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di Adolfo Tasinato
C’è qualcosa di profondamente disturbante nel modo in cui la sinistra italiana ha sviluppato un’allergia cronica verso la maggioranza degli italiani, la definirei l’arte del disprezzo selettivo. Non stiamo parlando di una semplice divergenza di opinioni, ma di un vero e proprio divorzio culturale. La sinistra italiana ha perfezionato l’arte di disdegnare sistematicamente gli italiani normali: quelli che si alzano la mattina per andare a lavorare, pagano le multe quando le prendono e non considerano l’installazione di bagni gender-neutral o l’istituzione di corsi sulla transessualità nelle scuole elementari, come la priorità assoluta della Nazione.
Questi italiani, che sono poi gli stessi che tengono in piedi l’ottava potenza economica mondiale e la seconda industria manifatturiera della UE, sono diventati improvvisamente invisibili agli occhi di una classe politica troppo occupata a inseguire le ultime mode d’importazione d’oltreoceano. Sono quelli che usano ancora l’automobile senza sentirsi in colpa, che non sono fanatici delle piste ciclabili in salita spacciate per grandi opere pubbliche, che hanno il coraggio di pensare che le Forze dell’ordine dovrebbero essere rispettate anziché demonizzate o prese a sassate dal centro sociale di turno. In pratica questi italiani, per la sinistra, sono i nemici pubblici numero uno del progressismo contemporaneo.
La metamorfosi del pensiero
Ma come siamo arrivati a questo punto? La trasformazione è stata tanto graduale quanto inesorabile. Ci hanno fatto credere che la Patria fosse un concetto fascista, mentre ci trasformavano in zelanti sostenitori di un baraccone finanziario e burocratico chiamato UE. Ci hanno convinto che i confini fossero un’invenzione borghese, mentre creavano la perfetta terra di nessuno dove la democrazia diventa impossibile proprio per l’assenza di un demos definito.
Uno degli ultimi capolavori? La campagna per regalare la cittadinanza dopo soli cinque anni di permanenza in Italia. Seguendo questa logica surreale, basterebbe un lustro in Egitto per trasformare magicamente un barese in un perfetto beduino. Ma la realtà, quella che la sinistra si rifiuta ostinatamente di vedere, è che la cittadinanza non è un volantino del supermercato da distribuire all’angolo della strada. È identità, cultura, appartenenza, concetti che evidentemente provocano l’orticaria a chi preferisce sognare un mondo senza confini, dove l’unica Patria riconosciuta è il proprio attico in centro ben protetto da una ZTL.
Il festival delle contraddizioni
Il catalogo delle contraddizioni è talmente ricco che meriterebbe una mostra al MAXXI, Museo delli Arti del XX secolo. Abbiamo l’attivista anti-sfratti che caccia l’inquilino moroso, il quale poi muore di stenti in garage, un capolavoro di coerenza che neanche il teatro dell’assurdo avrebbe saputo concepire. Abbiamo il PD che, dopo aver partorito il Jobs Act, scende in piazza con i sindacati amici contro la precarizzazione del lavoro, un esempio di faccia tosta che farebbe arrossire anche un politico della Prima Repubblica.
E che dire delle nuove icone femministe? Da un lato predicano l’empowerment femminile, dall’altro nelle vesti di cantante rivendicano il diritto di essere “pu***ne dall’inizio alla fine” al Festival di Sanremo. Una contraddizione che farebbe girare nella tomba le suffragette, ma che viene celebrata come esempio di liberazione femminile.
L’antifascismo come password universale
Ma il capolavoro supremo resta l’antifascismo moderno, trasformato in una sorta di password universale per delegittimare chiunque non si allinei al pensiero dominante. Un antifascismo che combatte mulini a vento in assenza del fascismo storico, ma che serve perfettamente allo scopo di creare coalizioni eterogenee contro nemici immaginari.
Mentre gridano al pericolo fascista ad ogni piè sospinto, tengono gelosamente in vista in salotto la tessera del PCI, il partito che per molti anni aveva come Patria l’Unione Sovietica (anche come Banca) convinti che il problema sia sempre e solo degli altri. La stessa sinistra che nel 2024 si ricorda di Matteotti e gli dedica monologhi a pagamento ma dimentica convenientemente di averlo definito a suo tempo un “social-fascista”. Un esempio di memoria selettiva che farebbe invidia a un pesce rosso.
