Si nota un grande fermento a seguito della ordinanza del TAR del Lazio, che ha, in maniera chiara, assolutamente ineccepibile, oltre che prevedibile (attesi i precedenti specifici) sospeso per la terza (dico terza) volta un decreto del Ministero della Salute che aveva tentato l’ennesimo coup de theatre di un governo e di una maggioranza, che tra le sue ossessioni, sembra privilegiare la canapa.
Non si tratta solo di compiacimento per un provvedimento giudiziario sacrosanto e quasi naturale contro un atto, che minacciava un settore imprenditoriale fiorente e di grande potenzialità, ma, soprattutto, si deve notare lo svolgimento di una corsa alla primogenitura ed al concorso nell’ottenimento di tale risultato, attraverso i giubilanti commenti di prammatica di esponenti di associazioni di categoria.
Ricordiamo che, per quanto importante, il provvedimento del TAR è di carattere cautelare e, quindi, pur se indicativo, esso non presenta un carattere definitorio della vicenda, vale a dire non annulla l’ordinanza impugnata. L’annullamento è ragionevolmente possibile, ma prima del 16 dicembre è meglio non esporsi. Il minuetto della celebrazione, dove ognuno ringrazia altri, per esaltare, in realtà, sé stesso, appare, quindi, francamente anacronistico, in quanto la questione appare allo stato tutt’altro che risolta.
Il famigerato art. 18 del DDL sicurezza, infatti, continua ad incombere minaccioso sul commercio della canapa light e pare, purtroppo, destinato a divenire norma effettiva.
Vi è chi, dimentico del fatto che la canapa industriale, al momento ha avuto soprattutto un mercato funzionale ad un consumo prettamente ricreativo (come canapa light) ebbro nell’euforia del trionfo giunge ad affermare che: «La canapa industriale non ha effetti psicotropi e non può essere considerata ricreativa. Si tratta di un’opportunità agricola e commerciale, non di una minaccia alla salute pubblica».
Vi è, invece, chi pur sempre nel medesimo contesto, precisa più realisticamente che «… È paradossale che in Italia l’alcol, nonostante i noti danni sociali e sanitari, sia legalmente accettato, mentre la canapa industriale, con un contenuto di THC inferiore al limite di legge (0,6%), venga trattata come una sostanza pericolosa. Studi dimostrano che la dipendenza da alcol è molto più dannosa rispetto a quella provocata dalla cannabis ad alto tenore di THC, figuriamoci dalla cannabis light. Nel recente convegno al Senato del 18 ottobre, organizzato da San Patrignano, è stato evidenziato che la dipendenza dalla cannabis non light è inferiore rispetto all’alcol».
Nello zibaldone di queste opinioni proseguono, però, le iniziative giudiziarie ed i processi a carico di coltivatori, commercianti e consumatori.
Ed allora io, come tanti altri professionisti del diritto, che operano nella sordina della quotidianità, come tanti coltivatori o commercianti, che, una volta che divengono soggetto passivo degli strali di iniziative giudiziarie, infondate, miopi ed inutili (non dimentichiamo che almeno il 95% dei procedimenti riguardanti la canapa light si chiude con un’archiviazione od un’assoluzione già in primo grado) sono soli, mi devo domandare perché continui e si allarghi questa chiara frattura fra le patinate e luminose passerelle politiche fatte soprattutto di convegnistica autoreferenzialità e la dura ed oscura realtà di ogni giorno, fatta, però, di quei risultati giurisprudenziali favorevoli agli imputati.
Checché se ne pensi, sono questi ultimi costanti approdi quotidiani che sostengono, invero, il cammino di contrasto rispetto al disegno repressivo di chi vuole criminalizzare la produzione ed il commercio della canapa.
Si tratta di decisioni giudiziarie che non si ottengono facilmente, tutt’altro. L’esperienza quotidiana – almeno per quanto mi consta – pone il difensore dinanzi a contraddittori istituzionali (rectius investigatori e magistrati) insufficientemente preparati in materia, condizionati da prevenzioni, convinti della superiorità giuridica e dialettica di loro presunzioni, non solo infondate, ma, addirittura inammissibili.
