Accettando il riaggiustamento di numeri come “inevitabile”
Il 2024 non è stato forse l’anno migliore per il mercato dell’arte, che ha subito una flessione evidente. Esaurito ormai l’entusiasmo del periodo pandemico, l’instabilità dei mercati finanziari determinata dalle tensioni geopolitiche, unita a tassi di interesse alti e alle incertezze sulle elezioni americane, ha pesato sul settore almeno fino all’ultimo trimestre.
Il valore complessivo del mercato dell’arte nel 2024 è stato di 5,05 miliardi di dollari, con un calo del 29% rispetto allo stesso periodo del 2023. Questi dati, rivelati dal “The Intelligence Report Mid-Year Review 2024” di Artnet, si basano però principalmente su dati pubblici provenienti dal mercato secondario.
In particolare, il settore dell’ultra-contemporaneo ha risentito maggiormente di questo cambio di ciclo, con una diminuzione del 39% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nomi under 40 che nel 2022 avevano superato il milione hanno faticato, nelle ultime aste, ad arrivare alle sei cifre, in un necessario riaggiustamento dei prezzi più in linea con il mercato primario.
Un esempio significativo è rappresentato dai prezzi totali di vendita all’asta per Flora Yukhnovich. Due anni fa richiestissima da Victoria Miro, ha visto un crollo dell’88% nel 2023 rispetto all’anno precedente, secondo il rapporto “NextGen Artist Monitor” di ArtTactic pubblicato a febbraio 2024. Questo trend è continuato per tutto il 2024, tanto che in tutte e tre le principali case d’asta si è osservata una maggiore reticenza, a novembre, a proporre nelle evening sales opere etichettate come “Wet Paintings”.
La stessa Phillips, considerata una casa d’aste leader nel lancio di artisti ultracontemporanei, ha presentato a novembre stime per soli 540.000 dollari, segnando un calo netto del 50% rispetto al totale di 1,12 milioni di dollari dello scorso anno.
Un altro esempio eclatante è il drammatico calo di percezione del mercato per María Berrío. Da un mercato secondario che raggiungeva già i milioni, è passata a una valutazione più contenuta sulle cinque cifre. Ad esempio, “La Cena” (2012) di Berrío, venduta per 1,5 milioni di dollari da Sotheby’s nel 2022, quest’anno è stata aggiudicata a soli 441.000 dollarida Christie’s. Pur rientrando nella stima, questa cifra rappresenta un calo del 71% in soli due anni.
Questa brusca correzione nei prezzi di aggiudicazione di molti artisti ha scosso e forse minato la fiducia dei collezionisti, che un tempo consideravano le opere degli artisti emergenti come un investimento redditizio. Tuttavia, rimangono alcune eccezioni. Ad esempio, Jadé Fadjoutimi ha visto le sue quotazioni continuare a salire: un nuovo record di 1,52 milioni da Christie’s e uno show ora sold out da Gagosian New York confermano la sua ascesa.
La situazione in generale sembra essere comunque migliorata nel secondo semestre e negli ultimi mesi, che hanno dato speranza per un cambio di ciclo.
Nel chiudere l’anno, Art Basel Miami Beach ha offerto tutto sommato segnali positivi in termini di attività e vendite, lasciando i dealer tirare un sospiro di sollievo dopo “un anno cupo e nervoso”, come l’ha definito Marc Payot di Hauser & Wirth.
Anche le aste a New York a novembre sono state in qualche modo salvate dalla qualità delle collezioni e dai capolavori passati sul podio (e dalla strategica orchestrazione di garanzie e stime ragionevoli), con alcuni momenti di spicco come l’opera di René Magritte L’empire des lumières venduta da Christie’s per 121 milioni di dollari, le ninfee di Monet vendute da Sotheby’s per 65,5 milioni di dollari e, ovviamente, la Banana da 6 milioni di Maurizio Cattelan, fra le varie. Tuttavia, se guardiamo ai totali finali, per tutte e tre le case d’asta questi sono stati inferiori a quelli della stessa stagione nel 2023.
Nel 2024 è stato soprattutto il mercato delle aste a soffrire, come segnalano i tagli al personale ormai confermati da Sotheby’s con la fine della stagione, e i risultati pubblicati da Christie’s la scorsa settimana che chiude l’anno con un totale di 4,2 miliardi di dollari tra aste live, online e private sales, in calo del 16% rispetto ai 5 miliardi di dollari realizzati nel 2023. Come abbiamo visto dalle ultime aste fra New York, Parigi, Londra e perfino Hong Kong, i fuochi d’artificio di record, i debutti e le nuove bolle di mercato stanno diventando sempre più rari, poiché tutti cercano di andare sul sicuro, assicurando consignments di primo livello in termini di freschezza del pezzo sul mercato, qualità o marchio simbolico del proprietario. L’instabilità dei mercati ha reso difficile per le case d’asta ottenere consignments sulle nove cifre: quest’anno solo un’opera ha superato il centinaio di milioni in asta, mentre nel 2022 erano stati ben 6 i lotti sopra quella cifra.
