AGI – Sono passati 20 anni da quel terribile 26 dicembre 2004, quando uno dei terremoti più violenti mai registrati (magnitudo 9.1) colpì la regione di Sumatra, generando un devastante tsunami con onde di 30 metri di altezza che causò oltre 228 mila morti in 14 paesi affacciati sull’Oceano Indiano. A distanza di due decenni, rimane vivo il ricordo di quella catastrofe ambientale che sconvolse l’intera umanità e ha pochi eguali nella storia. Uno shock in primis per i sopravvissuti, che rimane immortalato per sempre in quelle terribili immagini dell’onda anomala che trascina ogni cosa al suo passaggio, cancellando decine di migliaia di vite umane per lasciare solo distruzione e desolazione.
Quel dramma ha fatto registrare uno slancio di generosità senza precedenti e ha dato una spinta importante alla ricerca scientifica e tecnologica per implementare e testare sistemi di allerta precoce che successivamente sono stati di grande aiuto per limitare vittime e danni, grazie a un’evacuazione tempestiva dell’area colpita.
Questi i fatti e dati salienti della tragedia di 20 anni fa.
– Il terzo terremoto più violento della storia –
In base alla ricostruzione dei fatti di quel fatidico 26 dicembre 2004, alle 7:58 ora indonesiana, un potente terremoto di magnitudo 9.1 scosse il fondale marino a una profondità di 30 chilometri, con epicentro a circa 120 chilometri a ovest dell’isola di Sumatra, secondo i dati esaminati dall’Istituto geologico degli Stati Uniti (USGS). La potente scossa, superata solo dai terremoti del Cile nel 1960 (9,5) e dell’Alaska nel 1963 (9,2), causo’ onde alte fino a 30 metri che colpirono per prime le coste indonesiane e viaggiarono a una velocità compresa tra 500 e 1.000 chilometri orari, secondo il Centro di allerta tsunami del Pacifico. Il terremoto rilasciò un’energia equivalente a 23.000 bombe nucleari come quella sganciata sulla città giapponese di Nagasaki nel 1945, secondo un rapporto dell’USGS, secondo cui nei tre mesi successivi al terremoto sono state registrate più di 500 scosse di assestamento di magnitudo compresa tra 5 e 5.8.
– Le vittime di onde alte fino a 30 metri –
Il sisma causò la rottura di una faglia lunga oltre 1.300 chilometri, in circa dieci minuti, generando poi uno tsunami con onde fino a 30 metri di altezza, estendendo notevolmente la regione colpita dal sisma e provocando più di 228.000 vittime in 14 paesi attorno all’Oceano Indiano. Sebbene lo tsunami abbia impiegato diverse ore per raggiungere alcune regioni come l’India o lo Sri Lanka, la maggior parte delle vittime non era stata avvertita del pericolo. È stato uno dei disastri naturali più letali della storia moderna che inoltre, secondo i dati dell’Unesco, costrinse circa 1,6 milioni di persone ad abbandonare le loro case.
L’Indonesia è stato il luogo con il maggior numero di morti, 167.000, di cui circa 61.000 nella città di Banda Aceh (nel nord di Sumatra), che rappresenta il 25% dei suoi abitanti, secondo i dati ufficiali. Nello Sri Lanka, le autorità hanno stimato che circa 35.000 persone siano morte o scomparse; mentre in India morirono più di 16.000 persone. Nelle sei province colpite della Thailandia persero la vita circa 8.200 persone, tra cui quasi 2.000 stranieri, principalmente di nazionalità svedese e tedesca. Ci furono vittime anche altrove in Asia: la Birmania registrò circa 60 morti, secondo la giunta militare che allora governava il paese e che l’opposizione stimo’ fino a dieci volte di più. Seguono Maldive (108), Malesia (75) e Bangladesh (2). Le onde mortali hanno colpito anche la costa orientale dell’Africa, mietendo vittime in Somalia (289), Tanzania (13), Seychelles (3), Kenya (1), Yemen (2) e Sud Africa (2), il punto più lontano dall’epicentro del terremoto, a circa 8.000 chilometri di distanza, in cui la morte è stata registrata. Anche in Antartide sono state rilevate onde in aumento.
– I danni –
Secondo un rapporto della Banca Mondiale, i danni materiali ammontarono a circa 13,23 miliardi di euro (al cambio attuale). L’Indonesia, ancora una volta, fu il Paese più colpito, dove oltre 655.000 persone persero la casa nelle 700 città colpite. I danni economici ammontarono a oltre 4,26 miliardi di euro. La Thailandia, il secondo Paese più colpito in termini economici, li ha stimati in 1.895 milioni di euro, il che implica una riduzione del Pil dello 0,4%. In termini percentuali le Maldive subirono l’impatto maggiore con danni per circa 436 milioni di euro, che rappresentavano il 62% del suo Pil, sempre secondo i dati della Banca Mondiale.
– Le donazioni: slancio di generosità senza precedenti –
Secondo i dati della Ong Oxfam, la comunità internazionale ha mobilitato 12,8 miliardi di euro per sostenere la risposta ai danni causati dallo tsunami. Una cifra 100 volte superiore a quella raccolta al ‘Live Aid’ del 1985 per combattere la fame in Africa. Nel 2005 solo all’Indonesia sono andati in donazioni poco più di un miliardo di dollari. Seguono lo Sri Lanka, con 676 milioni di euro, e le Maldive, con 107 milioni di euro. Né prima né dopo si è verificato un disastro naturale che abbia visto confluire cosi’ tanta solidarietà in termini di denaro. Lo tsunami è stato uno dei motivi per cui l’Onu ha triplicato il totale delle donazioni gestite in tutto il mondo, dopodiché si è verificato un calo di cinque anni nella capacita’ finanziaria dell’organizzazione multilaterale per le sue operazioni umanitarie in tutto il mondo.
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