«È tornato l’orgoglio, via alla ricognizione degli investimenti»

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«Chiedo ad ogni Amministrazione di inviare alla presidenza entro il prossimo 15 gennaio una ricognizione dettagliata di tutti gli interventi e investimenti che hanno impatto sul Sud, per verificarne l’efficacia e migliorare le iniziative. Allo stesso modo e nei medesimi tempi, invito anche i presidenti delle Regioni a fare lo stesso, per rafforzare quella sinergia tra Governo e Regioni del Sud che ci ha permesso ora di ottenere risultati importanti. E costruire, insieme, una strategia a 360 gradi per il Mezzogiorno».

Non è affatto casuale che le parole della premier Giorgia Meloni, in base a quanto si è appreso, siano arrivate durante la riunione della Cabina di regia della Zes unica Sud. Ovvero, dello strumento che più di tutti gli altri ha dimostrato quanto sia fondamentale il ruolo del Mezzogiorno per la crescita del Paese, con i 7 miliardi di investimento complessivi (di cui solo 2,5 miliardi con il credito d’imposta destinati a oltre 6.800 imprese), gli 8mila nuovi posti di lavoro previsti e le 415 autorizzazioni uniche concesse.

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È proprio sulla scorta dei risultati della Zona economica speciale nel suo primo anno di istituzione che la premier ha confermato la volontà del Governo di andare avanti sulla stessa strada, monitorando come e in che tempi avviene la spesa delle altre risorse disponibili per il Sud, come i Fondi strutturali europei del ciclo di programmazione 2021-27, quelli del Fondo sviluppo e coesione, in scadenza nel 2029, e quelli straordinari del Pnrr, la cui gestione impegna direttamente ministeri, Regioni e Comuni.

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LA STRADA MAESTRA

Sono i filoni di spesa programmata pluriennale che il capo del Governo ha riunito, all’inizio del suo mandato, in una sola responsabilità a Palazzo Chigi. Un indirizzo che anche ora, dopo la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente vicario della Commissione europea, rimane la strada maestra da seguire per il Sud fino al termine della legislatura. I dati 2024 sulla Zes unica incoraggiano questa scelta e del resto anche l’esigenza di monitorare da vicino cosa succede negli altri capitoli di spesa si muove in continuità con l’indirizzo indicato da Fitto quando era ministro.

Aggiornare, cioè, il lavoro per evitare ritardi e criticità che hanno contrassegnato negativamente, anche nel recente passato, il percorso dell’Italia nella politica di coesione europea. Meloni aggiunge una scadenza, il 15 gennaio, che può apparire troppo ravvicinata ma che in realtà risponde ad un obiettivo preciso: capire per tempo se e dove nascono problemi gestionali o progettuali, ricavando un quadro esatto della spesa nel cuore delle programmazioni in atto (con il Pnrr che scadrà per primo, a fine 2026) ed evitando il rischio di definanziamento per le risorse che non fossero utilizzate entro le scadenze previste.
Da questo punto di vista, il ruolo affidato ai prefetti per verificare l’andamento delle opere del Pnrr in ogni provincia agevolerà parecchio la “missione” della premier, contribuendo a fare chiarezza sullo stato dell’arte.

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Sul piano politico il messaggio è chiaro: la premier intende esercitare la delega al Sud, che ha mantenuto dopo l’uscita di Fitto, nella massima pienezza possibile. Non a caso, secondo quanto è trapelato dalla Cabina di regia di ieri pomeriggio, Meloni avrebbe nuovamente sottolineato che il Mezzogiorno è la nuova locomotiva del Paese, confermandone i primati di questi ultimi mesi (Pil, export, occupazione superiori alle medie nazionali) e il ruolo sempre più strategico anche in chiave euromediterranea. La Zes unica contribuisce a questa dimensione e non solo perché grazie ad essa l’Italia “pareggia” o supera le dimensioni di quelle esistenti in altri Paesi europei da più anni, come la Polonia (che su aree speciali sburocratizzate ha costruito parecchie delle sue fortune economiche).

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La Cabina di regia è però servita anche ad approfondire alcuni aspetti tecnici relativi al funzionamento della Zes previsto dalla legge su cui i governatori delle Regioni del Sud presenti hanno messo l’accento. Per il presidente della Basilicata Vito Bardi, ad esempio, «i dati relativi al primo anno della Zes unica dimostranoi il grande potenziale di questo strumento, frutto di una visione lungimirante del Governo Meloni per favorire la crescita del tessuto economico e produttivo del Mezzogiorno. Per quanto riguarda la Basilicata, però, occorre evitare dislivelli e disomogeneità con le altre realtà interessate: oggi il nostro incentivo agli investimenti è pari al 30%, inferiore rispetto al 40% di altre regioni Zes. Questa differenza penalizza la competitività del territorio lucano».

Bardi ha anche rilanciato la proposta di una Zes speciale della cultura 4.0 di Matera: «L’idea nasce ha spiegato dalla volontà di consolidare e rilanciare l’esperienza di Matera Capitale europea della cultura, candidando la città e la Basilicata a luogo produttivo della cultura». Per il governatore pugliese Michele Emiliano «lo strumento era stato pensato per incentivare tendenzialmente i grandi progetti di investimento, gli insediamenti produttivi di una certa rilevanza, la creazione di intere filiere del valore. Invece, ci troviamo ad osservare gli stessi identici risultati del credito di imposta per gli investimenti effettuati nel Mezzogiorno, (in vigore dal 2016 al 2023). Se volevamo incentivare le pmi per investimenti di piccola portata potevamo, allora, aumentare la dotazione di quel credito (che nel 2023 equivaleva a quasi 1,5 miliardi) e non perdere ulteriore tempo». Per Emiliano «dovremmo come minimo estendere le tempistiche e prevedere un sistema che dia certezze agli imprenditori sulla percentuale di credito effettivamente fruibile, oltre a stanziare le risorse necessarie».





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