Altri studi, come quello di UBS e Art Basel condotto dalla dottoressa Claire McAndrew, incoraggiano comunque a mantenere una certa dose di ottimismo. Nonostante il rallentamento del 2023, che ha visto il mercato dell’arte calare del 4% a 65 miliardi di dollari, le importazioni globali di arte e antiquariato sono cresciute per il terzo anno consecutivo, con valori in aumento del 6% a 33 miliardi di dollari. Da quanto ha commentato McAndrew nel report: “Gli HNWI che abbiamo intervistato hanno effettuato transazioni attraverso una gamma più diversificata di canali e punti di prezzo nel 2023 e 2024, impegnandosi con un numero maggiore di gallerie rispetto agli anni precedenti, compreso un numero maggiore di nuove gallerie. Questi cambiamenti contribuiranno probabilmente a spostare l’attenzione dalle ristrette vendite di fascia alta che hanno dominato negli anni precedenti, ampliando potenzialmente la base del mercato e incoraggiando la crescita di segmenti artistici più accessibili, che potrebbero fornire una maggiore stabilità in futuro.”
Anche a livello geografico, nonostante New York rimanga ancora l’hub principale del mercato dell’arte, le cose stanno cambiando e nuovi centri in rapida crescita come Hong Kong stanno recuperando terreno in termini di numeri e risultati, diventando il principale punto di contatto per nuove regioni economicamente fiorenti come l’Asia meridionale. Questo nuovo ruolo si riflette su più livelli di mercato, sia per quanto riguarda i capolavori ultra-milionari passati in asta nella regione, quintuplicati entro il 2021 rispetto al valore di 90,6 milioni di dollari del 2013, sia per quanto riguarda i capolavori contemporanei e ultra-contemporanei, che nell’ultimo anno hanno registrato risultati pari a 269,4 milioni di dollari e 206,1 milioni di dollari, rispettivamente 12 volte e 24 volte i totali del 2013.
Quest’anno sia Christie’s che Sotheby’s hanno aperto nuove sedi a Hong Kong, facendone il proprio avamposto principale nella regione e unendosi a Phillips, già presente fisicamente da due anni, e subito seguite anche da Bonhams, che ha aperto pochi mesi dopo.
Tuttavia, in un calendario globale di aste che si fa così sempre più fitto, le case d’asta pare debbano ancora trovare la formula per calibrare al meglio offerta e domanda fra le varie regioni, e le recenti aste in autunno anche a Hong Kong non hanno sempre portato i risultati sperati. Se da Christie’s alcune opere blue-chip di artisti occidentali di alto profilo sono state vendute al di sotto delle stime, la casa d’asta ha poi chiuso comunque a “guanto bianco” con l’arte asiatica e le antichità. Sotheby’s ha conquistato la stampa con la vendita da 32,5 milioni di dollari del famoso dipinto di Mark Rothko del 1954 alla sua asta inaugurale, ma l’opera è stata venduta a un prezzo inferiore del 30% rispetto al valore raggiunto nel 2015, e in generale l’asta ha registrato un modesto 65% di venduto. Per Phillips, l’asta di novembre a Hong Kong ha fruttato 22 milioni di dollari, con un leggero calo rispetto alla vendita analoga dello scorso anno.
Nel frattempo, uno studio intitolato “The Japanese Art Market 2024”, recentemente pubblicato e commissionato da McAndrew per l’Agenzia giapponese per gli affari culturali (sotto il Ministero dell’Istruzione, della Cultura, dello Sport, della Scienza e della Tecnologia), rivela una crescita del mercato giapponese che ha superato le medie globali negli ultimi cinque anni. Mentre le vendite globali sono aumentate solo dell’1% tra il 2019 e il 2023, in mezzo a una recessione generale, quelle giapponesi hanno registrato un aumento dell’11%, passando da 611 milioni di dollari a 681 milioni di dollari.
A dominare sono però soprattutto le vendite di artisti giapponesi all’estero, con grandi nomi come Yayoi Kusama e Yoshitomo Nara, mentre rimangono limitate le vendite interne, che si attestano comunque in un range inferiore ai 50.000 dollari. Sebbene la quota del Giappone nel mercato globale rimanga attorno al 1%, il Paese si sta affermando come il secondo mercato più dinamico in Asia, con la Cina al primo posto, forte di una quota pari all’80%.
