Così Israele ha riscritto le regole della guerra dopo il 7 ottobre

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Qualche ora dopo la mattina del 7 ottobre 2023, le regole d’ingaggio dell’esercito israeliano
subiscono un netto cambiamento
dettato da un ordine proveniente dai più alti ranghi degli
apparati militari: tutti gli obiettivi legati ad Hamas, di qualsiasi livello e valore militare, vanno
colpiti e, per farlo, il numero tollerato di civili che potrebbero incontrare la morte in queste
operazioni può aumentare fino a venti per ogni singolo obiettivo. Sono queste, in sintesi, le
conclusioni di un ampio lavoro di indagine condotto dal New York Times in merito all’ordine che
ha coinvolto le forze di difesa israeliane dopo l’attacco di Hamas, dando inizio ad una guerra aerea
senza precedenti e fra le più mortali in assoluto del ventunesimo secolo.

Il cambio delle regole d’ingaggio

Quando i militanti di Hamas sfondano il fronte sud dello stato di Israele cogliendo di sorpresa il
suo esercito, uccidendo circa 1200 persone e prendendo in ostaggio 250 civili, la minaccia
percepita da Tel Aviv – raccontano le centinaia di soldati e funzionari militari intervistati in
anonimato – è di tipo “esistenziale” ed accompagnata dal timore che altri attori regionali invisi ad
Israele possano entrare improvvisamente nel conflitto con una manovra di accerchiamento. Ciò che
ne consegue è una nuova strategia che attenua, se non annulla del tutto, una serie di regole dettate
dal diritto internazionale di guerra sulla proporzione necessaria fra l’interesse militare
dell’obiettivo da colpire e il numero morti civili che questo può comportare.

Oltre all’individuazione di nuovi obiettivi militari, anche di scarsa importanza e valore strategico, il
livello tre del rischio per la vita dei civili secondo l’Idf, che contempla fino a 20 morti per ogni
attacco, diventa lo standard a partire dal 7 ottobre 2023. Ma in ciò su cui fa luce l’inchiesta emerge
anche che i limiti di civili uccisi giornalmente viene talvolta del tutto rimosso fino a registrare la
morte di più di 100 persone per colpire alcuni leader di Hamas. Altri elementi che hanno fatto
registrare una tragicamente storica inversione di tendenza nel contesto mediorientale sono la
riduzione o l’annullamento dei colpi di tetto (o di avvertimento) e l’utilizzo ampio delle cosiddette
“bombe stupide”. I colpi di tetto sono delle operazioni mirate ed innocue utili ad avvertire i civili
che si trovano nel raggio del bombardamento in arrivo a lasciare la propria abitazione per mettersi
in salvo, mentre le bombe stupide sono ordigni non guidati con un grado di precisione molto basso
che per questo aumentano notevolmente il margine di civili ed obiettivi non militari colpiti.

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L’uso sistematico dell’IA

La guerra fra Israele ed Hamas non ha solo sconvolto il numero di obiettivi non militari diventati
bersaglio, diretto o indiretto, del conflitto, ma è stata anche un teatro di sperimentazione
precorritrice dell’intelligenza artificiale in ambito bellico. Sono infatti due i sistemi di IA militare su
cui l’Idf fa affidamento nella propria campagna a Gaza. Il primo, noto come “Lavender”, è attivo
nella generazione di obiettivi da assassinare tramite l’incrocio fra numeri di telefono e indirizzi di
presunti militanti. Esso ha un margine di errore del 10% e un basso livello di distinzione del
presunto legame con l’organizzazione che si vuole colpire. Il secondo, Gospel, individua invece gli
edifici e le strutture da distruggere. In entrambi i casi, prima dell’avvio dell’operazione militare, è
richiesta un’approvazione umana di quanto elaborato dall’IA. Ma, secondo il contenuto di un’altra
inchiesta pubblicata dal sito israeliano +972 Magazine, nel conflitto in Medioriente si è potuta
notare una fiducia molto elevata nell’IA parallela ad un ruolo sempre più marginale e irrilevante
dell’uomo nella selezione degli obiettivi.

Diventa complesso, con queste premesse, mettere in discussioni il numero di morti fornito dal
ministero della salute della striscia di Gaza legato ad Hamas che, ad oggi, contempla oltre 45mila
vittime fra cui più di 10mila bambini ma che, come abbiamo visto a più riprese su questo giornale,
secondo la testimonianza attendibile di 99 medici statunitensi si tratta di una stima notevolmente
al ribasso.

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