Un visionario eclettico, amante dei viaggi e dell’arte. Uno spirito aperto, erede di un’avventura imprenditoriale che scrisse un capitolo importante nella Palermo dorata d’inizio Novecento. Non c’era posto migliore per ricordare le imprese di Vittorio Ducrot, nipote omonimo del grande imprenditore che fondò lo storico mobilificio di Palermo. Proprio nella Sala De Seta dei Cantieri Culturali alla Zisa, un tempo Officine Ducrot, è stata presentata in anteprima l’autobiografia postuma di Vittorio Ducrot, fondatore nel 1974 dei Viaggi dell’Elefante, un marchio che ha rivoluzionato il turismo d’alta gamma in Italia e che quest’anno celebra 50 anni di successi.
“Mio padre era un viaggiatore, un imprenditore, un uomo molto originale, ma anche un artista, una persona molto eclettica, che alla sua maniera ha ereditato lo spirito di famiglia”, ha detto il figlio Enrico Ducrot, che dopo la morte del padre nel 2022, ha preso le redini del tour operator. “Il libro, le sue memorie, sono una storia ponte tra il mondo di mio bisnonno e di mio padre. Vicende che evocano una straordinaria ascesa, ma anche la scomparsa di un mondo che oggi vogliamo ricordare”.
Nato a Palermo nel 1933, Vittorio Ducrot fu erede non solo del nome, ma anche dello spirito imprenditoriale del nonno. Con una visione innovativa e internazionale, seppe reinterpretare questa tradizione, trasformandosi in una figura di spicco nel mondo del turismo. Il suo primo viaggio avvenne già in tenera età: poco più che neonato, salì a bordo del transatlantico Rex, simbolo dell’Italia che guardava al futuro.
“Su questa nave mitica papà, a soli 1 anno e 3 mesi – racconta Enrico Ducrot – ebbe il suo battesimo del viaggio durante la traversata inaugurale del famoso transatlantico italiano, arredato da suo nonno, per raggiungere New York. Da quel momento non si è più fermato, trasformando la sua passione per i viaggi in un’impresa unica”. Fu proprio dalla visione di Vittorio che nel 1974 nacque Viaggi dell’Elefante, un marchio che ha rivoluzionato il turismo di lusso, offrendo itinerari esclusivi e curati nei minimi dettagli. L’azienda, che quest’anno celebra 50 anni di successi, ha esordito con mete esotiche come Indonesia, Tanzania, Thailandia, Kenya, Messico e India, condividendo con i suoi clienti esperienze uniche, frutto delle sue esplorazioni in giro per il mondo.
“Mio padre mi ha lasciato in eredità lo spirito imprenditoriale che, a sua volta gli era stato trasmesso dal nonno – prosegue Ducrot – una ricerca della qualità profonda, una visione ampia delle cose, molto ben rappresentata proprio dalle Officine Ducrot, che non facevano semplicemente mobili, ma legavano stili, tematiche differenti, dal legno, agli aeroplani, al tessuto, circondati da maestranze straordinarie e portatori di conoscenze che poi hanno condiviso con tutta la città”.
Il libro “Ottantotto anni” (l’età in cui è scomparso Vittorio Ducrot) è una raccolta di memorie che unisce dettagli personali, storie di famiglia e le sue inesauribili passioni artistiche. Dietro c’è un lungo lavoro d’archivio che ha messo insieme documenti, fotografie e scritti durante gli ultimi anni della sua vita. Un racconto permeato da una passione per il bello, che si riflette nei viaggi, nell’arte e nelle collezioni di famiglia, come quella di miniature indiane, protagoniste dei cataloghi di Viaggi dell’Elefante.
Presenti al De Seta, anche il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, con gli assessori alla Cultura, Giampiero Cannella e all’Urbanistica, Maurizio Carta, insieme al giornalista Virman Cusenza. Durante l’incontro, inoltre, è stato proiettato il trailer di un docufilm di prossima uscita, realizzato da Fabrizio Ruffino e Martina Amato, dedicato alla famiglia Ducrot. “Mi fa piacere che questo libro si presenti qui, in quella che era la casa dei Ducrot – ha dichiarato il sindaco Lagalla – , per il Genius loci che Ducrot rappresenta e perché proprio qualche giorno Palermo è stata riconosciuta come migliore città liberty del 2024. Siamo grati alla famiglia Ducrot per l’impronta che ha lasciato in questa città, un dono che sta a noi, non solo non disperdere, ma valorizzare al meglio”.
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