Oltre a questo, nel 2024 si sono tenute le settime elezioni in tre anni in Bulgaria, che hanno confermato l’iper frammentazione e la paralisi in cui versa la politica nazionale. Vittoria dei conservatori di Gerb con una maggioranza molto lontana da poter governare e aperture a “tutti i partiti disposti a seguire il programma” conservatore, hanno dimostrato la difficoltà di formare un governo. In Austria, alle parlamentari di settembre è arrivato primo Herbert Kickl (Fpo), con il miglior risultato per l’estrema destra dal secondo conflitto mondiale, mentre il partito conservatore fiammingo N-Va ha trionfato in Belgio, seguito dal partito fiammingo di estrema destra Vlaams Belang. L’opposizione di centrodestra ha vinto anche in Portogallo a marzo.

Nelle elezioni del 2024 ha trionfato la destra e, nel resto dei casi, la confusione e i crolli dei governi degli Stati dell’Ue stanno aprendo le porte ad un 2025 che non si prospetta semplice. In vista delle elezioni in Croazia il 29 dicembre e in Germania a febbraio, si apriranno nuove riflessioni da fare per l’Ue, che, nel consolidare il proprio ruolo internazionale, deve pianificare come non farsi fare scacco matto dalle forze di destra antieuropeiste (dichiarate o meno), ormai alla testa di quasi tutti i governi europei.



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