Manovra blindata: è fiducia. Inizia il tempo dell’austerità

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Era pronta da due mesi ed era già disastrosa. È stata peggiorata alla Camera dove si è assistito anche alla penosa litigata per un aumento di 7 mila euro al mese a esponenti di governo «tecnici» poi ridotto a duemila e rotti di «rimborso». E, a tre giorni dall’esercizio provvisorio, sarà approvata oggi a scatola chiusa con la fiducia al Senato. Questa è la storia della legge di bilancio – la terza del governo Meloni – che si chiude con l’avanspettacolo. Solo ieri, a più di due anni dall’inizio della legislatura, l’esecutivo e la sua maggioranza si sono resi conto che «c’è un problema di procedure parlamentari che va risolto – ha detto il ministro dell’economia Giorgetti – Si rende necessaria una revisione della legge, ma l’iniziativa spetta al parlamento».

LO STESSO PARLAMENTO che ieri non ha potuto conferire un mandato al relatore di maggioranza – il senatore Guido Liris, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Bilancio – perché il governo ha imposto tempi così ristretti da rendere impossibile l’analisi formale degli oltre 800 emendamenti alla manovra presentati dalle opposizioni. Anche Liris si è sentito in obbligo di tornare «alla doppia lettura, che non è stata più fatta dal 2018». Questo è accaduto a causa dello strapotere dei governi che ha istituito un «monocameralismo alternato». Si approvano cioè leggi come la legge di bilancio in una sola Commissione Bilancio e con la fiducia si risolvono i problemi in entrambe le Camere.

 

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I tagli ai ministeri, rielaborazione dalla relazione tecnica alla legge di bilancio 2025

LIRIS HA DETTO DI ESSERSI «dimesso» dal mandato di relatore, poi ha precisato di non averlo fatto. Del resto non c’era alcun mandato. Per il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia è stato un passo falso. Il lapsus di Liris sarebbe stato inteso come un atto contro il governo o contro Fratelli d’Italia, il partito del senatore. Insomma, una pochade. «Il parlamento è stato irriso» ha commentato Boccia. Non dovrebbe essere una scoperta recente. Pratiche analoghe sono state adottate da maggioranze e governi di segno diverso. Quando la democrazia costituzionale (che con una storpiatura ideologica chiamano «liberale») evapora, ci si scontra sul «metodo».

I CONTENUTI di una manovra dovrebbero fare indignare ancora di più, ma continuano a non riscuotere un interesse generale. Questo è il successo di propaganda del governo. Il testo, da leggere con il «Piano strutturale di bilancio», prepara 7 anni di austerità, prevede tagli da oltre 13 miliardi di euro a ministeri e enti locali, gravi diseguaglianze sociali e fiscali. La manovra però è stata ripresentata ieri da Giorgetti come «prudente e responsabile» che pensa al «ceto medio» perché impiega un terzo dei circa 30 miliardi di euro per confermare strutturalmente il «taglio del cuneo fiscale» che, a dire dell’Ufficio parlamentare di bilancio, complicherà ancora di più il fisco e creerà nuove esclusioni. La «responsabilità» con la quale Giorgetti e gli altri si fanno i gargarismi da mesi è il vincolo di fedeltà contratto dai post-fascisti, leghisti e berlusconiani con la Commissione Europea. Insieme hanno imposto le norme capestro del nuovo patto di stabilità firmato dal governo Meloni proprio un anno fa. Quello che porta la nuova austerità nel momento peggiore di tutti.

LA REALE PORTATA della legge di bilancio è stata nascosta in un lungo elenco di cifre contenute nelle tabelle di definanziamento e di rifinanziamento dei ministeri. Nel testo oggi a disposizione, all’allegato IV, pagina 390, con la lente di ingrandimento si possono leggere, dicastero per dicastero, la ripartizione di 7,7 miliardi di euro di tagli in tre anni. I più colpiti saranno il ministero dell’economia (2 miliardi 191 milioni in tre anni), quello dell’industria-made in Italy (1 miliardo 129 milioni), delle infrastrutture (823 milioni) dell’università (702 milioni), dell’Interno (608 milioni), cultura (529 milioni) dell’ambiente (501), e così via.

NON SI COMPRENDE l’impatto di questi tagli sulla vita della cittadinanza se non li si lega a quelli che travolgeranno le regioni, le province, i comuni e le città metropolitane. Sono complessivamente 5,6 miliardi fino al 2030. Nel testo oggi a disposizione la prova sta nei commi 786 e 788. I sindaci sono riusciti a evitare il blocco del turnover al 75% del personale. Tuttavia è stato confermato il taglio alla spesa corrente. Ed è questa la misura più grave. Per il comune di Firenze, ad esempio, ciò equivale a 6 milioni di tagli nel 2025, 7 nel 2026 e altrettanti nel 2027. Per quello di Roma si parla di «50 milioni» complessivi. Questo significa che, sebbene ci sia una gestione virtuosa, i servizi comunali sono a rischio e le tasse aumentano.

UNA DELLE MISURE più simboliche della manovra è senz’altro il definanziamento per 4,55 miliardi il Fondo automotive gestito dal ministero delle Imprese e del made in Italyfino al 2030. Una sforbiciata dell’80 per cento. Questi soldi andranno a aerei, navi, missili. Siamo arrivati al 21esimo mese di crollo consecutivo della produzione manifatturiera, siamo in una crisi epocale dell’automotive e il governo taglia il futuro del settore. Per finanziare le lobby dei cannoni. Penoso il tentativo di rifinanziare il fondo con 200 milioni all’anno. L’idea è chiara: nel paese in cui i salari sono fermi da trent’anni il futuro è preparare la guerra. Non basterà: la Nato e Trump vogliono di più. Il patto di stabilità Ue potrebbe cambiare. Per armare gli eserciti, non per organizzare la società.



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