Muratori e lavoratori edili senza tredicesima: ecco quante imprese non l’hanno versata

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MODENA. «Una brutta storia così nemmeno il Grinch poteva metterla in piedi durante il Natale. Più di 3.000 lavoratori edili, dipendenti di 739 imprese che hanno operato nel Modenese, non hanno trovato sotto l’albero le loro tredicesime o le hanno ricevute fortemente ridotte. I nostri uffici sono stati assaltati dalle richieste di aiuto. Al netto del grande lavoro di recupero crediti svolto dalle due casse edili modenesi, ancora una volta abbiamo a che fare con il lato oscuro dell’edilizia, con quella miscela di far west, di avidità e di furberie che sono un danno enorme per i diritti dei lavoratori e anche per l’economia regolare del territorio».

Non ci gira intorno Cinzia Zaniboni, leader di Filca Cisl Emilia Centrale, categoria che in questo 2024 ha fatto inchieste e illuminato molte zone d’ombra dove illegalità e affari poco puliti hanno potuto muoversi pressoché indisturbati.

«In un anno 281 imprese sono risultate morose, cioè non hanno versato tutti i contributi e quindi le quote mensili delle tredicesime spettanti ai lavoratori. Tredicesime che sono le due casse edili modenesi a dover liquidare a dicembre – prosegue Zaniboni –. Il bicchiere è mezzo pieno se pensiamo che queste imprese, in qualche modo, hanno ammesso il problema, quindi si possono almeno avviare procedure legali contro i furbetti per tentare di recuperare i soldi se gli impegni ad adempiere non fossero rispettati. Nei casi di buona fede, nei primi mesi del 2025 potrebbe arrivare la tredicesima dovuta».

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L’elefante nella stanza, il mostro, è rappresentato invece da altre 458 imprese che in un anno hanno fatto perdere le loro tracce.

«Hanno aperto una posizione in cassa edile, in alcuni casi versando qualche mese di contributi ma poi sono scomparse senza dare comunicazione di cessazione dell’attività o di trasferimento in altre province», spiega Filca Cisl. Nel computo figurano le imprese che sono venute da fuori ad eseguire cantieri nel territorio modenese, perché le norme prevedono che i contributi vengano versati alla cassa edile della provincia in cui si lavora.

«Allora, questo settore deve farsi furbo contro i furbi: le banche dati tra casse edili di province differenti, infatti, si parlano poco e male e ciò rende più semplice la vita a chi vuole truffare i lavoratori muovendosi tra un territorio e l’altro, fornendo indirizzi inesistenti e legali rappresentanti irreperibili».

Al netto dei casi di difficoltà finanziaria, rubare la tredicesima ai dipendenti è piuttosto semplice: «È una piaga sociale. Molte di queste aziende sono piccole, hanno dai due ai tre dipendenti, lavorano nei subappalti di imprese più solide con le carte in regola per vincere le gare. Le micro imprese pirata nascono come funghi, agevolate dal fatto che nei primi sei mesi possono avere un documento di regolarità contributiva immacolato – accusa Zaniboni –. Dopodiché scompaiono nel nulla. I titolari sono in maggioranza stranieri, non di rado prestanomi vittime del sistema, che arruolano altri stranieri del tutto ignari dei più basilari diritti sindacali. Nei cantieri incontriamo lavoratori che, spesso, non sanno di avere diritto alla tredicesima mensilità».

La scorsa estate Filca Cisl aveva denunciato all’Ispettorato del lavoro un’impresa edile nata per i cantieri del superbonus, gestita da un prestanome moldavo, alle cui spalle c’era uno stimato professionista modenese. Le indagini sono in corso. Oppure c’è il caso di un imprenditore italiano, cui i legali del sindacato hanno intentato causa per il recupero degli stipendi e dei contributi dei suoi operai. Ha fatto perdere le sue tracce.

C’è la storia di un’impresa del Sud – subappaltatrice per la costruzione di una struttura socio-sanitaria in provincia di Modena – che non ha versato un centesimo in cassa edile. Schema replicato in Liguria. L’impresa prima ha incassato per i lavori eseguiti e ora è in liquidazione giudiziale. I lavoratori sono rimasti a secco. E che dire di un’azienda molto attiva nei subappalti legati al superbonus 110%, guidata e composta solo da personale pakistano (ad eccezione di un operaio marocchino, precipitato da un’impalcatura in via Morselli, nell’ottobre 2022) che non ha versato il dovuto in cassa edile e ha ritenuto di non presentarsi davanti all’Ispettorato del lavoro, dove era convocata per il recupero delle somme dovute.

Storie e numeri che confermano l’urgenza di un protocollo d’intesa su legalità, trasparenza e responsabilità sociale negli appalti pubblici: «La bozza è sul tavolo del Comune, ne abbiamo parlato anche pochi giorni fa quando il sindaco è venuto ad incontrare la scuola edile. Ora confidiamo nell’amministrazione, non solo per avere il protocollo ma per lanciare uno strumento che aggredisca la questione culturale: le aziende che sfruttano sanno quello che stanno facendo, per cambiare passo occorre il pieno coinvolgimento etico del mondo imprenditoriale».



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