Nel frattempo, l’Europa, sia nel mercato dell’arte che nell’economia, mantiene ancora il suo posto storico, ma ha bisogno di innovare e attrarre nuovi capitali. È evidente la crescita di Parigi, che ha riguadagnato posizione sulla mappa globale come principale centro culturale dopo la Brexit e la pandemia, grazie anche alla presenza annuale di Art Basel, che attira collezionisti internazionali. Secondo il rapporto di Morgan Stanley, la capitale francese ha totalizzato poco più di 1 miliardo di dollari nel 2021 e nel 2022 e, nonostante un arretramento a 864 milioni di dollari nel 2023, i suoi totali di vendita sono ora in aumento del 30% rispetto al 2013. Londra, al contrario, ha registrato un calo significativo tra il 2013 e il 2023, passando da un massimo di 473,6 milioni di dollari nel 2014 a 216 milioni di dollari nel 2023, meno della metà.
Nel mentre, ci sono stati interessanti movimenti anche nel Middle East, con Sotheby’s che ha annunciato l’apertura di una nuova sede in Arabia Saudita, a Diriyah, in cui debutterà con la prima asta multicategoria a febbraio 2025. L’annuncio è stato fatto solo pochi mesi dopo che Sotheby’s si era assicurata un investimento di 1 miliardo di dollari da parte dell’Abu Dhabi-based sovereign wealth fund ADQ, con lo scopo di sostenere la crescita e l’espansione dell’azienda in nuovi mercati, con particolare attenzione a “stabilire una presenza ancora più solida in Medio Oriente”.
Nel frattempo, anche Christie’s ha annunciato la sua espansione in Medio Oriente, avendo ottenuto la licenza commerciale per operare in Arabia Saudita e nominando l’influente advisor e patron locale Nour Kelani come direttrice generale per il Regno. Sebbene al momento Christie’s non abbia ancora annunciato l’apertura di una sede nel Regno, vociindicano che Art Basel stia invece puntando su Abu Dhabi.
Nel 2024, si sono rafforzate anche le partnership culturali con il Regno, con il primo ministro britannico Keir Starmerche ha firmato con il principe saudita Mohammed bin Salman Al Saud un importante accordo bilaterale per una partnership nella gestione, conservazione e promozione del patrimonio culturale saudita. Questo accordo segue un altro accordo bilaterale, già avviato nel 2018 dalla Francia, per il supporto nella promozione e gestione del patrimonio e delle industrie culturali – un accordo che ha già portato quest’anno un generoso investimento di 50 milioni di dollari da parte del Regno a supporto del rinnovamento del Centro Pompidou.
In questo scenario di cambi di equilibri, le principali fiere d’arte sono le uniche che continuano a crescere a livello globale ed esponenziale – sebbene Frieze sembri essere ora in vendita al migliore offerente. Nel frattempo, le fiere sembrano trasformarsi in grandi eventi di intrattenimento, dato che le aziende che le gestiscono operano principalmente in questo settore, cercando di attrarre e coinvolgere un pubblico target spesso più interessato a esperienze simbolicamente significative che all’acquisto e al sostegno del sistema – con ovvio disappunto degli espositori.
Per quanto riguarda il mercato primario, le gallerie oggi fanno maggiore fatica rispetto ai “sold out da PDF” a cui si erano abituate – e da cui forse erano state viziate – durante la pandemia. Gli acquirenti sono sempre più esigenti e si concentrano sull’acquisizione di opere “Triple A+”, evitando le tattiche delle gallerie come le liste d’attesa e i controversi schemi “compra uno, regala uno”. Mentre il mercato si adegua a un ritmo più lento (o più razionale), i collezionisti esercitano una maggiore influenza nelle trattative, privilegiando qualità e valore.
Per questo motivo, le gallerie devono ora tornare a instaurare rapporti umani e di fiducia, sia con gli acquirenti che con gli artisti. Allo stesso tempo, è necessaria la ricerca di veri nuovi talenti a livello globale, soprattutto in un momento in cui i collezionisti sono diventati molto più attenti nel navigare tra le molteplici “stelle nascenti” e iniziano a guardare a un track record accurato, sia in termini di curriculum sia di interesse istituzionale, che possa sostenere una crescita solida degli artisti nel tempo.
La fascia media, compresa tra $15.000 e $100.000, ha subito una contrazione, anche a causa di un aumento dei prezzi forse troppo rapido per artisti con scarso curriculum, il che ha portato a un attuale stallo. Rimane invece particolarmente dinamico il mercato per le opere di emergenti sotto i $15.000, anche grazie all’ingresso di nuovi acquirenti, più giovani o provenienti da regioni in via di sviluppo. Il fatto che l’unica fascia veramente in crescita sia la meno costosa dà segnali di speranza per un mercato dell’arte più democratico.
In questa contrazione, molte gallerie hanno chiuso negli ultimi mesi, soprattutto nei principali hub come New York e Londra, sebbene sia spesso difficile tracciarne il percorso, dato che ciò avviene frequentemente in modo molto silenzioso.
