«Di una cosa sono convinto: non è stata una rapina “normale” ma un colpo su commissione. È vero, hanno portato via orologi e gioielli ma se ne sono andati solo dopo essersi impossessati anche di supporti informatici e hard disk. Forse hanno solo simulato: la mia azienda tratta pure informazioni classificate». A parlare è Stefano Valore di Villanueva de Castellòn, 54 anni, imprenditore, fondatore di SiliconDev, gruppo italiano leader nel mondo della trasformazione digitale nonché editore dell’agenzia di stampa Dire. Sabato notte un commando armato fino ai denti composto da otto persone (quattro quelle che si sono introdotte all’interno, altrettante quelle che probabilmente erano fuori) ha aspettato che rincasasse nella sua villa a Mezzocammino, non distante dall’Eur, ed è entrata in azione, sequestrandolo e minacciandolo per quasi due ore.
Valore innanzitutto: si è ripreso un po’ dallo spavento? L’hanno ferita?
«Diciamo che non ho cercato sempre di mantenere il sangue freddo. Quando mi hanno trascinato a forza al piano superiore e mi hanno chiesto i codici per aprire le casseforti non ho esitato a rispondere loro “col cavolo che ve li dico arrangiatevi”, c’è stata una piccola colluttazion e uno di loro per stizza mi ha colpito alla tempia col calcio della pistola. Non è una ferita profonda, ma il sangue zampillava. Per fortuna la racconto».
Ma poi le hanno aperte le casseforti?
«Sì, uno dei banditi deve essere uscito fuori per poi rientrare con dei frullini e, quindi, hanno proseguito».
Non ha ceduto, lei è un osso duro…
«Mi hanno teso un’imboscata. Alla mezzanotte sono rientrato a casa, ho parcheggiato la macchina nel garage attiguo, ho disattivato l’allarme e quando ho fatto per entrare mi sono ritrovato accerchiato da quattro persone e dalle canne di altrettante pistole puntate sulla testa. Ma la prima cosa che hanno fatto è stata perquisirmi, sanno che ho il porto d’armi. Questa volta gli è andata bene».
Che cosa è successo dopo?
«Mi hanno portato nel secondo salone, quello centrale e mi hanno buttato a terra. Per tutto il tempo ho avuto un uomo fisso che mi teneva sotto scacco dell’arma mentre gli altri rovistavano dappertutto ma senza fare troppo caos o distruggere cose. Ho l’impressione forte che siano andati mirati. Hanno agito in maniera discreta ma molto professionale».
Le hanno parlato? Sa dire se erano italiani o stranieri?
«Parlavano tra di loro e alla radio con voce molto bassa. Credo avessero un accento dell’Est, forse romeno o albanese, non saprei. Uno di loro, però, sembrava non avere particolari inflessioni, forse era italiano. Erano tutti incappucciati e con i guanti. Dal vociare che sentivo immagino che ce ne fossero altrettanti anche fuori o intorno casa, i classici “pali”».
Era solo?
«C’era mia figlia, ma nella dependance. Non si è accorta di nulla, ha capito solo quando ha visto piombare i carabinieri».
Come hanno fatto a introdursi nel suo giardino?
«Credo siano passati dalla villa adiacente che è disabitata perché in ristrutturazione. Hanno creato un varco e si sono appostati ad aspettarmi dietro a una siepe».
Aveva mai subito altre rapine in passati o notato movimenti sospetti nei giorni scorsi?
«Abito qui da più di dieci anni e non era mai successo nulla. L’altra settimana, invece, ai Parioli mentre ero in auto un balordo su un motorino ha provato a rubarmi il Rolex, ma ho reagito mettendolo in fuga».
E questa volta le hanno rubato degli orologi? Sono molto ambiti…
«Sì, una decina, la mia collezione, per un valore di circa 150mila euro. Mi hanno portato via anche dei gioielli, mi piacciono i bracciali, credo per circa altri 50mila euro, poi qualche decina di migliaia di euro in contanti. Il bottino potrebbe essere tra i 200 e i 250mila euro».
Eppure lei è convinto che cercassero altro.
«Troppo puntuale e organizzata la loro azione. E poi perché portarsi via gli hard disk? Con la mia società lavoriamo anche a progetti con vari livelli di classificazione, segretati. Siamo produttori di tecnologia e gestiamo la tecnologia dei nostri clienti, committenti pubblici e privati. Se è così lo capiremo solo più avanti».
Come è riuscito a liberarsi e a dare l’allarme?
«Mi hanno immobilizzato mani e piedi legandomi con le mie stesse cravatte, lasciandomi nel salone a dorso nudo perché volevano essere sicuri non avessi armi o telefono. Ma nel giro di qualche minuto sono riuscito a districarmi. “La festa è finita” hanno detto guardandosi prima di andarsene».
Direzione di fuga?
«Forse la Pontina, verso Sud, Pomezia o Aprilia. Domani (oggi, ndr) vado dai carabinieri di Vitinia, del comando di Ostia per formalizzare la denuncia e fare l’inventario. Sono venuti a colpire la persona sbagliata».
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