“Strage di Natale”: quaranta anni fa l’attentato al rapido 904

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Il 23 dicembre del 1984, l’antivigilia di Natale, sul treno rapido 904, alle ore 19.08 mentre percorreva, a 140 Km orari, l’ultimo tratto della grande galleria sotto l’Appennino, nei pressi della Stazione San Benedetto Val di Sambro, all’interno di una carrozza, esplode, attivata a distanza con il telecomando, una bomba. Sul treno, partito da Napoli e diretto a Milano, viaggiavano 967 persone che tornavano a casa o a far visita ai parenti per la festività del Natale.

La carrozza 9 della seconda classe è completamente sventrata e tutti i vetri e i finestrini vanno in frantumi. Il treno si blocca all’interno della galleria, rendendo difficili le operazioni di soccorso. 16 sono le vittime, compresi 3 bambini e 267 i feriti.

Ha scritto il presidente Sergio Mattarella, due anni orsono, in un messaggio per l’anniversario dell’attentato: “La bomba esplosa sul treno rapido 904, mentre percorreva la grande galleria dell’Appennino, distrusse in un attimo le vite di donne e uomini inermi. Strappò il futuro anche a tre bambini. La coscienza collettiva fu sconvolta da un attentato di quella catena vile e spietata che ha insanguinato il nostro Paese per numerosi anni”.

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Nella coscienza collettiva dell’Italia di allora, che sembrava essere uscita dalla stagione tremenda degli anni del terrorismo, questa tardivo, ennesimo, attentato, denominato subito “Strage di Natale”, fu associato a quello del treno Italicus, di dieci anni prima. Nella stessa galleria, nella notte tra il 3 e il 4 agosto del 1974, a seguito dell’esplosione di una bomba nel treno partito da Roma e diretto a Monaco di Baviera, erano rimaste uccise 12 persone.

Di grande capacità rievocativa e suggestiva è, al riguardo, il film documentario, “Rapido 904-La Strage di Natale”, di Martino Lombezzi, del 2015.

La “Strage di Natale”, quindi, come prolungamento della strategia della tensione che si era preposta di diffondere paura e insicurezza per favorire una svolta autoritaria nel Paese. Tanto più che inizialmente si ebbe la rivendicazione dell’attentato da parte di alcuni gruppi neofascisti. Le prime indagini affidate a Piero Luigi Vigna, magistrato con lunga esperienza di delitti di mafia, accertarono che la valigia contenente la bomba era stata collocata, secondo una precisa testimonianza di un passeggero, nella carrozza 9 durante la fermata del treno alla stazione Santa Maria Novella di Firenze. Conteneva, inoltre, il Semtex H, che sarà utilizzato anche per confezionare la bomba che, il 19 luglio 1992, ucciderà Paolo Borsellino e i suoi agenti di scorta nella strage di via D’Amelio a Palermo.

Nel procedere delle indagini, grazie anche alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia – nel 1984, dopo l’estradizione dal Brasile, aveva cominciato a collaborare con la giustizia, Tommaso Buscetta, conoscitore dall’interno delle attività della Mafia – si percorrono con successo nuove piste.

Emerge che Cosa Nostra, in alleanza con la Camorra, segnatamente con la componente diretta da Raffaele Cutolo, e in collaborazione con la Banda della Magliana, con associazioni neofasciste, aveva elaborato e praticava una strategia mirante a distogliere l’attenzione della magistratura dalle loro attività e intimidire lo Stato.

L’inchiesta della Procura di Firenze si è conclusa, 3 novembre del 1987, con la sentenza-ordinanza del giudice Emilio Gironi, che conteneva la condanna all’ergastolo del cassiere della mafia Giuseppe Calò, del quale erano stati accertati i rapporti con la banda della Magliana e con la loggia massonica P2, e del boss della Camorra, del rione Sanità, Giuseppe Misso, a conferma della connivenza tra Mafia, Camorra ed eversione nera.

La “strage di Natale”, per l’ex Pm della Direzione distrettuale antimafia di Firenze, Angela Pietroiusti, che nel 2015 impugnò l’assoluzione di Totò Riina dall’accusa di essere stato il mandante della strage di Natale la bomba sul Rapido 904, è stata “il primo atto della strategia stragista degli anni Novanta, attuata e diretta da Riina, volta a intimidire e ricattare lo Stato e a costringerlo a trattare”.

Anche se non tutte le dinamiche dell’attentato sono state chiarite, come lo stesso Presidente Mattarella ha scritto, nel messaggio prima ricordato, “Le indagini e i processi hanno accertato la matrice terroristico-mafiosa della strage, trovando fili di connessione con piani eversivi che l’organizzazione criminale ha successivamente perseguito per colpire lo Stato democratico tentando di indebolire il suo impegno per la legalità. Ricordare è un dovere”.

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