Un’accusa grave scuote l’Ospedale Ingrassia di Palermo. Romina Gelardi, figlia di Maria Ruggia, una donna di 76 anni deceduta il 20 dicembre, ha presentato una denuncia alla Procura chiedendo di accertare eventuali responsabilità mediche nel trattamento ricevuto dalla madre durante il ricovero. Secondo quanto dichiarato dalla donna, Maria Ruggia sarebbe stata trascurata durante la lunga permanenza nel pronto soccorso dell’ospedale, dove avrebbe contratto un’infezione risultata fatale.
Otto giorni su una barella all’Ospedale Ingrassia
Maria Ruggia era arrivata al pronto soccorso dell’Ospedale Ingrassia il 10 dicembre con sintomi di inappetenza e nausea persistente. La figlia racconta che, nonostante le condizioni di salute già compromesse dalla presenza di diverse patologie – tra cui cardiopatia ischemica, carcinoma mammario e diabete mellito di tipo II – la donna è rimasta su una barella per otto giorni, fino al 18 dicembre, prima di essere trasferita al reparto di Medicina Generale.
“Solo il 19 dicembre è stata trasferita, quando ormai stava malissimo e poteva aver contratto un’infezione in ospedale,” dichiara Romina Gelardi. “Ma era troppo tardi. Il giorno successivo, il 20 dicembre, è morta.”
La denuncia della figlia
Assistita dall’avvocato Andrea Dell’Aira, Romina Gelardi ha chiesto alle autorità di fare piena luce sulle circostanze che hanno portato alla morte della madre. “Nel corso del ricovero non sono state considerate le condizioni cliniche di mia madre, che era una paziente fragile,” ha aggiunto la donna.
Secondo quanto denunciato, durante il periodo trascorso in pronto soccorso non sarebbe stata somministrata alcuna terapia antibiotica preventiva, nonostante il rischio elevato di contrarre infezioni in un ambiente sanitario considerato non idoneo per una paziente con patologie croniche.
“È stata esposta a un ambiente sanitario non adatto e i medici non hanno riconosciuto i segni evidenti di sepsi,” ha insistito la figlia. Tra i sintomi trascurati, la donna ha menzionato la protratta assenza di stimolo a urinare, un chiaro segnale di un possibile stato settico.
Intervento della polizia e indagini in corso
A seguito della denuncia, la polizia è intervenuta sequestrando le cartelle cliniche della paziente e la salma, che sarà sottoposta ad autopsia presso l’Istituto di Medicina Legale. Questo esame sarà cruciale per determinare se la morte di Maria Ruggia sia stata causata da un’infezione contratta in ospedale o da un aggravamento delle sue condizioni preesistenti.
Le indagini si concentrano anche sulla gestione del ricovero e sul rispetto dei protocolli medici per pazienti fragili. In particolare, si cercherà di capire se l’assenza di una terapia antibiotica preventiva e la prolungata permanenza in pronto soccorso abbiano contribuito al decesso della donna.
Un caso che apre interrogativi sul sistema sanitario
La vicenda di Maria Ruggia non è un caso isolato, ma si inserisce in un quadro più ampio di criticità legate alla gestione dei pazienti nei pronto soccorso. Il sovraffollamento, la carenza di personale e la difficoltà nel garantire cure tempestive ai pazienti fragili sono problemi che continuano a emergere in molte strutture sanitarie italiane.
Secondo le dichiarazioni di Romina Gelardi, la madre avrebbe potuto essere salvata se le sue condizioni fossero state valutate con maggiore attenzione e se fossero state prese misure preventive adeguate. “Non è accettabile che una paziente fragile venga trattata in questo modo,” conclude la donna.
La richiesta di giustizia
Ora, la famiglia di Maria Ruggia attende risposte dalle autorità. L’autopsia rappresenterà un passaggio chiave per chiarire le cause del decesso e stabilire se ci siano state negligenze da parte del personale medico.
Questo caso solleva interrogativi non solo sull’episodio specifico, ma anche sulle condizioni generali delle strutture sanitarie, in particolare nella gestione dei pazienti fragili e anziani. La denuncia di Romina Gelardi potrebbe rappresentare un punto di partenza per una riflessione più ampia sulla necessità di migliorare l’organizzazione e l’efficienza del sistema sanitario, affinché tragedie simili non si ripetano.
In attesa degli esiti delle indagini, rimane il dolore di una famiglia che chiede giustizia per la perdita della propria cara e che si augura che la verità possa emergere.
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