La grande sostituzione valoriale
La metamorfosi valoriale è stata completa e devastante: da Pertini, Nenni e Berlinguer a sinistra sono passati a fare il tifo per Chiara Ferragni e la Pascale. Un’evoluzione che fa sembrare il bruco che diventa farfalla un cambiamento da poco. Il Che Guevara sulle magliette made in Bangladesh grida ancora “Patria o morte”, ma nessuno sembra cogliere l’ironia.
L’ambientalismo è diventato una farsa tragica: predicano agli italiani di lavarsi poco e morire di freddo per salvare il pianeta, mentre radono al suolo intere foreste per installare pale eoliche e pannelli solari made in China. La coerenza, evidentemente, è un optional quando si tratta di seguire le mode del momento.
L’accoglienza selettiva
L’apoteosi si raggiunge quando parlano di accoglienza: tutti benvenuti, purché stiano lontani dai quartieri eleganti dove vivono loro. La solidarietà sì, ma con moderazione e possibilmente a debita distanza. Peccato che un report della Cia di molti anni fa definiva chiaramente l’immigrazione selvaggia un’arma di destabilizzazione dei Paesi europei. Ma non importa perché il business è business e le mafie ringraziano per i puntuali trasbordi. Incredibile, la sinistra tra i difensori della nuova tratta degli schiavi del modello neo coloniale.
La nuova religione del politically correct
Il politicamente corretto è diventato la nuova religione di Stato, con i suoi dogmi intoccabili e le sue scomuniche immediate. Non sei d’accordo con loro? Sei immediatamente etichettato come un retrogrado razzista dell’Alabama trapiantato in Ciociaria. Osi suggerire che forse i bambini di 5 anni potrebbero aspettare qualche anno prima di essere esposti a corsi di orientamento transessuale? Sei automaticamente un bigotto intollerante. D’altronde il Pontefice di Santa Romana Chiesa va ad aprire la porta (santa) del carcere e impreca contro chi ha rinchiuso lì dei poveri scippatori, ladri d’appartamento e spacciatori e guai a scrivere che il mondo va al contrario.
Il trionfo del paradosso
La verità è che la sinistra di oggi si è trasformata in una caricatura di se stessa: soldatini del pensiero unico con indosso la stessa non-divisa, quella degli omologati nella categoria degli apparentemente diversi. “Non mi avrete mai come volete voi” cantavano nelle manifestazioni, e invece sono diventati esattamente come li volevano: perfetti rappresentanti di un neo-comunismo per il mondo globalizzato dalla finanza, utile solo a tenere buoni i popoli con regole ridicole come quella appena istituita a Milano dove puoi fumare all’aperto solo se mantieni il distanziamento asociale di 10 metri, mentre i governi sovranazionali decidono per tutti su faccende molto più sostanziose.
E così, mentre si stracciano le vesti per l’asterisco nella parola “Unità” sul manifesto della nota Festa e pur occupando la RAI da decenni parlano di “telemeloni”, gli italiani veri continuano a mandare avanti la Nazione. Quelli che la sinistra ha dimenticato, quelli che vengono dopo tutti gli altri nelle loro priorità, quelli che non hanno bisogno di essere “inclusi” perché sono già fin troppo occupati a includere gli altri.
In fondo, forse, il vero privilegio è proprio questo: potersi permettere il lusso di preoccuparsi dell’inclusività dell’asterisco mentre gli altri si preoccupano di far quadrare i conti a fine mese. Ma non preoccupatevi: se non siete d’accordo, c’è sempre l’etichetta di fascista pronta per voi. In fondo, nella moderna sinistra italiana, essere tacciati di fascismo è diventato più un certificato di normalità che un’accusa. E questo, più di mille parole, spiega perché gli italiani normali abbiano deciso di voltare le spalle a chi li ha traditi in nome di un’ideologia importata, imposta in modo subdolo e mal digerita.
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