Negozi chiusu nei giorni festivi – Valledaostaglocal.it

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Negozi chiusi a Natale e Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, Ferragosto e Primo Maggio. È la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia, per cui negozi ed esercizi commerciali dovrebbero chiudere, con obbligo di legge, nei giorni “rossi” del calendario. E dunque stop il 25 e 26 dicembre, la domenica di Pasqua, il primo maggio e il 15 agosto.

Il testo prevede delle eccezioni che riguardano “le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le attività commerciali balneari, che non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva” (Fonte: Fanpage). Inoltre, prevede sanzioni per chi aprisse in giorno rosso: una multa da 2.000 a 12.000 euro, e in casi gravi di violazione con recidiva, una chiusura da 1 a 10 giorni.

C’è però una lunga lista di eccezioni che comprende bar, ristoranti, panifici, gelaterie ed esercizi simili collocati in stazioni, aeroporti, porti, sale cinematografiche e aree di servizio autostradali. Secondo il firmatario della proposta targata FdI, Silvio Giovine della commissione Attività produttive, “la ratio del provvedimento è di incidere soprattutto sulla qualità della vita dei lavoratori, migliaia di impiegati che hanno tutto il diritto di poter trascorrere queste giornate di festa con le proprie famiglie” (Avvenire).

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La proposta ha subito alimentato la polemica fra esercenti, consumatori e lavoratori. È una proposta “totalmente anacronistica” per Mario Resca, presidente di Confimprese, che riunisce le grandi catene di negozi. «Invece di andare avanti, facciamo dei passi indietro. Il ritorno alle chiusure festive dei negozi sarebbe un danno enorme, perché metterebbe a rischio troppi posti di lavoro. Vanno invece giustamente tutelati i lavoratori con turni sostenibili, giorni di riposo e incrementi retributivi per il lavoro festivo» (Avvenire).

Altre sigle sono invece possibiliste. Per Filcams Cgil è “indispensabile una regolamentazione”. Spiega il sindacato: “Da quando il Governo Monti ha approvato il decreto Salva Italia, la Filcams Cgil non ha mai rinunciato a rivendicare la necessità di regolamentare le aperture nelle domeniche e nei festivi, chiedendo dignità per le migliaia di lavoratrici e lavoratori impiegati nel settore del commercio. La nostra posizione è nota da tempo: riteniamo indispensabile un cambio normativo che regolamenti finalmente il settore e che non deleghi alle sole imprese la decisione di aprire o meno in maniera del tutto arbitraria. Al contrario, siamo convinti che questa decisione debba essere il frutto di un processo di concertazione tra sindacati, enti locali e imprese, e che dunque tenga conto delle esigenze e dei diritti di tutti”.

Per Filcams Cgil, la liberalizzazione delle aperture “non ha giovato né ai consumatori né alle imprese, spostando semplicemente le vendite dall’infrasettimanale alla domenica e ai festivi. Pesante è stato l’impatto sulle lavoratrici e i lavoratori – specie dei più fragili – che hanno subito una profonda revisione dell’organizzazione del lavoro. Solo in poche grandi imprese nazionali è stato possibile affrontare attraverso la contrattazione aziendale”. Da qui la conferma alla contrarietà alle aperture nei giorni festivi.

Fra le voci possibiliste verso la proposta c’è la Coop. Sulla chiusura obbligata nei giorni festivi, Coop esprime un “sostanziale apprezzamento” e si dichiara disponibile al confronto.

Commenta Ernesto Dalle Rive, Presidente Ancc-Coop: «Siamo da sempre favorevoli a una migliore conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro, e di fatto le nostre cooperative osservano già la chiusura nelle principali festività laiche e religiose dell’anno. Un obbligo di legge andrebbe, per quanto ci riguarda, a ratificare una situazione già esistente estendendola all’intero comparto del commercio. Naturalmente occorrerà un confronto nel dettaglio per evitare impatti asimmetrici sui diversi operatori e i differenti territori. Crediamo che un numero molto limitato di chiusure festive obbligatorie possa essere un compromesso possibile tra le istanze dei lavoratori e l’esercizio d’impresa, senza generare disservizi per i consumatori e senza ledere i principi di liberalizzazione che ci hanno sempre visto favorevoli».





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