Firenze
L’arcivescovo ha pregato nella chiesa del Galluzzo per ricordare Matteo, Margarida e Elio e per la piccola ancora ricoverata al Meyer
Veglia di preghiera ieri sera nella chiesa di San Giuseppe al Galluzzo, per ricordare Matteo, Margarida e Elio che hanno perso la vita nella loro casa a San Felice a Ema e pregare per la bambina che si trova ancora in ospedale. Alla veglia ha partecipato anche l’arcivescovo di Firenze monsignor Gherardo Gambelli che nel suo intervento ha sottolineato come “la sofferenza che proviamo per la morte di Matteo, Margarida ed Elio si fa più acuta proprio perché questo tragico incidente è avvenuto nell’imminenza del Natale. Ci sentiamo solidali con tante persone nel mondo che vivono in contesti di guerra e si preparano alle feste con paure e apprensioni. Sammy Basso diceva che: ‘Se i potenti della terra capissero che cosa significa lottare per la vita, non cederebbero alla paura facendo la guerra’.
Di seguito il testo dell’intervento dell’arcivescovo Gambelli
Quando siamo riuniti per la preghiera comune, il Signore ha promesso di essere presente in mezzo a noi. Noi sappiamo che Lui è fedele e ci dona sempre la forza necessaria per vivere con coraggio le prove della vita. Il libro della Sapienza ci dice che “le anime dei giusti sono nelle mani di Dio”. I nostri fratelli e le nostre sorelle sono nelle sue mani e quando preghiamo noi possiamo sentirli vicini a noi. Per questo stasera noi preghiamo non solo per Matteo Margarida ed Elio, ma preghiamo anche con loro. Al tempo stesso vogliamo insieme invocare la grazia di Dio per la salute della piccola ricoverata in ospedale.
Nell’enciclica Lumen Fidei, Papa Francesco dice: La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, «dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2).
Il testo del vangelo delle Beatitudini che abbiamo ascoltato è come una biografia di Gesù: è lui che è povero in spirito, afflitto, mite, affamato e assetato di giustizia, misericordioso, puro di cuore, operatore di pace, perseguitato per la giustizia.
“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Gesù è un puro di cuore. Ha uno sguardo pulito quando osserva la realtà. Riesce a vedere per esempio il desiderio di cambiare vita di Zaccheo, mentre gli altri vedono in lui solo il capo dei pubblicani. Riesce a vedere l’amore di una donna che gli lava i piedi con le sue lacrime, mentre gli altri vedono una prostituta. Lo sguardo puro di Gesù è il frutto di un amore casto, non possessivo che è sempre capace di vedere al di là delle apparenze, riconoscendo il bene che c’è in ogni persona. È importante per noi imparare a lasciarci guardare così da Gesù, che non ci giudica mai ed è capace di accoglierci anche in quei luoghi della vita in cui noi stessi facciamo fatica ad accettarci. L’apostolo Giovanni nella sua Prima Lettera mette insieme la purezza con la speranza: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica sé stesso, come egli è puro”. Chi si lascia amare dal Signore, diventa capace di amare davvero il prossimo, di provare compassione per chi è nella sofferenza e questo ci permette di crescere nella speranza, e nella fede.
Il Signore mette sul nostro cammino dei testimoni della verità del Vangelo che ci aiutano a superare tanti dubbi e paure che sorgono nel nostro cuore davanti alle tragedie di cui siamo spettatori. Penso in modo particolare alla figura di Sammy Basso morto qualche mese fa all’età di 28 anni che ci ha lasciato un bel messaggio di speranza legata alla fede. Diceva, con un certo umorismo: “Mi chiamo Basso, ma penso in grande. La fede è la parte principale, la più intima di me stesso. Potrei dire qualsiasi cosa su di me, ma se non dicessi che ho fede è come se non dicessi niente. Sono credente, e spesso magari mi viene anche chiesto come si fa a credere nonostante una malattia genetica così rara. Della fede cristiana mi piace proprio questo: il fatto che tutti noi fedeli dovremmo cercare di assomigliare a Dio, tenendo però conto che Lui ci ha reso il compito facile, perché è lui che ha voluto assomigliare tantissimo a noi, ha condiviso ogni cosa con noi: dalla festa al dolore alla morte. Non so come me ne andrò da questo mondo, sicuramente in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia. Non ascoltate! Non c’è mai stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per come era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio. Ho cercato di vivere più pienamente possibile. Non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio. Di sicuro, Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel suo cuore”.
La sofferenza che proviamo per la morte di Matteo, Margarida ed Elio si fa più acuta proprio perché questo tragico incidente è avvenuto nell’imminenza del Natale. Ci sentiamo solidali con tante persone nel mondo che vivono in contesti di guerra e si preparano alle feste con paure e apprensioni. Sammy Basso diceva ancora che: “Se i potenti della terra capissero che cosa significa lottare per la vita, non cederebbero alla paura facendo la guerra”. Possa la nostra preghiera di stasera coniugarsi a una lotta per la vita, a un’attenzione sempre più premurosa per chi vive nella sofferenza e nell’abbandono, per poter contagiare il mondo con la forza del bene: Il Signore ancora oggi desidera darci dei segni per incoraggiarci a credere in Lui, per crescere nella speranza, ma per farlo ci invita a collaborare con la sua Provvidenza.
C’era un villaggio, molto tempo fa, i cui abitanti erano molto poveri. L’inverno da quelle parti era terribile e tutti erano preoccupati per un povero vecchio che avrebbe certamente sofferto molto: non aveva nulla con cui coprirsi se non qualche straccio. Gli sarebbe servito un maglione. Ma nessuno in quel villaggio ne possedeva due e nessuno aveva il denaro per aiutarlo. Alla fine, una donna ebbe un’idea: “Se ogni persona del villaggio toglie un filo da suo maglione, riusciremo ad avere abbastanza filo da fare un maglione nuovo da regalare a quel povero vecchio. E nessuno se ne accorgerà!” Accettarono tutti. Ognuno portò un filo. Tutti i fili furono attaccati l’uno all’altro e si formarono diverse matasse di lana. La brava donna lavorò per giorni con i ferri e confezionò un magnifico maglione multicolore. Tutti insieme lo portarono al povero vecchio, all’inizio dell’inverno. Il pover’uomo l’accettò con le lacrime agli occhi. Così in quel gelido inverno nessuno nel villaggio ebbe freddo. E il povero vecchio era senza dubbio il più elegante.
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