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Telecom Italia sta attraversando un brutto momento in Borsa. Dopo aver toccato un picco a 0,288 euro (massimi da febbraio 2024) il 17 dicembre, il titolo della maggior tlc italiana ha avviato una brusca correzione di circa il 16% tornando in area 0,24 euro.
Numerosi sono ancora i dossier aperti. Venerdì è arrivata all’indirizzo di Tim l’offerta vincolante da 700 milioni di euro per l’acquisto di Sparkle da parte del MEF e da Retelit, mentre oggi Il Sole 24 Ore riporta che il progetto di integrazione con FiberCop si avvicina, ma rimane il nodo antitrust nelle aree nere. Dopo il via libera dei soci, arriva l’approvazione delle banche per finanziare il piano industriale fino al 2029.
Le risorse finanziarie a disposizione
Open Fiber ha confermato la copertura finanziaria necessaria per portare avanti il proprio piano industriale fino al 2029, assicurandosi le condizioni per proseguire il dialogo sulla rete unica, priorità strategica per Cdp (Cassa Depositi e Prestiti). Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, i lavori preliminari potrebbero iniziare già a febbraio del prossimo anno.
Durante la riunione di ieri, il consiglio di amministrazione, composto per il 60% da Cdp Equity e per il 40% dal fondo infrastrutturale Macquarie, ha preso atto degli accordi raggiunti tra i soci e con le banche. Questo ha permesso di sbloccare il residuo del precedente finanziamento non ancora utilizzato, oltre a garantire nuovi fondi per il piano di sviluppo. Nello specifico, restavano da impiegare oltre 600 milioni di euro di finanziamenti bancari e 210 milioni in apporti di capitale dai soci.
Queste risorse consentiranno a Open Fiber di sostenere i lavori di espansione della rete in fibra almeno fino alla tarda primavera. Successivamente, il rifinanziamento porterà nuovi fondi per oltre 2 miliardi di euro, suddivisi tra contributi in equity (45%, a carico dei soci) e nuovo debito (55%, a carico del sistema bancario). L’impegno dei soci è stato rafforzato dall’ok di un pool di circa trenta banche, che hanno confermato il supporto finanziario.
Le novità dalla manovra finanziaria
La Legge di Bilancio, approvata in prima lettura alla Camera, prevede uno stanziamento di 610 milioni di euro (distribuiti in tre rate tra il 2027 e il 2029) per riequilibrare il piano economico-finanziario nelle aree bianche, dove Open Fiber opera in concessione con la rete di proprietà di Infratel. Inoltre, sono stati anticipati 50 milioni per il 2024 tramite il decreto fiscale, grazie al contributo di Lazio, Calabria e Sicilia.
Un tema ancora irrisolto riguarda la copertura delle case sparse nelle aree grigie, in cui la rete è finanziata dal Pnrr. Circa 430mila unità immobiliari, di cui 300mila assegnate a Open Fiber, sono difficili da raggiungere con la fibra ottica a causa dei costi elevati (oltre 40mila euro per ogni chilometro di infrastruttura). Per queste zone, tecnologie alternative come il satellite potrebbero rappresentare una soluzione più sostenibile. Tuttavia, sarà necessario un confronto con Bruxelles, attraverso il Ministero per gli Affari Europei e il Pnrr. Il Pnrr impone la scadenza di giugno 2026 per completare i lavori nelle aree grigie, pena la perdita dei finanziamenti (per un totale di 3,4 miliardi destinati all’intero piano Italia a 1 Giga).
La sfida dello switch-off e l’antitrust
Nonostante la rete Ftth (Fiber to the Home) abbia raggiunto il 60% del territorio nazionale, l’utilizzo effettivo rimane sotto il 30%. Lo switch-off dal rame alla fibra non sarà realizzabile fino a quando non si avrà una rete omogenea su scala nazionale, poiché “spegnere” la vecchia infrastruttura comporterebbe risarcimenti per gli operatori che ancora la utilizzano.
L’integrazione tra Open Fiber e FiberCop affronta inoltre complessi ostacoli antitrust. Nelle aree nere, dove entrambi gli operatori sono attivi, sarà improbabile una coesistenza. Tuttavia, nelle aree bianche e grigie, l’unione potrebbe generare sinergie significative. In questo scenario, lo Stato gioca un ruolo chiave, con partecipazioni in Open Fiber (60% tramite Cdp) e in FiberCop (16% tramite il Mef).
Open Fiber vede il coinvolgimento del fondo Macquarie, che ha investito oltre 2,2 miliardi di euro per acquisire il 40% delle quote, mentre FiberCop è sotto il controllo indiretto del fondo Kkr, che ha completato un’operazione da 10 miliardi per rilevare la rete da Telecom. Entrambi i fondi mirano a garantire rendimenti a doppia cifra, una promessa che non intendono disattendere nei confronti degli investitori.
Cosa dicono gli analisti
Secondo Equita Sim (rating buy e target 0,34 euro), “l’articolo de Il Sole 24 Ore evidenzia la volontà del governo di affrontare tempestivamente il tema rete unica. Il tema ha importanti ripercussioni anche per Tim, dal momento che la realizzazione della combinazione entro il 31 dicembre 2026 attiverebbe un earn-out pari al 75% delle sinergie di pertinenza di FiberCop, fino a un massimo di 2,5 miliardi di euro. Noi incorporiamo questa opzione per 500 milioni nella nostra SOTP (Sum-of-the-Parts) mentre riteniamo che il mercato sia molto cauto su questo fronte, viste le incertezze su fattibilità e tempistica dell’operazione rete unica.
Dopo la recente correzione del titolo, con Sparkle al prezzo dell’offerta vincolante di 700 milioni di euro e Tim Brazil ai prezzi di mercato, e ipotizzando 1,250 milioni di euro tra rimborso del canone ed earn-out, il titolo riflette un multiplo di 3,8x EV/Ebitda aL domestico, rispetto ai 5x assunto nella nostra SOTP (con 6,5x Enterprise e 4,0x Consumer)”.
Anche gli analisti di Intesa Sanpaolo (rating buy e target 0,35 euro) hanno commentato: “Sembra che questi elementi favoriscano una combinazione tra i due operatori wholesale di rete fissa, grazie al rafforzamento finanziario ed economico di Open Fiber, al supporto pubblico per la fibra, mirato a evitare ulteriori sprechi nella distribuzione, e all’interesse degli azionisti, che trarrebbero vantaggio dalle sinergie risultanti. Chiaramente, questa fusione sarebbe comunque soggetta all’autorizzazione dell’Antitrust europeo e potrebbe comportare un perimetro più ristretto delle rispettive attività.
In ogni caso, questo rapporto di stampa ha implicazioni positive per Tim, che potrebbe ottenere fino a 2,5 miliardi di euro come earn-out da una fusione completata entro la fine del 2026 (secondo le condizioni legate alla vendita di NetCo a Kkr, finalizzata lo scorso luglio)”.
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