Sono, poi, i continui studi tossicologici e scientifici, che permettono il perfezionamento di un’idea precisa concernente i livelli di presunta psicoattività della canapa ed i limiti, le soglie, le modalità, le procedure, attraverso le quali si può accertare ogni caratteristica organolettica dei derivati dalla coltivazione della canapa.
Le stesse SSUU, pur nell’intrinseca contraddizione logica e dialettica che permea la sentenza 30476/19, che tutti citano e ben pochi conoscono, ha dovuto riconoscere (con un acrobatico rinvio di ogni decisione sull’accertamento dell’idoneità stupefacente della sostanza, al giudice di merito) che un’attività peritale in materia appare certamente necessaria per risolvere i processi.
Su questi apporti scientifici, nonché sulla loro rigorosa interpretazione e trasposizione nel campo del diritto sono stati costruiti tutti quei numerosissimi esiti positivi, quelle sentenze di merito – sottaciute nelle sedi di festeggiamenti – che venivano prima ricordate.
Nel fatidico momento dell’autocelebrazione nessuno ricorda la quotidianità, nessuno ricorda che la stragrande maggioranza di coloro che finiscono sotto la scure dei procedimenti penali, che quotidianamente vengono celebrati, trova sostegno o conforto in coloro che, invece, oggi si scambiano complimenti e rivendicano la titolarità del risultato positivo, ottenuto innanzi al TAR, ponendosi in vetrina.
A chi scrive, come altri avvocati che operano proficuamente, ma in un sobrio ambito comunicativo, francamente, poco importa di partecipare a questo ballo dei vincitori ed ancor meno di vedere riconosciuto a pochi ciò che è il merito di tanti.
Chi scrive, come tanti altri, ambisce, invero, alla creazione di un movimento serio, che si connoti di espressioni pubbliche dure, decise, ma efficaci; un movimento aperto a tutti, non solo gestito dai soliti gruppi di potere che intendono attribuirsi i meriti di risultati, allo stato interlocutori, frutto di una lotta che parte da basso e che dura da almeno 16 anni, cioè da un’epoca in cui molti di costoro, manco sapevano cosa fosse la canapa.
Mi piacerebbe avere la consapevolezza che il processo al singolo, il processo di cui non si parla sulle tv o sui giornali, il processo privo della grancassa mediatica, non è un processo per reietti o di serie C, ma è un processo che partendo da singolo, coinvolge tutti coloro che operano nel settore, perché chiunque può essere colpito.
Vorrei che costoro che oggi si fanno belli del risultato del TAR, sapessero partecipare alla paura ed al dolore dei più, che si difendono a fari e telecamere spenti, lontani da convegni patinati, arrabattandosi ogni giorno con prospettive di rovina economica e personale e che se vengono assolti non sono colpevoli che la fanno franca, ma persone che riconoscono la triste realtà dell’inutilità del processo.
Per avere, però una simile convinzione, sarebbe necessario un sostegno, nonché una presenza associativa e personale che, però, nessuna associazione od ente e che nessun rappresentante di questi enti risulta avere manifestato in vicende prive di ribalta per l’immagine.
Mi accorgo, però, che le mie idee ed i miei auspici sono solo inutili sogni.
Sono oltre 25 anni che seguo questi temi, nelle aule di giustizia, in incontri di formazione in ogni parte di Italia, informando senza riserve, con i mezzi telematici che possiedo, il mondo imprenditoriale e i consumatori delle evoluzioni giurisprudenziali.
In tutti questi anni taluni personaggi soprattutto politici (e molti sanno a chi mi riferisco) sono apparsi come meteore, altri, invece, sono tuttora e da tempo e sempre immutabilmente in posizioni importanti nel contesto di associazioni od enti di settore.
Né gli uni, né gli altri, purtroppo, hanno inciso significativamente in senso positivo relativamente al complessivo tema della canapa e della cannabis.
Questa è la ragione per cui dopo tanto tempo specialmente i secondi continuano a pavoneggiarsi per risultati giudiziari contingenti, mai, però, definitori, che riguardano provvedimenti che in una realtà differente mai sarebbero stati (e che, invece, sono figli addirittura di governi di matrici opposte).
Essi ignorano o fingono di non conoscere, purtroppo, invece, la realtà di base del movimento.
In questa condizione, si continuerà a ballare, mentre la nave affonda.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link