L’anno nuovo, nel segno di Erode

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Campo profughi a Deir al-Balah, Striscia di Gaza, 27 dicembre 2024. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)

Le luci e il clima festoso del Natale hanno fatto dimenticare ormai da tempo alla grande maggioranza delle persone, anche ai credenti, una delle feste liturgiche che la Chiesa cattolica celebra ogni anno il 28 dicembre, all’indomani della ricorrenza della nascita di Gesù, e che si collega strettamente ad essa, quella dei Santi Innocenti.

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La strage degli innocenti

La storia, narrata nel vangelo di Matteo, è nota: il re Erode, allarmato da quanto i magi gli hanno riferito sulla nascita in Bethlem di un misterioso «re dei Giudei», quando si accorge che essi, malgrado le sue raccomandazioni, non torneranno per informarlo sull’identità del suo possibile concorrente al trono, decide di mettersi al sicuro mandando i propri soldati a uccidere tutti i bambini del villaggio dai due anni in giù.

Un racconto che ci appare rappresentativo della bestiale violenza a cui la logica del potere può condurre chi lo assolutizza. Forse, però, dovremmo chiederci se il mondo, dopo duemila anni, non sia ancora alle prese con il triste fantasma di Erode e se la nostra giusta reazione non rischi di essere un alibi per distogliere gli occhi dal presente di cui siamo protagonisti e in una certa misura responsabili.

Perché i bambini continuano a essere le vittime innocenti dei conflitti che oggi travagliano il nostro pianeta e dei giochi di potere che ne sono l’origine. Emblematico ciò che è accaduto in Ucraina.

Bambini deportati e massacrati

All’inizio dell’aggressione di Putin, una delle prime misure degli invasori è stata la deportazione di almeno 20.000 bambini ucraini, che sono stati strappati alle loro famiglie e portati con la forza in Russia, dove si sta cercando di cancellare ogni legame con la loro patria e di trasformarli a tutti gli effetti in russi.

È questa «deportazione illegale di popolazione (bambini)» il «crimine di guerra» menzionato nel mandato di arresto emesso il 23 marzo 2023 dalla Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin.

Non meno impressionante quello che sta accadendo nella guerra che da ormai più di un anno infuria tra Israele ed Hamas. Già nell’attacco di Hamas del 7 ottobre, tra le vittime civili israeliane si contavano anche 33 minori uccisi e circa 30 rapiti.

Testimonianza di una spietatezza che non rispetta neppure l’infanzia e che disonora chi se ne rende responsabile. I piccoli sono ancora in mano ai terroristi. Un video recentemente diffuso dall’organizzazione islamica attraverso i suoi canali social mostra uomini armati che tengono in braccio o spingono nei passeggini i bambini presi in ostaggio.

Ancora più drammatici sono i numeri della strage che, in reazione a quel massacro, si sta perpetrando da più di un anno nella Striscia di Gaza. Dall’inizio della guerra al luglio scorso i bambini vittime dalle bombe e delle azioni di terra dell’esercito israeliano erano 16.456, ma da allora ne sono morti altri. Una nota dell’UNICEF di metà dicembre riferiva che solo dall’inizio di novembre sono stati uccisi una media di quattro al giorno.

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«Questa guerra è una guerra contro i bambini», ha denunziato il responsabile dell’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, sottolineando che, secondo i dati, il numero di quelli uccisi nella Striscia di Gaza in soli quattro mesi supera il numero di bambini uccisi in tutti i conflitti del mondo negli ultimi quattro anni.

Senza contare quelli morti a causa della mancanza di cibi e di medicinali, per il blocco effettuato dallo Stato ebraico e indicato come «crimine di guerra» nel mandato di arresto della stessa Corte penale internazionale, questa volta nei confronti del premier israeliano Netanyahu.

Noi spettatori e protagonisti della strage

C’è però una inquietante differenza rispetto al caso della violenza dei russi contro i piccoli ucraini e di quella di Hamas nei confronti dei bambini israeliani – entrambe ampiamente deprecate da tutti –, ed è che a Gaza il massacro si svolge, da quattordici mesi, sotto gli occhi indifferenti delle democrazie occidentali, (ad eccezione di Spagna e Irlanda), le quali fin dall’inizio forniscono a Israele la copertura politica e le armi per la sua campagna, limitandosi a rivolgere di tanto in tanto vaghi inviti al rispetto dei diritti umani, fingendo di non vedere che essi sono stati ormai da tempo calpestati.