Numerosi sono stati anche i casi di accuse di mancato pagamento emerse, come più di recente per Thierry Goldberg a New York o per Nino Meier.
Nel frattempo, in queste nuove condizioni di mercato, abbiamo assistito a un’uscita completa di collezionisti e operatori speculatori. Questo, sebbene nel primo periodo abbia determinato un declino nel mercato dell’ultra contemporaneo in asta, sul lungo termine potrebbe garantire maggiore sostenibilità e solidità al mercato e alle quotazioni oggi “riaggiustate”.
A livello di tendenze, il 2024 ha visto una crescita di interesse per l’arte proveniente dal Global South, grazie anche alla Biennale e a numerose mostre e iniziative internazionali. In particolare, il mercato per l’arte latinoamericana ha registrato una notevole impennata in termini di visibilità e valutazione. Sotheby’s ha, per esempio, rilevato una crescita del 50% rispetto ai livelli pre-pandemia per quanto riguarda le vendite di opere di artisti latinoamericani, sia storici che contemporanei.
Il climax di questa tendenza è stato raggiunto lo scorso maggio con la vendita da record del capolavoro surrealista Les Distractions de Dagobert di Leonora Carrington per 28,5 milioni di dollari. Acquistato dal collezionista argentino Eduardo Costantini, questo evento ha sottolineato la crescente importanza della categoria. Carrington ha poi dominato anche le aste di novembre con La Grande Dame (The Cat Woman) (1951), aggiudicata per 11,4 milioni di dollari, superando di gran lunga la stima di prevendita di 5-7 milioni di dollari, dopo un’accesa guerra di offerte. Costantini, ancora una volta, è risultato l’acquirente.
Tra le altre recenti vendite notevoli che testimoniano l’attivo interesse per questa categoria, spicca l’asta di maggio di Christie’s della collezione Rosa de la Cruz, che ha fruttato oltre 34 milioni di dollari, stabilendo nuovi record per gli artisti cubani Ana Mendieta e Félix González-Torres. La domanda di mercato rimane robusta anche per altre figure della categoria, come Leonor Fini, Rufino Tamayo, Remedios Varo e Wifredo Lam, le cui opere continuano ad attirare l’attenzione di collezionisti e istituzioni.
L’attuale entusiasmo per l’arte latinoamericana e per l’arte indigena si allinea a una più ampia tendenza di riscoperta di categorie e artisti trascurati. Questo fenomeno è attribuibile sia alla presenza di acquirenti internazionali desiderosi di esplorare “mercati freschi” con un potenziale non sfruttato, sia al crescente ruolo delle istituzioni, sempre più attente a diversificare le loro collezioni con opere di importanza storica e culturale.
Il rinnovato interesse per l’arte latinoamericana si interseca con l’ascesa delle artiste del dopoguerra e del Surrealismo, che stanno registrando una crescita solida e sostenuta. Il Collecting Survey di Art Basel e UBS ha, per esempio, rivelato che le opere di artiste donne rappresentano ora il 44% dei pezzi nelle collezioni HNWI, la quota più alta degli ultimi sette anni, in aumento rispetto al 33% del 2018. Analogamente, nella Mid-Year Review di Artnet, dieci donne si sono classificate tra i primi 100 artisti all’asta nella prima metà del 2024, due in più rispetto all’anno precedente. Tre donne sono entrate nella top 20, con Yayoi Kusama che ha conquistato il terzo posto tra gli artisti più ricercati, dopo Picasso e Warhol.
Anche l’arte del dopoguerra ha registrato ottimi risultati, con due dipinti di Joan Mitchell tra i primi dieci della categoria nell’ultimo anno.
Per concludere, il mondo dell’arte nel 2024 ha comunque retto alle tensioni finanziarie e politiche e sembra sulla via di una ripresa. Diversi attori continuano a prosperare, a ispirare e ad adattarsi strategicamente alla situazione attuale. Parlando con professionisti, emerge che questo riassestamento del mercato e dei prezzi era a lungo necessario per ripulire la scena post-pandemica e per individuare quali siano davvero le offerte artistiche rilevanti oggi.
Questo cambiamento di approccio, unito a un entusiasmo ancora vivo tra i collezionisti e alla crescente inclusione dell’arte tra gli asset finanziari, suggerisce che il mercato sia pronto a evolversi per allinearsi alle mutate realtà economiche e alle priorità generazionali. In generale, a chiusura dell’anno, i professionisti sono perlopiù ottimisti per un 2025 migliore del 2024, con un mercato che si avvia verso una ripresa più ragionevole, sebbene permangano ombre e preoccupazioni legate alle nuove tariffe che imporrà Trump e alle tensioni ancora attive in varie parti del mondo.
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