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Con l’incarico da parte dei presidenti di Camera e Senato, dal primo gennaio del 2025 sarà ufficialmente operativa l’Autorità garante nazionale per i diritti delle persone con disabilità, istituita nel marzo scorso ma finora ferma in attesa della nomina dei tre membri dell’organo collegiale. La scelta di Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana è caduta su Maurizio Borgo, finora capo di gabinetto del ministro per le disabilità Alessandra Locatelli, che assumerà la presidenza del Collegio. Gli altri due componenti saranno Antonio Pelagatti, ingegnere da anni impegnato in ambito istituzionale e associativo a difesa dei diritti delle persone con disabilità (lui stesso è affetto da distrofia) e, come suggerivano i ben informati da qualche giorno, l’ex-direttore generale della prevenzione al ministero della salute Francesco Vaia.
Dalle nomine è stata dunque esclusa qualunque rappresentanza femminile, decisione piuttosto singolare visto che si tratta di un organo nato per prevenire le discriminazioni. Il garante nasce infatti per applicare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006, che dedica esplicitamente l’articolo 6 alla discriminazione multipla che riguarda le donne. Ma non è una sorpresa: già nel 2016, il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità, nelle Osservazioni conclusive al Primo rapporto italiano sull’applicazione della Convenzione si era detto «preoccupato perché non vi è alcuna sistematica integrazione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle iniziative per la parità di genere, così come in quelle riguardanti la condizione di disabilità». La nomina di un collegio tutto maschile conferma la fondatezza di quelle critiche all’approccio italiano alla disabilità.
Fa discutere anche la scelta di Francesco Vaia nel collegio. La legge che ha istituito la nuova autorità prevede che i membri del collegio siano «scelti tra persone di notoria indipendenza e di specifiche e comprovate professionalità, competenze o esperienze nel campo della tutela e della promozione dei diritti umani e in materia di contrasto delle forme di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità». Vaia ha alle spalle una carriera da manager sanitario interrotta solo dalle disavventure giudiziarie. Ma nel suo curriculum non figurano competenze «specifiche» nel campo della promozione dei diritti umani o nel contrasto alle discriminazioni: l’unica esperienza legata alla disabilità riguarda una collaborazione con l’Ente nazionale sordi dei primi anni 2000, svolta mentre ricopriva il ruolo di direttore sanitario in varie Asl romane. Forse tra gli uomini e le donne che da anni si occupano dei diritti delle persone con disabilità c’erano nomi più qualificati.
Più che dai titoli la nomina di Vaia sembra motivata dalla necessità di accontentare un dirigente ingombrante e col dente avvelenato. Da direttore dell’istituto Spallanzani durante l’emergenza Covid e poi da direttore generale della prevenzione, a inizio 2024 Vaia era in pole position per la nomina a capo del nuovo dipartimento per la prevenzione e la ricerca. È il ruolo apicale nella riorganizzazione del ministero voluta da Schillaci e Vaia lo avrebbe comunque lasciato alla fine di quest’anno, avendo raggiunto l’età della pensione. Al posto suo però è stata scelta a sorpresa Maria Rosaria Campitiello, giovane ginecologa con pochissima esperienza negli ambiti di competenza del dipartimento ma con molti sponsor importanti. La nomina di Vaia nel collegio del garante per i diritti delle persone con disabilità potrebbe essere una sorta di ricompensa per lo sgambetto. Nel nuovo ruolo Vaia beneficerà di uno stipendio di circa 160 mila euro l’anno, la stessa «spettante a un capo ufficio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri» come prevede la legge.
D’altronde non c’erano molte altre possibilità per garantire a Vaia uno stipendio pubblico altrettanto elevato. Come pensionato, in base alla legge n. 95 del 2012 non avrebbe più diritto a un incarico dirigenziale o di consulenza retribuito nell’amministrazione. Della stessa norma hanno fatto le spese altri pensionati di lusso come l’ex-presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo e l’ex-presidente dell’Aifa Giorgio Palù. L’unica eccezione alla misura riguarda proprio gli incarichi nelle autorità garanti, come ha sancito una sentenza della sezione ligure della Corte dei Conti di due anni fa. La sistemazione era dunque obbligata.
Non è la prima volta che Vaia sfrutta una scappatoia per rimandare la pensione. Anche quando nel 2022 ha assunto la direzione generale dello Spallanzani Vaia aveva superato il limite di età di 65 anni previsto per l’incarico. Ma in un decreto sulla capienza degli stadi un emendamento di Italia Viva inserì un provvidenziale innalzamento del limite a 68 anni che permise a Vaia di rimanere in sella ancora a lungo e di scalare posizioni di vertice a livello nazionale. Anche oggi l’eterno Vaia può fare progetti di lungo periodo: l’incarico di membro del collegio ha durata quadriennale e può essere rinnovato per ulteriori quattro anni.
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