Ancora più evidenti sono le responsabilità dei paesi «progrediti» nella violenza contro i bambini nella sempre più rigida chiusura delle loro frontiere al flusso dei migranti.

Pioniera e sostenitrice di questa linea è la premier italiana Giorgia Meloni, il cui governo si è prodigato fin dall’inizio per contrastare i viaggi verso l’Italia ostacolando e rendendo più difficile il salvataggio dei naufraghi nel Mediterraneo da parte delle navi delle ONG.

Quanti bambini sono morti a causa di queste misure di «difesa dei confini»? Solo nei primi mesi del 2023 l’UNICEF parlava di 289. Ma ogni settimana giungono notizie di altri naufragi, in cui almeno alcuni dei morti sono minori. Per non parlare di quelli che, grazie agli accordi di Roma con la Libia e la Tunisia, sono trattenuti in condizioni disumane nei lager creati da questi paesi per impedirne la partenza verso l’Italia.

Ora il modello Meloni viene apprezzato e fatto proprio anche da altri paesi europei, che si stanno prodigando nell’alzare muri e nel creare lager di smistamento per i rimpatri.

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Quanto agli Stati Uniti, Trump, in coerenza col proprio programma elettorale, è sul punto di realizzare la «più grande deportazione di massa di migranti illegali». Non disponiamo del numero dei bambini coinvolti in queste operazioni, ma non è azzardato presumere che sia elevato.

Un ultimo capitolo di questa odierna «strage degli innocenti» è il progressivo assurgere della libertà delle donne di abortire ad emblema della loro emancipazione e della loro recuperata dignità. Quello che dovrebbe essere considerato un doloroso trauma, da affrontare come estremo rimedio a situazioni di estremo pericolo per la gestante e per il bambino, è stato invece inserito di recente nella Costituzione francese «in riconoscimento del diritto delle donne di disporre liberamente del proprio corpo», come ha orgogliosamente dichiarato il primo ministro Gabriel Attal su X. E poco dopo il Parlamento europeo ha votato a favore dell’inserimento di un’analoga normativa nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

L’embrione, il feto, sono ancora privi di una vita biografica – e questo certamente li differenzia dai bambini già nati –, ma ne hanno una biologica che, secondo la scienza, li qualifica a tutti gli effetti come esseri umani. Considerarli «disponibili» a ogni manipolazione, come semplici parti del corpo materno, secondo le parole del primo ministro francese, equivale a dire che la terra è piatta e che il sole ruota intorno alla terra.

La libertà delle donne non può prevalere sul diritto a vivere di altri esseri umani. Ed è una triste mistificazione farla risiedere nel diritto di uccidere i propri figli, invece che in quello di essere aiutate dalla comunità civile ad averli e a mantenerli dignitosamente.

No, non è un mondo per bambini. Si capisce anche dal fatto che ne nascono sempre di meno. Mentre nei paesi poveri i bambini sono accolti come una benedizione, l’Occidente evoluto fa sempre meno figli, ossessionato dalla paura di dover dividere la propria libertà e la propria ricchezza con i nuovi venuti, quasi fossero clandestini indesiderati anche loro.

Alla viglia del nuovo anno

Il 28 dicembre, la festa liturgica della strage degli innocenti, precede di soli tre giorni l’imminente capodanno, con cui comincia un 2025 che, da questo punto di vista, non sembra promettere niente di buono.

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Nel nuovo anno i piccoli ucraini torneranno alle loro case? I bambini israeliani ostaggio di Hamas saranno finalmente liberati? Smetterà l’esercito dello Stato ebraico di uccidere e di affamare quelli palestinesi? Si permetterà ai migranti di portare i loro figli a vivere in ambienti più sicuri, dove farli crescere al riparo dalle guerre e dalla fame? Si prenderà coscienza che anche i bambini non ancora nati hanno il diritto avere un futuro?

Vorremmo poter rispondere positivamente a queste domande, ma non possiamo. E non dipende da noi. A ognuno di noi spetta però continuare a parlare, a scrivere, a lottare come possiamo – come stiano facendo – per denunciare e combattere con tutte le forze la triste ombra di Erode che si stende sul nostro mondo civilizzato.

Dal sito della pastorale della cultura della diocesi di Palermo, 28 dicembre 2024

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